ItaliaOggi 10/9/2012, 10 settembre 2012
La crisi spinge a superare i confini – La crisi spinge a cercare lavoro all’estero. In Europa, infatti, l’Italia è al secondo posto per numero di cittadini candidati alla ricerca di un’occupazione in uno stato estero
La crisi spinge a superare i confini – La crisi spinge a cercare lavoro all’estero. In Europa, infatti, l’Italia è al secondo posto per numero di cittadini candidati alla ricerca di un’occupazione in uno stato estero. Con 118.672 candidati segue la Spagna (231.870) ed è prima di Romania (66.396), Portogallo (64.110) e Polonia (50.338). Germania e Francia occupano la sesta e settima posizione (rispettivamente con 38.445 e 33.506 candidature). Ecco i suggerimenti che arrivano dal ministero del lavoro. Come candidarsi all’estero. Per lavorare in uno dei paesi dell’Unione europea sono disponibili una serie di strumenti e servizi nati proprio allo scopo per facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro. Il principale è Eures, che ha lo scopo di fornire servizi ai lavoratori e ai datori di lavoro nonché a tutti i cittadini che desiderano avvalersi del principio della libera circolazione delle persone. I servizi prestati sono di tre tipi: informazione, consulenza e assunzione/collocamento (incontro domanda/offerta). Nell’ottica di una formazione continua (Lifelong Learning), inoltre, l’Unione europea ha sviluppato per il periodo 2007-2013, una serie di progetti rivolti a tutti coloro che vogliono accrescere le proprie competenze effettuando un periodo di formazione all’estero (per approfondire). Per facilitare la possibilità di lavorare fuori dall’Unione europea esistono invece una serie di organizzazioni e servizi che, oltre a tutelare le condizioni dei lavoratori, monitorano costantemente le offerte di lavoro provenienti da ogni nazione. Tra i principali, il «Lie», Lista italiani all’estero, che è il nuovo servizio sperimentale realizzato dal ministero del lavoro per i cittadini italiani che intendono lavorare all’estero (paesi extracomunitari) e per le aziende che desiderano assumerli (si veda il servizio nella pagina precedente). C’è poi il sito «Informa giovani» in cui è possibile inserire il proprio curriculum, consultare le offerte di lavoro e di formazione, le borse di studio e le nuove possibilità per l’imprenditoria giovanile. La tutela se si lavoro in paesi Ue. Per chi desidera lavorare in un paese Ue, vige il principio della libera circolazione dei lavoratori, sancito dal trattato che istituì la Comunità economica europea. Sulla base di tale principio ogni cittadino di uno stato membro ha il diritto di cercare lavoro sul territorio di un altro stato membro, conformemente alla regolamentazione applicabile ai cittadini di quest’ultimo stato, e ha diritto alla medesima assistenza che gli uffici di collocamento di tale stato offrono ai propri cittadini, senza alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità. Tale diritto si applica anche ai lavoratori a tempo indeterminato, stagionali e transfrontalieri, oltre che ai prestatori di servizi. Inoltre, i lavoratori che sono cittadini di uno stato membro non possono essere trattati, nel territorio dello stato membro ospitante, in modo diverso rispetto ai lavoratori nazionali, relativamente alle condizioni di lavoro e di impiego (in particolare per l’assunzione, il licenziamento e la remunerazione), in ragione della loro nazionalità. La parità di trattamento si applica anche in materia di formazione professionale e di misure di riqualificazione. La tutela se si lavoro in paesi extra Ue. Per la tutela degli italiani che lavorano in paesi non appartenenti all’Unione europea, la legge di riferimento è la n. 398/1987. Tale legge prevede il rilascio di un’autorizzazione all’azienda che intende assumere lavoratori italiani da parte del ministero del lavoro, una volta accertato che: il contratto di lavoro, ove preveda espressamente la possibilità, dopo il trasferimento all’estero, che il datore di lavoro destini il lavoratore assunto a prestare la propria attività presso consociate estere, garantisca le stesse condizioni di lavoro; il trattamento economico-normativo offerto sia complessivamente non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro vigenti in Italia per la categoria di appartenenza del lavoratore e sia distintamente prevista l’entità delle prestazioni in denaro o in natura connesse con lo svolgimento all’estero del rapporto di lavoro; i contratti di lavoro prevedano, qualora le autorità del paese di impiego pongano restrizione ai trasferimenti di valuta, la possibilità per i lavoratori di ottenere il trasferimento in Italia della quota di valuta trasferibile delle retribuzioni corrisposte all’estero; sia stata stipulata, a favore dei lavoratori italiani inviati all’estero a svolgere attività lavorativa, un’assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente. P.S. Dati Eures sul lavoro all’estero del 4 settembre 2012