Marcello De Cecco, Affari & Finanza, La Repubblica 10/9/2012, 10 settembre 2012
UNA PIETRA MILIARE NELLA STORIA DELLA BCE
La riunione del Consiglio della Bce del 6 settembre può essere considerata come un pieno successo del suo presidente. Draghi ha avuto tutto quel che gli era stato concesso nella riunione del 2 agosto, ma stavolta il governatore tedesco ha votato contro, anche se il valore del voto è fortemente sminuito dal fatto di essere il solo contrario e dalla sua approvazione delle decisioni della riunione di agosto. Ora vedremo cosa sapranno escogitare i politici e la stampa tedeschi per sabotare i risultati: la volta scorsa si coprirono di ridicolo negando che quel che era stato approvato lo fosse stato. Fino al 5 settembre la Merkel ha continuato a dire che l’intervento illimitato ex antedella Bce sui mercati secondari non potesse essere approvato dalla Germania dando carta bianca alla Bce, nel rispetto della sua indipendenza. E per questo l’approvazione proprio di questa autorizzazione da parte dei sedici governatori all’intervento illimitato, col solo voto contrario della Bundesbank, quando sia giustificata dalla necessità di ottenere l’efficienza della trasmissione della politica monetaria della Bce in tutti i paesi dell’euro, potrebbe essere una pietra miliare nella breve storia della stessa Bce. Il prezzo da pagare per ottenere questo risultato è la decisione di introdurre la condizionalità degli interventi monetari, che saranno quindi legati in maniera diretta e non equivoca a quelli fiscali dei governi che hanno bisogno di aiuto. Al sostegno e al monitoraggio verrà chiamato a partecipare anche il Fmi. I paesi creditori della zona euro sono così garantiti del rispetto degli impegni presi dai paesi debitori. Certo è sempre possibile che un nuovo governo denunci gli accordi presi dal suo predecessore, ma fin quando il paese debitore vuol restare nell’euro sarà più un flatus vocis pre-elettorale ad uso interno. A meno di non voler uscire dal sistema internazionale degli scambi e dei pagamenti, come fece Hitler. Allora però fu una decisione solo formale, perché la Germania aveva pagato poco o nulla delle riparazioni di guerra anche sotto la repubblica di Weimar. Ma fu una decisione che fece clamore e ebbe effetti estremamente importanti, perché, anche allora, i paesi creditori avevano costretto la Germania a impegnarsi in una politica restrittiva suicida, che Hitler ripudiò sostituendola con misure keynesiane adottate prima che Keynes avesse scritto la Teoria Generale, come ricordava argutamente una sua allieva famosa, Joan Robinson. Dalla parte dei risultati positivi che Draghi ha ottenuto c’è anche la riaffermazione solenne da parte del Consiglio direttivo della irreversibilità dell’euro. Ora si spera che gli spreadsi restringano in maniera duratura. Ciò accadrà, se i debitori cercheranno di consegnare ai creditori la libbra della propria carne che hanno promesso o prometteranno, nel caso si concordino con la Bce operazioni di intervento sul loro mercato di titoli pubblici. Questo porterà ad altra deflazione in Europa. Se ne cominciano ad accorgere anche i tedeschi, che la deflazione si sta estendendo al loro paese. Ma la corsa al rilancio del rigore da imporre ai debitori e alla limitazione dei poteri delle istituzioni europee certo non si arresterà in Germania fino alle elezioni del settembre 2013. Speriamo non intervenga anche la Corte costituzionale tedesca, nella sua decisione del prossimo dodici settembre, a dar fuoco alle polveri se deciderà che l’Esm è in contrasto con la costituzione. Il ministro Schauble si è detto sicuro che i saggi di Karlsruhe non lo faranno, e ovviamente sapeva del voto contrario di Weidman nella riunione del Consiglio direttivo. Così, credo, si tenta di prevenire una posizione rigida a Karlsruhe con una rigida della Bundesbank a Francoforte. Resta il problema della durata dell’effetto Draghi sui cosiddetti mercati. Occorre assolutamente restaurare il mercato monetario unico e l’efficienza della politica monetaria europea, ora fortemente compromessi dalla crisi di fiducia. Nella conferenza stampa dopo la riunione, oltre che nel comunicato finale della stessa, Draghi ha ripetuto con il massimo vigore che l’euro è una istituzione permanente e irrreversibile ed è quindi inutile scommettere sulla sua fine. Purtroppo, vista la potenza di fuoco della speculazione, anche la minaccia di interventi illimitati può essere sfidata. Lo spread può dunque cominciare a salire di nuovo, se i mercati non prendono come definitive le misure adottate il sei settembre e se la Corte costituzionale tedesca non dichiara chiaramente che l’Esm non contrasta con la Costituzione tedesca. I paesi meridionali dell’euro possono dunque scegliere tra la morte d’inedia come conseguenza del rigore fiscale o quella dovuta alle conseguenze sulla sostenibilità del loro debito pubblico se lo spread ritorna ai livelli precedenti al sei settembre. Non è una grande prospettiva. Per l’Italia essa può essere scongiurata solo se il rigore si accompagna a una ripresa della domanda mondiale di esportazioni. Ma è necessario che la produttività nel nostro paese riesca a migliorare sostanzialmente. Con il crollo della domanda provocato dal rigore sui conti pubblici e dai tassi che le banche italiane chiedono per prestare alle imprese, questo miglioramento della produttività è tuttavia molto improbabile, malgrado il sacrificio dell’occupazione precaria e poi anche di quella primaria che si è già verificato e continuerà.