Raffaella De Santis, la Repubblica 10/9/2012, 10 settembre 2012
LEZIONI DI SLANG
Nello slang anglosassone “boomerang” non è solo il bastone ricurvo che torna indietro una volta lanciato, ma anche il giovane adulto che ritorna in famiglia dopo un periodo di indipendenza. Dunque potremmo definire i trenta-quarantenni costretti a chiedere nuova ospitalità ai genitori a causa della mancanza di lavoro la “generazione boomerang”, quella dei “bamboccioni” per necessità e non per mancanza di intraprendenza. A proposito, il bambinone cresciuto in America viene detto in slang “adultescent”, neologismo nato dall’unione di “adult” e “adolescent” e il genitore iperprotettivo è chiamato “helicopter parent”, perché sta addosso ai figli come un elicottero librato nell’aria.
È solo qualche esempio di come la lingua catturi i cambiamenti sociali. Ma per avere un’idea della creatività del parlato nel mondo anglosassone ci si può divertire a sfogliare la nuova edizione di Wow. The Word on Words, il dizionario dell’inglese slang curato da Anna Ravano e Monica Harvey Slowikowska (edizioni Zanichelli, euro 44,80, con cd-rom, a breve anche in App per iPhonee iPad) che raccoglie parole ed espressioni alternative alla lingua standard. Lo slang è una miniera di neologismi, che rappresentano una spia dei mutamenti del nostro mondo, in cui si fa colazione davanti alla scrivania dell’ufficio (“deskfast”, da “breakfast” e “desk”), ingurgitando “frankenfood”, il cibo di Frankenstein, vale a dire alimenti geneticamente modificati.
Negli ultimi anni anche noi abbiamo sdoganato espressioni gergali inserendole nella lingua di tutti i giorni, tanto che molte compaiono tra le 1500 novità del vocabolario della lingua italiana Zingarelli 2013 (versione base euro 67,50, con DVD-ROM 85,50). Alcune vengono dal dialetto e la dicono lunga sulla tenuta morale del nostro paese. Dopo “inciucio”, termine napoletano che come ricorda Stefano Bartezzaghi in Non se ne può più (Mondadori) fu rinverdito da Massimo D’Alema per poi dominare la vulgata giornalistica, quest’anno ha fatto il suo ingresso “inciuciare”, attività molto in voga nel nostro paese dei pateracchi e degli accordi sottobanco, seguito dall’espressione, sempre napoletana, “aumma aumma”, che significa “di nascosto”, “con intenzione truffaldina” e dal siciliano “mascariare”, letteralmente “sporcare”, “imbrattare” e nel gergo mafioso “infamare”. Mentre come correttivo ai nostri mali nazionali è arrivato lo “spesometro”, lo strumento fiscale anti evasione.
Lo slang, certo, non ha paura di osare e infatti è stato anche definito come la lingua che si toglie la giacca, si sputa nelle mani e va a lavorare. C’è uno slang dei giovani, dei professionisti, degli sportivi, della malavita, dei ghetti, dei drogati e così via. Un modo di riconoscersi tra simili difficile da capire per chi è fuori dal “gruppo”. Una curiosità: la parola “gergo” viene dal francese “jargon”, che significa “cinguettio”, come “twitter” (il linguaggio degli uccelli infatti non è solo breve, ma anche per noi incomprensibile). Lo slang giovanile è tra i più vitali. Si può “sclerare” o “svalvolare” in Inghilterra come in Italia
(“to have an eppie” equivale a “dare di matto”) e abbandonano i modi per definire i tipi “fighetti” o “ganzi”, a seconda delle mode e dei tempi: “I rule!”, “sono fico!” dice Lester in American Beauty, di fronte alla sua Pontiac Firebird del 1970, e ultimamente a dire “book” in certi ambienti non si intende il libro, ma il tipo alla moda (dalle lettere usate sul cellulare con la scrittura automatica T9 per ottenere la parola “cool”). Fa invece il suo ingresso nello Zingarelli lo “strafico”, mai tramontato dagli anni Ottanta, insieme a “raga”, che non si riferisce alla musica indiana, ma è abbreviazione di “ragazzi”, e viene usato un po’ come il “guy” dello slang americano. Qualche consiglio, però, all’italiota “allupato” in vacanza all’estero, riconoscibile dagli occhiali da sole fascianti e dall’abbronzatura esagerata: prima di tutto smettere di “tacchinare” o “baccagliare” le straniere (i due verbi sono appena entrati nello Zingarelli). Non si senta solo, però. E’ infatti svariata anche in inglese la gamma dei “coatti”, “tamarri”, “zarri” o “truzzi” (“chav”, “scratter”, “scummer”, ecc.), immancabilmente muniti di macchina taroccata, con tubo di scarico potenziato e stereo a palla (detta “chaviot” o “chavmobile”). E attenzione: tra i neologismi italiani di quest’anno fa il suo ingresso la “tanoressia”, che è la tendenza compulsiva ad abbronzarsi, una malattia a tutti gli effetti. Va bene dunque “intripparsi” con la tintarella, ma senza esagerare.
In alcuni casi lo slang inglese si è mostrato invece più creativo nell’inventare neologismi.
L’“egosurfing”, ad esempio, è la ricerca del proprio nome su internet. In italiano potrebbe diventare “egonavigazione” e forse funzionerebbe. O il “blook” è il libro pubblicato su un blog. Mentre la traduzione “gastropornografia” dell’inglese gergale “gastroporn”, per definire la tendenza a presentare il cibo puntando su fotografie quasi erotiche, in italiano è meno invogliante. Gli inglesi hanno anche inventato l’acronimo “WAGs” , che sta per “wives and girlfriends”, per indicare le fidanzate dei calciatori, capofila Victoria Beckham. «Gli anglosassoni – spiega Anna Ravano – hanno una grande creatività linguistica, facilitata dalla flessibilità della loro lingua. L’italiano è meno malleabile ». Da qualche tempo va di moda dire “scialla”, nel senso di “stai sereno, tranquillo, rilassati”, parola consacrata dal film di Francesco Bruni. Lo Zingarelli non l’ha ancora accolta, ma è in lista. Mario Cannella, lessicografo che si occupa della revisione e dell’aggiornamento annuale del dizionario, spiega: «Prima di includere una parola dobbiamo accertarci che sia destinata a durare». Dunque rilassiamoci, anzi, “stiamo sciallati”, dal prossimo anno ci sarà.