Bill Clinton, il Fatto Quotidiano 7/9/2012, 7 settembre 2012
LA FIAMMA DI CLINTON: “OBAMA ARDE PER L’AMERICA”
Siamo qui per indicare il nostro candidato alla presidenza. Il mio candidato è un uomo che nella vita ha conosciuto avversità e incertezze, un uomo che ha deciso di correre per la presidenza per cambiare il corso dell’economia che proprio sei settimane prima della sua elezione ha conosciuto la crisi più grave dalla Grande Depressione. Quest’uomo ha saputo risollevare le sorti del Paese. Quest’uomo è convinto che sia possibile costruire un nuovo “sogno americano” fondato sull’innovazione e la creatività, l’istruzione e la cooperazione.
A TAMPA non hanno fatto che parlare di come il presidente e i Democratici non credono nella libera impresa e nell’iniziativa privata. Secondo la vulgata repubblicana chi vale qualcosa deve essersi fatto da solo. Uno dei più grandi presidenti del partito Democratico, Bob Strauss, era solito dire che tutti i politici vogliono far credere di essere nati in una baracca, ma non è così. Noi Democratici siamo convinti che il Paese funziona meglio se ci sono un forte ceto medio, opportunità per i più poveri e un governo capace di collaborare con il mondo delle imprese per promuovere la crescita. Chi ha ragione? Dal 1961 i Repubblicani hanno occupato la Casa Bianca per 28 anni, i Democratici per 24. In questi 52 anni l’economia ha creato 66 milioni di posti di lavoro nel settore privato. I Repubblicani ne hanno creati 24 milioni, i Democratici 42!
Una politica che punti sulla promozione delle pari opportunità è moralmente giusta, ma è anche utile all’economia perché discriminazione, povertà e ignoranza bloccano la crescita.
Pur essendo stato spesso in disaccordo con i Repubblicani non li ho mai odiati quanto l’estrema destra che oggi controlla quel partito odia il presidente Obama e i Democratici. Da governatore ho collaborato con il presidente Reagan sulla riforma del welfare e con il presidente George H. W. Bush in materia di riforma del sistema scolastico.
La volontà di cooperazione mostrata dal presidente Obama è una delle ragioni per cui merita la rielezione. Ha nominato Ha nominato tre ministri Repubblicani; ha scelto per la vicepresidenza il suo avversario alle primarie del 2008 e Joe Biden si è rivelato all’altezza del compito. E poi ha nominato Hillary! Sono orgoglioso di lei perché ha contribuito a rendere il mondo più sicuro.
Il presidente Obama ha anche cercato al Congresso di collaborare con i Repubblicani in tema di riforma sanitaria, riduzione del debito, disoccupazione, ma le cose non sono andate troppo bene forse perché, come ha detto in un momento di sincerità il presidente del Senato, a due anni dalle elezioni il loro principale obiettivo non era rilanciare l’America, ma affossare il presidente Obama.
A Tampa l’argomento principe contro la rielezione di Obama era assai semplice: gli abbiamo lasciato in eredità un disastro, non ha rimesso le cose a posto abbastanza celermente quindi licenziatelo e rimettete noi al suo posto. In fondo non avevano molto altro da dire se non quello che hanno continuato a ripetere negli ultimi due anni e che è all’origine dei problemi degli Stati Uniti: tagliare ulteriormente le tasse ai ricchi; fare piazza pulita di qualsivoglia regola atta a prevenire un’altra crisi; incrementare la spesa per la difesa tagliando tutte le altre voci del bilancio specialmente i programmi di sostegno al ceto medio e ai bambini poveri.
OBAMA ha ereditato una economia in profonda crisi e ha creato le premesse di una ripresa della crescita e dell’occupazione. Siamo dove avremmo voluto essere? No. Il presidente è soddisfatto? No. Stiamo meglio di quando Obama è entrato alla Casa Bianca con l’economia in caduta libera e la distruzione di 750.000 posti di lavoro al mese? La risposta è: Sì.
Il presidente Obama ha iniziato il suo mandato con una economia più debole di quando fui eletto io. Nessun presidente avrebbe potuto riparare i danni in appena quattro anni. Ma la situazione è in via di miglioramento. E se gli verrà rinnovato il mandato saprà dimostrarlo. Il presidente Obama è portatore dei valori e delle idee necessari a costruire nel XXI secolo una nuova versione del “Sogno americano”.
Ma torniamo alle cose fatte. Il Recovery Act ha salvato e creato milioni di posti di lavoro e ha ridotto le tasse al 98% degli americani. Negli ultimi 29 mesi sono stati creati 4 milioni e mezzo di posti di lavoro nel settore privato. Di questi 4 milioni e mezzo, 500.000 posti di lavoro sono stati creati nel settore manifatturiero. È la prima volta dagli anni ’90. Il presidente è riuscito nell’impresa di salvare l’industria automobilistica guadagnandosi la riconoscenza della case automobilistiche che pure non lo avevano appoggiato. Il presidente ha seguito una politica di concertazione con gli imprenditori del settore auto, i rappresentati dei lavoratori e gli ambientalisti per ridurre della metà nei prossimi anni il consumo di benzina, per renderci più autonomi sotto il profilo energetico, tagliare i gas serra e creare altri 500.000 posti di lavoro.
Abbiamo bisogno di nuovi posti di lavoro, ma già ora 3 milioni di posti di lavoro restano vacanti perché gli aspiranti non sono sufficientemente qualificati. Dobbiamo formare lavoratori all’altezza dei progressi continui della tecnologia. Per questa ragione è più importante che mai investire in istruzione, ricerca e formazione. Il presidente ha preso importanti decisioni nel settore dell’università e della formazione riducendo, tra l’altro, le tasse universitarie e incrementando i prestiti agevolati a favore degli studenti.
E veniamo all’assistenza medica che i Repubblicani definiscono spregiativamente “Obamacare” sostenendo che è una spesa gravosa per lo Stato. Hanno ragione? La legge impone che l’80-85% dei premi assicurativi venga speso in assistenza medica e non vada in profitti e pubblicità. Quindi la riforma in pratica si autofinanzia. Oltre 3 milioni di giovani tra i 19 e i 25 anni hanno per la prima volta in vita loro una assicurazione medica perché finalmente possono figurare a carico dei genitori che lavorano. Inoltre milioni di anziani hanno accesso per la prima volta alla medicina preventiva. E negli ultimi due anni la spesa sanitaria è cresciuta meno del 4% per la prima volta da mezzo secolo a questa parte. Questi sono i fatti. E di questi fatti dobbiamo ringraziare il presidente Obama.
QUANTO AL DEBITO, o ce ne occupiamo o sarà il debito a occuparsi di noi. Il presidente Obama ha presentato un piano che prevede di tagliare il debito di 4.000 miliardi di dollari nell’arco di 10 anni con una riduzione della spesa pari ad un quarto dell’incremento del reddito e una politica di bilancio più rigorosa. Il piano del presidente è migliore di quello di Romney. Il piano di Romney prevede il rientro dal debito eliminando le norme che favoriscono l’elusione fiscale. Quando gli si chiede: quali norme? Risponde che “ci penserà dopo le elezioni”.
Amo il mio Paese. Negli ultimi 200 anni non abbiamo fatto che progredire. E progrediremo ancora a patto di restare uniti. Per questo dobbiamo rieleggere il presidente Barack Obama.
Traduzione di Carlo Biscotto