Michele Smargiassi, la Repubblica 8/9(2012, 8 settembre 2012
LO FA quando torna nella sua casa tra i boschi di Quincinetto, sopra Ivrea. Ma Gianroberto Casaleggio non è più così imperscrutabile: tre mesi fa, forse spinto dall’entusiasmo per le travolgenti avanzate elettorali del MoVimento 5 Stelle, con una lettera al Corriere ha scelto di rivendicare per intero il suo ruolo: «Non sono mai stato dietro a Beppe Grillo, ma al suo fianco
LO FA quando torna nella sua casa tra i boschi di Quincinetto, sopra Ivrea. Ma Gianroberto Casaleggio non è più così imperscrutabile: tre mesi fa, forse spinto dall’entusiasmo per le travolgenti avanzate elettorali del MoVimento 5 Stelle, con una lettera al Corriere ha scelto di rivendicare per intero il suo ruolo: «Non sono mai stato dietro a Beppe Grillo, ma al suo fianco. Sono cofondatore di questo movimento». Fino a quel momento, di Casaleggio si parlava come del «guru di Grillo», il geniale consulente di strategie Web, l’uomo che aveva convinto il comico genovese a smettere di sfasciare i computer sul palcoscenico per usarli come arma letale della grande guerra al potere dei «morti viventi», aprendogli il blog che secondo la rivista Forbesè uno dei dieci più influenti del mondo. Ci si chiedeva se Grillo pagasse i servigi della Casaleggio Associati, azienda milanese di punta nella gestione dell’e- business, e quanto, visto che per gestire il suo sito Internet pare che Di Pietro gli versasse 700 mila euro l’anno. Bene, il dubbio non c’è più. Di Grillo, incontrato nel 2004 e mai più lasciato, Casaleggio è sicuramente consulente, consigliere, amico, editore, co-autore di libri, verosimile ghost-writer, ma anche molto di più. Ha contributo a scrivere il “Non Statuto” del MoVimento, ha steso le regole per la selezione delle candidature, ha gestito raccolte di firme, ha organizzato il V-Day, tutte cose che non rientrano nel catalogo di un fornitore di servizi informatici, ma sono pienamente politiche. Casaleggio è a tutti gli effetti uno dei due leader di un movimento politico accreditato di consensi che avrebbero fatto invidia a molti protagonisti della politica italiana del passato. Ma la maggioranza dei simpatizzanti del Mo-Vimento Cinquestelle hanno familiarizzato col suo nome solo da pochi mesi, e tuttora sanno ben poco di quest’uomo che per un grillino della prim’ora come Giovanni Favia è «spietato e vendicativo», «decide tutto», «è la vera mente» e ha sequestrato la democrazia interna. A vederlo, chi lo direbbe. Chioma riccia, occhialetti tondi, sem- bra lo zio di Donovan il folksinger, più cravatta yuppie e completo grigio. Viene dall’arcipelago Telecom, dove diresse a lungo una società controllata, la Webegg, prima di mettersi in proprio nel 2004 con l’azienda che porta il suo nome. Ma il brillante curriculum non dice tutto. Casaleggio ha il profilo del pensatore visionario. Adora Gengis Khan, che per lui è il progenitore del Web perché spediva i suoi veloci cavalieri mongoli a cercare notizie ovunque. Disegna scenari orwelliani: nel video Gaiaprofetizza una terza guerra mondiale vinta nel 2040 dall’Occidente della Web-democracy sull’Oriente del Potere. Ma sa anche maneggiare con abilità le leve di Internet, sulla scorta del suo ispiratore Paul Gillin studia la teoria degli influencer, ossia come usare quel 10% di navigatori consapevoli che impone le proprie opinioni al restante 90%. Queste cose le spiega ai giovani quadri del MoVimento, convocati a Milano per brevi corsi (vietate telecamere e registratori) dove i suoi uomini insegnano a gestire un blog, a governare un forum, dove si disegna il profilo del candidato vincente, che «deve possedere più soft skills che hard skills », più attitudini che competenze, saper «smanettare sulla Rete», saper «parlare in pubblico» e mostrare «una faccia pulita». Sugli intenti di Casaleggio, in Rete girano le teorie più estreme, dall’esoterismo ai complotti internazionali contro l’Euro, ma lui se ne fa beffe: «Mi hanno attribuito legami coi poteri forti, dalla massoneria alla Goldman Sachs con cui non ho mai avuto alcun rapporto, dietro Casaleggio c’è solo Casaleggio ». In realtà, a spaventare quelli come Favia non sono neppure cose più prosaiche come la sua abilissima gestione del consenso sul blog, il suo potere sulle candidature e di scomunica dei dissenzienti. A torto o a ragione, le giovani leve del MoVimento temono di essere usati come materiale per un esperimento mediologico delle dimensioni di un intero sistema politico: «Siamo delle cavie in vitro», si lasciò scappare uno di loro in una discussione riservata che Grillo, o forse Casaleggio, scoprì e mise subito alla gogna sul blog. «Grillo è un istintivo, non sarebbe in grado di pianificare una cosa del genere», lo giustifica il ribelle Favia. È il mito dello Zar buono mal consigliato da Rasputin. Ma la diarchia a 5 Stelle è meno precaria di quanto ai frondisti del MoVimento piacerebbe, è una formazione da battaglia che non si romperà facilmente: «Siamo in guerra e la vinceremo», hanno scritto nel loro libro a quattro mani, «la Rete è dalla nostra parte». Web mit uns.