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 2012  settembre 10 Lunedì calendario

IL RECORD DI BLAIR: UN MILIONE PER TRE ORE DI LAVORO

Del resto l’operazione era data per falli­ta, e in ballo c’erano 60 miliardi di euro. Ma per la sua mediazione nell’affare Glen­core- Xstrata (la prima, multinazionale che sarebbe interessata anche ad Alcoa dovrebbe acquisire il secondo, colosso minerario) Tony Blair è stato pagato una cifra record: un milione per tre ore di lavo­ro. Venerdì mattina, poco prima del voto degli azionisti di Xstrata in Svizzera, l’ex premier britannico è riuscito a fare incon­trare Ivan Glasenberg, proprietario di Glencore e il primo ministro del Qatar Sheik Hamad bin jassim bin Jabr Al Thani (il fondo sovrano dell’Emirato possiede il 12 per cento di Xstrata): e le sue parole for­se valgono davvero tanti soldi quanto so­no pagate, visto che poche ore do­po, improvvisamente, le parti si sono riavvicinate; anche se la fusione ancora non s’è fatta.
Così Blair si è guadagna­to elogi come mediatore doc, ma soprattutto quel bo­nus da un milione di euro ri­velato dal Sunday Times , in pratica trecentotrentamila euro l’ora, cinquemila e cinquecento euro al minuto. Niente male, anche per lui che da quando ha lasciato Downing Street nel 2007 è diventato una macchina da soldi, in media venticinque milioni l’anno fra consulenze e conferenze (lo pagano duecentomila eu­ro a volta). Non ci sono numeri ufficiali, anzi il segretodeisuoiincas­si è sempre oggetto di critica, ma pare che il suo patrimonio oscilli fra i venti e i 60 milioni. Solo le proprietà immobi­liari, villa in campagna nel Buckinghamshire, casa nel cen­tro di Londra, appartamenti a Bristol var­rebbero intorno ai quattordici milioni. Ha lasciato il suo trono con scorno e da allora Tony Blair sorride come pochi, tutto ciò che tocca diventa oro: ha pubblicato il suo libro di memorie, A Journey ( Un viaggio)? È vero che quando l’autobiografia è uscita il pubblico era ancora pieno di astio nei suoi confronti, ma intanto ha incassato cinque milioni di euro. Questi milioni pe­rò Blair li ha donati in beneficenza, lui che ha due charity all’attivo, una fondazione per l’Africa e una per la fede, tutte gestite nello stesso meraviglioso palazzo in stile georgiano che la «Blair Inc» (come è so­prannominata l’azienda-Tony) occupa in Grosvenor square, proprio accanto al­l’ambasciata americana, in pieno centro a Londra.
Lì,su cinque piani c’è anche la Tony Bla­ir Associates, società di consulenza finan­ziaria che ha avuto come suo primo clien­te il Kuwait: non, per dire, un emiro o un parente, ma proprio lo stato intero, che si è affidato all’ex premier per consigli su co­me gestirsi, pare per 33 milioni, una cifra astronomica sempre definita«esagerata» dallo staff dell’ex leader laburista.Il quale in una intervista sul Financial Times pri­ma dell’estate, oltre ad annunciare che gli piacerebbe tornare in politica perché avrebbe qualcosa da dire ha tenuto a spe­cificare che non è affatto uno «straricco», come si tende a dipingerlo. Anzi, non è nemmeno interessato ai soldi. E in effetti, come inviato del Quartetto per la pace in Medio oriente (dove le sue doti di media­tore doc vengono messe a dura prova) non si fa nemmeno pagare. Anche se i suoi rimborsi spese per viaggi e affitto di uninteropianodisuitedell’AmericanCo­lony a Gerusalemme pare abbiano pro­sciugato le casse del Quartetto.