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 2012  settembre 04 Martedì calendario

AI TEDESCHI PIACE LA ROMA DI ALLEN


Perché ai tedeschi piace la Roma di Woody Allen? I critici italiani hanno distrutto l’ultimo suo film, l’ennesima cartolina dall’Europa, dopo Midnight in Paris. La pellicola è arrivata in Germania a fine agosto, ben accolta dalla critica e dal pubblico. Naturalmente non voglio sconfinare nella critica cinematografica, a ognuno il suo mestiere.
E a ognuno i suoi gusti. Però cercare di analizzare queste differenze serve forse a capire noi e loro. Sono matti questi prussiani? E che ne capiscono di cinema? Noi raffinati intenditori, loro spettatori (e critici) di provincia.
Sarà, ma il Festival di Berlino si difende anno dopo anno con dignità, mentre Roma, per ottenere la presenza di un divo, deve pagare cachet folli. I romani vogliono trasformare Cinecittà in un supermarket, o qualcosa di simile. Qui Babelsberg è risorta e offre studi modernissimi ai registi di tutto il mondo. I cinema in Germania sono spesso pieni, quelli italiani chiudono uno dopo l’altro. I nostri film qui non hanno più mercato, a parte Moretti. Ma hanno dato l’Orso d’oro ai fratelli Taviani, che hanno 80 anni; in Prussia non è un difetto. A loro piace Allen, noi lo troviamo invecchiato.
Per Der Spiegel, che è una delle più autorevoli riviste europee, To Rome with Love è il film più riuscito di quelli dedicati alle città europee, a Londra, Barcellona, Parigi. Per il nostro Mereghetti sarebbe invece il peggiore. Non manca qualche riserva qua e là, ma per Andreas Borscholte l’esibizione di Benigni in mutande per via Veneto è grandiosa: finalmente ritorna in scena con successo grazie a Allen, dopo il disastro del suo Pinocchio. Il film è un puzzle, una specie di fritto misto per la Frankfurter Allgemeine, ma la pietanza è gradevole. Per la Süddeutsche Zeitung non sarà un capolavoro ma un film medio; però la media di Allen è sempre ben sopra la media. La popolare Bild Zeitung, 13 milioni di lettori, esorta: «Correte a vederlo». Io non vi ero riuscito, quando sono tornato in Italia, perché era già scomparso dagli schermi. L’ho visto a Berlino in una sala quasi al completo: il pubblico si divertiva, benché il film fosse in versione originale, metà in inglese e metà in italiano. Poi verrà doppiato in tedesco, non so con quali risultati. Non dico quel che ne penso io, perché il mio parere non c’entra e non interessa. Sospetto che ai tedeschi piaccia la Roma di Woody, perché è la Roma che loro amano anche se, come il regista americano, sanno benissimo che non esiste. Non esiste più. Verdone ha trovato che il film è tutto un luogo comune, che questa non è la Roma di oggi. Che cosa avrebbe dovuto filmare Allen? Le risse notte dopo notte a Campo de’ Fiori, le periferie degradate dove Veltroni condusse a esibirsi Leo Di Caprio e Nicole Kidman al prezzo di 500 mila euro? Buona parte della storia si svolge quasi sotto casa mia, a Trastevere, che Allen ha reinventato com’era negli anni Cinquanta, linda, piena di fiori, abitata da romani gentili. Lo ringrazio, ma oggi è un inferno. E io penso di traslocare, se solo fossi sicuro di trovare un quartiere off limits per la movida. A Parigi Allen ha evocato i fantasmi di Scott Fitzgerald e Hemingway, a Roma quelli di Alberto Sordi, Aldo Fabrizi e Fellini. Un buon terzo del copione non è che il remake dello Sceicco bianco (non mi sembra che si dica grazie allo sceneggiatore Ennio Flaiano), con Penelope Cruz al posto di Giulietta Masina, mentre i titoli di testa sono accompagnati da Volare. Il messaggio è chiaro. La sua Roma è una favola, come lo era Parigi. Anche sulla Senna, Allen si dimenticò di mostrarci le banlieue. I parigini (e i loro critici) non si adontarono. Noi ci siamo offesi. Non siamo un luogo comune. E, certamente, gli anni Cinquanta o Sessanta non furono un paradiso da rimpiangere. La Roma di Allen è quella dei turisti, o americani o venuti in viaggio di nozze da Pordenone. E i turisti hanno il diritto di amare le cartoline illustrate. I tedeschi conoscono benissimo Roma, prima o poi ci vengono tutti a vedere il Colosseo e i gladiatori con la panza, ma non gettano più monetine nella Fontana di Trevi. Perché sanno che qualcuno se le frega, e loro in riva al Tevere non desiderano ritornare. Una volta basta. Per sognare la Città Eterna vanno al cinema. Il titolo del film è una dedica, A Roma con amore. A noi non è piaciuto perché temiamo che sia un epitaffio.