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 2012  settembre 10 Lunedì calendario

ECCO COSA HA PRODOTTO L’IMBROGLIO DELLO SPREAD

Draghi, finalmente. Final­mente ha fatto giustizia del pedagogismo calvini­sta di Angela Merkel del: «lo spread è alto, colpa tua,fa’ i compi­ti a casa ». Finalmente la verità è ve­nuta a galla ed è stato svelato il grande imbroglio. È ormai ampia­mente acquisi­to che il tanto temu­to spread è stato frutto della specu­lazione.
Solo una parte minorita­ria dipendeva e dipende diretta­mente dal merito di credito, quin­di dai fondamentali economici, di ogni singolo Stato, mentre tutto il resto afferiva e afferisce al cosid­detto «premio di reversibilità del­l’euro », vale a dire il più alto rendi­mento che gli investitori chiedo­no a fronte del rischio di disgrega­zione della moneta unica. Si tratta del rischio di break up , cioè di falli­mento dell’euro, legato all’archi­tettura imperfetta della moneta unica e/o alla mancata capacità delle istituzioni europee (Bce pri­ma di Draghi) di rispondere agli at­tacchi speculativi. Reattività insuf­ficiente che si è mani­festata fin dal­lo scoppio della crisi in Grecia a ot­tobre 2009 e che si è caratterizzata come il vero punto debole dell’in­tero sistema euro, causando la de­generazione della crisi.
Da questa consapevolezza, fi­nalmente acquisita, deriva una puntuale individuazione degli ambiti di responsabilità e delle aree di intervento, nell’azione co­mune di riduzione dei differenzia­li patologici di rendimento tra i ti­toli del debito pubblico dei diversi paesi dell’area euro, tra Banca Centrale Europea, istituzioni eu­ropee e governi nazionali. Tre re­sponsabilità, dunque, che com­portano tre scudi anti spread, con altrettanti bazooka, auspicabil­mente coordinati, ad aumentare esponenzialmente la potenza di fuoco e, parallelamente, i costi e i rischi per la speculazione.
Ne consegue una definizione, altrettanto puntuale, in termini di policy , delle cose da fare.
I mercati si sono accorti che l’Eu­ropa ha capito l’imbroglio, che l’Europa ha preso coscienza del vero significato dello spread , e hanno battuto, per il momento, in ritirata. Tra venerdì 31 agosto ( spread a 451 punti base in Italia e a 552 punti base in Spagna) e ve­nerdì 6 settembre, gli spread si so­no ridotti di quasi 100 punti in Ita­lia e di oltre 140 punti in Spagna (ultima chiusura 354 punti base Italia e 410 punti base Spagna).
Tutto finito, dunque? Passata la febbre tutto torna come prima? Sa­remmo felici se così fosse. Invece no: il grande imbroglio dello spread lascia dietro di sé le econo­mie degli Stati che hanno subito l’attacco speculativo tra le mace­rie. Diamo il quadro macroecono­mico di come è stata distrutta in questi ultimi mesi, e si continua a distruggere, l’economia italiana. Come il governo Monti ben sa,dal­l’inizio dell’anno il Pil italiano è di­minuito di quasi 3 punti percen­tuali, da un tasso di crescita an­nuo pari a 0,4% nel 2011 a -2,5% nel secondo semestre 2012; il tas­so di disoccupazione ha raggiun­to, a luglio 2012, il livello massimo di 10,7% ed è quindi aumentato, nei 9 mesi di governo Monti, del 2%: 500mila lavoratori hanno per­so il lavoro; con riferimento allo stock del debito pubblico, questo è aumentato di quasi 70 miliardi di euro (+4%) da novembre 2011. Non più incoraggianti i dati sull’in­flazione: ad agosto 2012 è aumen­tata del 3,2% rispetto all’anno pre­cedente, a causa soprattutto del­l’aumento dei prezzi di benzina e diesel derivante dall’aumento del­le accise. Non solo: la produzione industriale ha registrato, a giugno 2012, -8,2% rispetto all’anno pre­cedente e il crollo dei consumi ha raggiunto, ad aprile 2012, quota -6,8%, il peggior dato segnalato da Istat dal 2001 (inizio delle serie sto­riche). Continuando su questa via rischiamo, a fine anno, una con­trazione complessiva della spesa in Italia di 35,5 miliardi. Con buo­na pace dei lavoratori autonomi, che hanno chiuso o rischiano di chiudere la propria attività nel 2012 in oltre 150.000 casi. Al dan­no la beffa: le entrate derivanti dal­la lotta all’evasione fiscale, nono­stante i blitz spettacolari ( chi si di­mentica Cortina?), si è ridotta nei primi 7 mesi del 2012: 3.966 miliar­di di euro recuperati, contro i 4.045 dei primi 7 mesi del 2011 (-79 miliardi). Pertanto, lo sban­dierato aumento del 4,7% delle en­trate tributarie deriva solo dalle nuove tasse introdotte dal gover­no tecnico e dal conseguente au­mento sconsiderato della pressio­ne fiscale (la sola Imu ha sottratto alle tasche degli italiani già 4 mi­liardi di euro). C’è poco da esser contenti. E poco importa se lo spread scende mentre l’econo­mia muore.
Di questi dati il presidente Mon­ti deve rendere conto.
E deve farlo in Parlamento, unico organo legit­timato dal voto popolare, in que­sta fase eccezionale e delicata del­la democrazia del nostro paese. Una volta svelato il grande imbro­glio dello spread , ci sono, ora, tut­te le condizioni per ripartire con una nuova politica economica; per contrastare l’effetto recessivo delle riforme che i governi si son trovati ad approvare sotto pressio­ne. Con la pistola puntata alla tem­pia abbiamo dovuto approvare anche la riforma del mercato del lavoro, che porterà, entro fine an­no, la distruzione di almeno un mi­lione di posti di lavoro, che saran­no ricacciati nel sommerso.
Dopo Draghi serve un’operazio­ne verità: non possiamo più per­metterci di subire le violenze egoi­stiche di una Germania che evi­dentemente, oltre che a fare i suoi interessi, puntava a vincere la sua terza guerra mondiale, dopo aver­ne perse due. E in Italia nulla po­trà essere più come prima nel di­battito politico e in Parlamento nei confronti dell’esecutivo Mon­ti. Deve tornare la normale dialet­tica democratica. Basta decreti. Basta governare ponendo sem­pre e comunque questioni di fidu­cia. Che il governo si occupi del­l’economia reale, stremata, come abbiamo visto, dal grande imbro­glio dello spread . Questo non vuol dire non tenere i conti a posto, ve­nire meno agli impegni presi sul pareggio di bilancio e sul fiscal compact : questo vuol dire, invece, ritrovare la ragione, ritrovare la nostra autorevolezza e la nostra sovranità.
Dobbiamo ricostruire il Paese e dobbiamo ricostruire la coesione sociale, distrutta da troppi anni di crisi. Una colpa, però, ce l’abbia­mo: quella di essere un paese divi­so, dove c’è sempre una quinta co­lonna che si allea con lo straniero pur di far fuori il nemico. In altre parole, non si può più, per solo an­tiberlusconismo, diventare anti­italiani. Presidente Napolitano, se il differenziale Btp-Bund a 536 punti base non è dipeso dal gover­no Monti il 24 luglio 2012, non di­pendeva dal governo Berlusconi a 553 punti il 9 novembre 2011. Non ci possono essere due pesi e due misure. I conti erano a posto ieri, come sono a posto oggi. Anzi, la si­tuazione economica era migliore 10 mesi fa.
Come abbiamo visto,sotto l’im­broglio dello spread si sono nasco­ste responsabilità più gravi: delle istituzioni europee che hanno ab­dicato ai propri compiti, dei pote­ri forti, delle banche, di certi preda­tori economici dalla tripla A che hanno pensato di comprarsi il no­stro Paese a saldo e, in particolare, di un José Manuel Barroso impo­tente, piatto, forte con i deboli e de­bole con i forti, che ha ceduto di fat­to la sovranità della Commissio­ne europea allo Stato tedesco, alli­nea­ndosi passivamente alle ricet­te sangue sudore e lacrime da que­sto imposte a tutta l’Unione. Por­tandola, questa volta sì è il caso di dirlo,sull’orlo del baratro. La spe­culazione contro il nostro paese è stata usata per realizzare un vero e proprio colpo di Stato. Colpo di Stato che, per appropriarsi dei no­stri gioielli di famiglia, ha dovuto far fuori un governo legittimamen­te eletto, mettendo al suo posto un gruppo di tecnici. Ma hanno esagerato, perché le politiche eco­nomiche sbagliate hanno finito per produrre recessione genera­lizzata. E con la recessione si bloc­ca la trasmissione della politica monetaria. Da qui il rischio del tra­collo per tutta l’Unione. Su questi tragici errori, su questa miopia, su questo egoismo, a causa del suo banale pedagogismo calvinista, Angela Merkel perderà le elezio­ni.
Caro presidente Monti, forse a novembre non avevamo alternati­ve, eravamo tutti confusi, non ave­vamo capito cosa ci stesse succe­dendo. Ma oggi finalmente la veri­tà s­ta venendo a galla e lei ha il do­vere della chiarezza, per il bene di tutti. Nessun governo può basare la sua legittimazione, la sua credi­bilità, interna e internazionale, su un imbroglio. Il populismo e lo scetticismo in Europa si battono con la fatica della democrazia, non con la demonizzazione della politica, non con la scorciatoia del­le soluzioni tecnocratiche. Ne va della nostra dignità, del nostro onore, della nostra convivenza ci­vile. E il tempo, come noto, è galan­tuomo.