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 2012  settembre 09 Domenica calendario

UN PERCORSO RAGIONEVOLE

Un anno fa, al Seminario Ambrosetti di Cernobbio, il presidente della Repubblica, rispondendo a una domanda, disse che cosa avrebbe fatto se si fosse aperta una crisi di governo. Si sarebbe valso dei suoi poteri e della prassi costituzionale per chiamare a consulto tutte le forze politiche e si sarebbe assunto la responsabilità «anche di fare una proposta per la soluzione della crisi». Chiarì ancora meglio il suo pensiero aggiungendo che la Costituzione gli dava tra l’altro la facoltà d’incaricare la persona che avrebbe dovuto formare il nuovo governo. Descrisse, in altre parole, quello che sarebbe accaduto tre mesi dopo.
Ieri a Cernobbio Napolitano ha fatto un intervento molto europeo fondato sulla convinzione che il riordino dei conti pubblici, le riforme e l’impegno europeo dell’Italia siano le componenti necessarie di una stessa politica. Vi è nel suo pensiero una sorta di teorema. L’Italia non ha un futuro se volta le spalle all’Europa, ma non sarà europea se non coglierà questa occasione per eliminare molti dei vizi che l’hanno progressivamente allontanata dai principali standard europei. In questo spirito Napolitano ha parlato anche delle prossime elezioni, che si terranno non dopo il prossimo aprile, e ha lanciato alle forze politiche un messaggio che a me è parso avere il sapore di un ammonimento. Dovranno fare una nuova legge per l’elezione del Parlamento perché è richiesta dal Paese. E dovranno fare una campagna elettorale con i loro rispettivi programmi, come deve accadere in ogni battaglia democratica, ma senza rimettere in discussione l’opera del governo Monti. Mi è parso che in queste parole si debba leggere l’invito a incorporare nelle proposte dei partiti quell’insieme di riforme che è stato realizzato o impostato dal governo. Credo volesse dire che non vi è spazio, dopo quanto è accaduto e sta accadendo nell’eurozona, per arretramenti o cambiamenti di rotta. L’Europa non comprenderebbe e i mercati ricomincerebbero a scommettere contro l’Italia. Di qui al giorno delle elezioni, il governo farà il possibile per completare il lavoro iniziato, ma chiunque governerà l’Italia dovrà ereditarne il programma.
Il presidente della Repubblica ha lasciato intendere che fra le riforme messe in cantiere dal governo e il pensiero del Quirinale esiste una forte consonanza. Qualche giorno fa, scrivendo su questo giornale, avevo espresso l’opinione che l’azione del governo si fosse allargata sino a comprendere molte nuove iniziative, forse troppe per un Paese in cui ogni legge diventa operativa con esasperante lentezza. Oggi ho l’impressione che quelle iniziative rispondessero a una strategia in cui il Quirinale ha avuto un ruolo decisivo.
Le parole di Napolitano non piaceranno a quelle forze politiche che promettono di capovolgere, se conquisteranno il potere, tutto ciò che il governo ha realizzato in questi mesi. Tanto meglio. Se l’esortazione di Napolitano verrà accolta dai partiti della «strana coalizione», il Paese avrà di fronte a sé una scelta netta: per il risanamento e con l’Europa, per la demagogia senza l’Europa.
Sergio Romano