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 2012  settembre 06 Giovedì calendario

«Voleva lasciarmi e l’ho uccisa». È il movente standard del delitto passionale. Poi seconda affermazione di rito: «Mi aveva preso la vita, era tutta la mia vita, io l’amavo

«Voleva lasciarmi e l’ho uccisa». È il movente standard del delitto passionale. Poi seconda affermazione di rito: «Mi aveva preso la vita, era tutta la mia vita, io l’amavo...». Terzo, da copione: pianto a dirotto, questa volta davanti ai detective della Omicidi che hanno risolto il caso in poche ore. Il mistero della vita e della morte di Laila Mastari, 25 anni, separata e madre di un bimbo di 3 affidato al padre (a Cuneo) è nella lunga confessione di questo egiziano senza permesso di soggiorno, in Italia dal 2004, cameriere come lei nel «Punto Verde» del Lingotto dove si balla latino-americano. Si chiama Mohamed Nour Eldin, 30 anni, incensurato, mai un gesto di violenza prima. Preso nell’appartamento che condivide con altri quattro in corso Vercelli 27. Valigie pronte. Forse stava per fuggire. Sul lavoro Ha accoltellato Laila a morte alle 22 di venerdì scorso. I due stanno lavorando, lui le chiede di allontanarsi dal locale per parlare di nuovo della loro storia in crisi da un po’ di tempo. Si erano conosciuti un anno fa, lei scappata dalla soffitta di via Grassi dove un uomo era morto per un malore tra le braccia di una sua amica, lui cameriere in un locale di Porta Palazzo. Relazione intensa. Una totale dedizione da parte di Mohamed Nour, mentre Laila voleva essere semplicemente più libera. Si era trasferita da poco con altre ragazze in un mini-alloggio di via Rivara, dove si paga solo l’affitto del letto. Era stata chiara: «Non voglio legarmi a nessuno in particolare, mi devi lasciare in pace, non ti amo più». Il giovane egiziano - su questo tutte le testimonianze delle amiche sono concordi - ha provato a riconquistarla, poi è passato allo stalking. Lei era infastidita e, negli ultimi giorni, molto spaventata. I colpi nel parking C’è il sospetto che sia stato un delitto premeditato. Venerdì sera Mohamed Nour va a lavorare, in una borsa ha i vestiti di ricambio, forse anche l’arma, un coltello dalla lama seghettata lungo 30 centimetri e largo 3. I due passeggiano per qualche minuto nel grande parcheggio alle spalle del Lingotto. Poi l’afferra alle spalle, le tappa la bocca con una mano, con l’altra la trafigge di coltellate alla gola e all’addome. Diciannove fendenti. Laila muore dissanguata; l’assassino copre il corpo con un telo viola, si toglie i vestiti sporchi di sangue, indossa jeans e maglietta puliti e torna negli stand. Una serata come tante, nessuno, né i titolari, né i clienti si accorgono di nulla. Mohamed Nour è gentile come sempre. La moneta recuperata Alle 3, finito il turno, va a recuperare uno dei carrelli della spesa di un vicino supermarket. Torna nel parcheggio, carica il cadavere avvolto nel telo (peso oltre 90 chili) nel carrello. La sua meta è il Po. Sfila sferragliando dal Lingotto verso via Nizza, l’attraversa. Poi corso Spezia, la rotonda davanti al Regina Margherita, il passaggio pedonale di corso Unità d’Italia, infine i viali del Valentino. L’uomo spinge il carrello sino alle sponde del Po e qui, finalmente, getta in acqua l’involucro. Infine compie, a ritroso, lo stesso percorso e rimette al suo posto il carrello, recuperando pure l’euro del blocco. Il testimone Di nuovo nel locale, ma con il viso graffiato, dove i suoi colleghi stanno chiudendo stand e tendoni. L’egiziano torna a casa e passa i giorni che lo separano dall’arresto nel modo più sotto-traccia possibile. Torna al Lingotto, racconta di voler tornare in Egitto per motivi familiari, dice che Laila s’è presa qualche giorno di vacanza, per non destare sospetti. Ma qualcuno l’ha visto, lui e il carrello con quello strano involucro viola. Dopo la notizia del ritrovamento del corpo, ha chiamato la polizia. «C’è ancora molto lavoro - conclude il capo della mobile, Luigi Silipo - va chiarito se ci sono complici o no. Se qualcuno lo ha aiutato. Se ci sono altri retroscena».