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 2012  settembre 08 Sabato calendario

La partita è appena iniziata. Dopo l’indecisione paralizzante che ha caratterizzato la vita europea degli ultimi mesi, la Banca centrale europea ha fatto la sua mossa - forte e attesa

La partita è appena iniziata. Dopo l’indecisione paralizzante che ha caratterizzato la vita europea degli ultimi mesi, la Banca centrale europea ha fatto la sua mossa - forte e attesa. Ma attesa era anche la reazione della Bundesbank, che ha negato il suo voto alla risoluzione della Bce di acquistare i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà «illimitatamente» - secondo precise e rigorose condizioni. Ma la Banca centrale tedesca non è il governo tedesco; non è nemmeno «la Germania». Eppure, molta stampa tedesca sta reagendo negativamente, convinta o quanto meno preoccupatissima che la Bce abbia commesso un grosso errore che recherà danno all’Unione europea – e ai tedeschi innanzitutto. Ma a ben vedere, lo sconcerto dei tedeschi ha un’altra ragione più sottile: non immaginavano che si osasse tanto contro il loro esplicito parere. O, quantomeno, contro il parere di uomini politici, di gruppi di interesse e di opinionisti che in queste settimane hanno sostenuto le loro tesi in modo così martellante da intimidire in Germania molte altre voci più ragionevoli. Ora si trovano isolati. Che cosa accadrà? Soltanto la cancelliera aveva intuito che il braccio di ferro che si era instaurato fra tedeschi ed europei non portava da nessuna parte. Anzi, stava creando una paralisi mortale nelle istituzioni europee. Nei giorni scorsi Angela Merkel aveva assunto una posizione che appariva persino ambigua, nel non voler far entrare in collisione il presidente della Bundesbank con il presidente della Bce. Adesso – dopo il contrasto - potrà farsi avanti per chiedere a Mario Draghi perentoriamente di poter «vedere» con chiarezza le famose condizioni precise e rigorose necessarie ai Paesi che intendono beneficiare dell’intervento della Bce. Questo è il punto su cui la Merkel giocherà la sua partita di recupero. Non penso che la cancelliera creda alla favola diffusa in queste ore che basti «l’annuncio della Bce» per soddisfare i mercati o scoraggiare gli speculatori. Il compito più difficile sarà piuttosto convincere i tedeschi che è loro interesse recuperare rapidamente un rapporto di reciproca fiducia con i partner europei. Cominciando a collaborare con la Bce nella definizione delle condizioni di fruizione degli aiuti della Banca centrale. Ciò che conta è non perdere del tutto il controllo. Riconquistare quella leadership informale che è andata perduta di fatto nell’ultimo anno insistendo unilateralmente sulla ricetta tedesca. La Germania si trova davanti alla sua prova più impegnativa dopo il 1989/90, dopo i Trattati di Maastricht e dopo l’introduzione dell’euro. Anzi, per molti aspetti è la rivisitazione delle regole e degli accordi sorti proprio da quel nesso di eventi che sino ad ieri si pensava fosse l’asse attorno al quale si era costruita e rafforzata l’identità politica, economica, culturale dell’Europa e della Germania stessa. Inaspettatamente, oggi l’essere tedesco è entrato in tensione con l’essere europeo. Molti tedeschi hanno la sgradevole sensazione che i partner europei chiedano loro di fare qualcosa che contraddice la lettera e lo spirito dei Trattati consensualmente sottoscritti (in particolare per quanto riguarda la funzione della Banca centrale europea) e che quindi venga mortificata quella che con un tono sprezzante è chiamata la loro «ortodossia». Sentono penalizzata la loro «disciplina» politico-economica, mentre dovrebbero essere gli altri (in particolare i Paesi del Sud) ad imitarla. Sappiamo che non è proprio così, e che la classe intellettuale e giornalistica tedesca ha la sua responsabilità nell’avere dipinto in modo semplicistico la situazione. Per le prossime settimane possiamo ipotizzare una secca alternativa. O vince la linea della cancelliera Angela Merkel, che, pur prevedendo un lungo confronto, duro se necessario, ma pur sempre trasparente e collegiale, si mette in sintonia con gli altri partner europei lungo quelle linee di intervento e riforma sistemica delineate nei mesi scorsi, anche grazie al contributo del governo italiano. Oppure, cedendo a risentimenti vendicativi, i tedeschi insisteranno nel rifiuto sistematico di tutte le proposte avanzate sul terreno europeo. Senza arrivare ad un referendum anti-euro (o comunque lo si voglia formulare), la cui vittoria sarebbe usata come una clava contro l’Unione europea, basterebbe che i tedeschi dicessero sempre di no, illudendosi di salvare in questo modo la loro sovranità nazionale. Quello che non capiscono i sostenitori di questa linea «tutta tedesca» è che sarebbe la fine della Germania quale è felicemente uscita dopo le catastrofi del XX secolo, grazie anche agli europei. Sarebbe la fine della Germania come modello democratico, di cui vanno fieri i tedeschi, nel momento stesso in cui rinnegano la strada che hanno percorso per costruirlo. Intanto però siamo davanti al paradossale ricupero di immagine e di simpatia in Europa della cancelliera Merkel oggetto nei mesi scorsi di odiose vignette e di stupidi insulti. E data per politicamente spacciata da molti commentatori. Sorprendendo ancora una volta amici e nemici - nel deserto di forti personalità ai vertici della politica tedesca – la cancelliera potrebbe inaugurare una nuova stagione della politica tedesca verso l’Europa. Chissà.