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 2012  settembre 06 Giovedì calendario

LE GRANDI MANOVRE SUL «SALOTTO»

L’onda lunga della crisi economico-finanziaria si abbatte sul salotto buono della finanza milanese che ha come epicentro Mediobanca e la ragnatela di partecipazioni spesso incrociate con Generali, Rcs, Pirelli-Camfin, Gavio-Impregilo e FonSai. È la grande crisi, più delle battaglie di potere che pure inevitabilmente si stanno scatenando, a far scricchiolare i fragili equilibri basati sui vecchi patti di sindacato costruiti ai tempi di Enrico Cuccia per blindare il controllo dei "salotti" sprovvisti di capitali. E forse non è un caso che proprio Mediobanca sia l’epicentro dello scontro in atto da mesi nella grande finanza italiana, perché è da lì che si governano le Assicurazioni Generali, il più grande polmone finanziario del Paese, e la Rcs Mediagroup, cui fa capo il maggior quotidiano italiano (Corriere della Sera). Le difficoltà di Mediobanca, partono circa un anno fa quando la crisi mette a rischio sopravvivenza la Fondiaria-Sai, già compromessa da anni di malagestio della famiglia Ligresti. Per la banca di Piazzetta Cuccia il rischio di un eventuale default di FonSai intaccherebbe il prestito da un miliardo concesso alla compagnia. L’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel ha intravisto nella fusione con Unipol l’unica concreta possibilità di salvare FonSai e, con essa, i crediti di Mediobanca. Ma proprio ora che le nozze Unipol-FonSai, che hanno avuto molti nemici invisibili ma che sono state avversate a viso aperto dalla Sator di Mateo Arpe e dalla Palladio Finanziaria, stanno per andare in porto, è Nagel a doversi difendere dall’accusa (anche della Procura di Milano) di aver indebitamente trattato con i Ligresti per favorire la fusione. Comunque vada a finire il caso Nagel-Ligresti, i conti di Mediobanca sono salvi (e il mercato negli ultimi giorni ha iniziato a dare prova di esserne convinto). Ma è indubbio che i lunghi mesi di battaglia per l’operazione Unipol-FonSai, che forse sono stati decisivi anche per la "cacciata" di Giovanni Perissinotto dal vertice delle Generali, hanno mostrato una Mediobanca più debole. E la fragilità della (ex?) galassia di Piazzetta Cuccia, vera o percepita, ha aperto le porte a incursioni impensabili fino a qualche anno fa. Basti pensare all’azione temeraria del gruppo romano di costruzioni Salini che, senza l’appoggio di alcuna banca italiana, si è lanciato all’assalto (per ora vincente) di Impregilo sfilandola al controllo dei Gavio, da sempre collegati a Mediobanca anche attraverso rapporti di finanziamento e di partecipazioni azionarie. Altri outsider, come la famiglia genovese dei Malacalza, stanno dando filo da torcere a Marco Tronchetti Provera nel riassetto della finanziaria Camfin, cui fa capo il controllo di Pirelli. Anche in questo caso è la crisi, che costringe Camfin al rifinanziamento del debito in attesa che il successo del turnaround Pirelli si trasferisca alla controllante, a favorire un’iniziativa ardita come quella dei Malacalza che già sanno di non poter contare sul supporto delle tre grandi banche italiane (UniCredit, Intesa e la stessa Mediobanca supportano Tronchetti). A mostrarsi fragile, anche in questo caso, è un controllo basato su un patto di sindacato eterogeneo. Come anche, e forse con maggiore evidenza, dà segni di debolezza il sindacato azionario in Rcs Mediagroup. La società che edita il Corriere della Sera, ma anche lo spagnolo El Mundo, è costretta dalla crisi a varare un piano per ridurre l’indebitamento. I piani di ricapitalizzazione stanno creando divergenze tra i soci del patto (pochi hanno capitali da investire) e quelli fuori dal patto come Rotelli e Della Valle che invece sono pronti a mettere mano al portafoglio. Un indebolimento di Mediobanca, primo socio del patto con il 15 per cento circa, rappresenterebbe certamente l’occasione per un rimescolamento di carte destinato a cambiare gli equilibri azionari del Corriere, cui non è indifferente il mondo politico alla vigilia della campagna elettorale per le elezioni politiche della primavera 2013. Se questo è il quadro delle partite finanziarie aperte, cosa succederà nei prossimi mesi? Lo scenario che si intravede è quello di un sistema che fa quadrato e difende gli equilibri esistenti. L’asse che da UniCredit passa per Mediobanca e arriva alle Generali, malgrado le indubbie difficoltà, tenterà di serrare le fila. Dialogando con l’altra grande banca italiana, Intesa Sanpaolo, dove il presidente Giovanni Bazoli sta monitorando i sommovimenti in atto nel sistema, a partire dal caso Rcs in cui il Professore sarà chiamato a giocare ancora una volta il ruolo dell’anziano saggio. Sulle partite industriali aperte (Camfin-Pirelli e Impregilo), Intesa si è schierata con UniCredit e Mediobanca. Nel caso FonSai, la linea scelta da Intesa stata di una dichiarata neutralità evitando, come sarebbe invece stato possibile, invasioni di campo. Segnale di non belligeranza verso la filiera UniCredit-Mediobanca? Sembrerebbe di sì. In attesa di capire se le fragilità del sistema che ha come epicentro Mediobanca metteranno a rischio l’assetto di controllo delle Generali.