la Stampa 7/9/2012, 7 settembre 2012
IL BANCOMAT CANCELLA IL BELLO DEGLI SPICCIOLI
Quando avevo cinque anni quasi sei, la mia nonna paterna e sua sorella - la mia nonna di scorta - mi regalavano le 500 lire di moneta, quel gioiello numismatico bicolore che tanto pagava l’occhio; però mi insegnavano a metterle in un salvadanaio a forma di papero, perché i soldi «si devono anche tenere da parte», non solo spendere.
Mio nonno invece mi regalava le 500 lire di carta, finché esistevano (poi era passato direttamente a 1000 lire), perché avessi sempre «i soldi per il gelato e per il giornalino».
Al di là della piacevolezza dei ricordi personali, quello che mi rimane ancora oggi a trentacinque anni, è il senso delle differenze, l’elasticità mentale di comprendere che cose con lo stesso nome possono avere valore diverso, ma anche che la stessa cosa si debba ricercare in modi differenti e situazioni varie.
Una persona cresciuta nella varietà culturale e materiale saprà affrontare la vita con un po’ di buon senso e saprà stare nelle più disparate situazioni, adattandosi certamente, ma con un ruolo attivo e non subendo passivamente gli eventi.
Mi spaventa questo inseguire l’appiattimento su tutti i fronti, compreso quello economico, per snellire le fatiche dei potenti e omologare i cittadini a produttori di contributi: per favore, date voce a quelli come noi, cresciuti con in mano le monetine per il gelato, che denunciano moralemente la proposta di pagare praticamente tutto con i bancomat. Che non ci tolgano anche la libertà di gestire i nostri spiccioli, quelli che danno respiro ai piccoli momenti della quotidianità. O i nostri spiriti saranno davvero poveri.
ADRIANA
ALESSANDRIA