Michele Serra, l’Espresso 7/9/2012, 7 settembre 2012
TRATTATIVA TRICCHE E TRACCHE
Ciò che altri giornali millantano, "l’Espresso" è in grado di fare davvero. Pubblichiamo la più significativa delle telefonate tra Mancino e Napolitano, seguita da due clamorose intercettazioni del 1992 inerenti la trattativa Stato-Mafia.
MANCINO: «Pronto? Sono Mancino..»
NAPOLITANO: «Nel quadro delle prerogative che la Costituzione riconosce alle rispettive cariche istituzionali, e tenendo conto dalla speciale fase di riassetto e ripensamento dei rapporti tra potere esecutivo e potere giudiziario che il paese sta attraversando, dovendo misurare da un lato le antiche perplessità, non sempre commisurate alla reale portata degli avvenimenti, circa il prevalere dell’una o dell’altra componente della delicata dinamica democratica, e dall’altro le pur comprensibili insistenze affinché vengano sciolti quei nodi che minacciano di impedire un più ordinato dipanarsi della trama e dell’ordito della nostra vita istituzionale, alla luce della lezione impagabile, e mai abbastanza menzionata, di chi in passato si batté senza esitazioni, e a volte al prezzo della propria libertà e della propria vita, per la riaffermazione di quei valori che nessun diniego, nessuna confutazione malevola o peggio violenta è mai stata in grado di soffocare...».
MANCINO: «Vabbuò, ma io veramente volevo solo...».
NAPOLITANO: «L’insegnamento dei padri costituenti ci consente di non abbandonare la traccia del necessario equilibrio tra le guarentigie messe a tutela del cittadino, e l’impervio percorso che la giustizia, attraverso accertamenti doverosamente minuziosi, anche quando essi siano dolorosi o, secondo alcuni, inopportuni, è in obbligo di intraprendere, nel quadro... Ma che cos’è questo leggero suono intermittente, la cui frequenza tende dall’acuto, che si ode nel mio apparecchio ricevitore?».
MANCINO: «Tut...tut...tut...tut...tut...».
NAPOLITANO: «La persistenza del caratteristico segnale acustico che, in molti paese europei ed extraeuropei, segnala il termine di una conversazione telefonica, oppure, in casi di particolare gravità, la totale mancanza di una linea pervia, indica che la nostra conversazione, pur così feconda di importanti indicazioni e di utili avvertimenti, ha avuto termine».
TRATTATIVA STATO-MAFIA - 1
STATO: «Pronto, chi parla?».
MAFIA: «E chi deve parlare? Ci avete li urecchi fidditi, ci avete?».
STATO: «Come dice, scusi?».
MAFIA: «Il capo dei capi, sono. Un allacchio dovite fare, avite capito? Un allacchio con la pitrizza, come ci disse l’autri a chiddu. Va bene?».
STATO: «Mah! Non si capisce niente...capo di che?».
MAFIA: «Aaah, ma allora siete sfinzuto! Vi devo proprio fare tricche e tracche!».
STATO: «Guardi, sia gentile. Mi richiami con qualcuno vicino a lei che sia in grado di aiutarla».
TRATTATIVA STATO-MAFIA - 2
STATO: «Buongiorno. Di cosa ha bisogno?».
MAFIA: «Ah, adesso fate i curtesi! E l’impiccio poi è tutto mio!».
STATO: «Oddio, è ancora lei? Quello dell’altra volta?».
MAFIA: «Che volta e volta, qui si discute la macchia, non la carta. Mi sentite? O siete ancora trizzuto? Io sono il capo dei capi! Capite adesso?».
STATO: «E parlare in italiano? Che ne direbbe? Pagarvi un insegnante di dizione?».
MAFIA: «Atesso mi aviti umiliate. Vi metto una bomba, vi metto. Anzi due, ve li piazzo, i bombi, int’alla praja intruzza, spiducchiate!».
STATO: «Si dice: intendo organizzare due attentati dinamitardi. Ha capito? Provi a ripetere, su, almeno ci provi!».
MAFIA: «Voi parlate, parlate, ma ditemi: le stralute, quelle fini fini, li aviti preparato? Con anghe i cornicchi? Che ci dissi al dottore Calafione che u ministru in perzona ci metteva la parola giusta?».
STATO: «Guardi, facciamo così: mi richiami quando avrà trovato un interprete».
MAFIA: «Lei fa tanto il farrione, ma con me non alliscia. Lo sa come diciamo, noi in famiglia?».
STATO: «No. E non me ne frega niente».