Stefano Filippi, il Giornale 5/9/2012, 5 settembre 2012
Oddio, ritorna Prodi e vuole scalare il Colle - Quando il gioco si fa duro, anche Romano Prodi batte un colpo (anzi più d’uno) per ricordare alla gentile compagnia della sinistra che lui è vivo e vegeto, che il vero Professorepremier è lui e non Mario Monti, che egli rimane il pretendente numero uno al Quirinale e che non si azzardino a trattarlo come nel 1998, quando prima lo cacciarono da Palazzo Chigi e poi indennizzarono con l’esilio dorato di Bruxelles
Oddio, ritorna Prodi e vuole scalare il Colle - Quando il gioco si fa duro, anche Romano Prodi batte un colpo (anzi più d’uno) per ricordare alla gentile compagnia della sinistra che lui è vivo e vegeto, che il vero Professorepremier è lui e non Mario Monti, che egli rimane il pretendente numero uno al Quirinale e che non si azzardino a trattarlo come nel 1998, quando prima lo cacciarono da Palazzo Chigi e poi indennizzarono con l’esilio dorato di Bruxelles. Questa volta ci dev’essere soltanto un «promoveatur» senza «amoveatur». Nichi Vendola, cui non manca il fiuto, ha capito subito quale aria ha ripreso a spirare dalla placida Bologna. E ha fatto la mossa giusta: quella di scoprire le carte. Per colmo di perfidia ha usato proprio l’immagine del risarcimento danni. Arrivando l’altra sera alla Festa democratica di Reggio Emilia, il governatore pugliese ha risposto a Matteo Renzi il quale aveva rimproverato a Rifondazione la caduta del secondo governo Prodi. In realtà anche nel 1998 furono i bertinottiani a impallinare il Professore, ma sorvoliamo. Vendola,che all’epoca non aveva ancora fondato Sinistra ecologia e libertà, ha colto al volo l’occasione: «Possiamo riparare proponendo Prodi al Quirinale». Una stoccata abile. In questo modo il leader di Sel ha rivendicato lo sgambetto di allora mettendo di nuovo in guardia Prodi,ma soprattutto haufficializzato una candidatura che l’ex premier voleva tenere ancora coperta. Si sa: gli annunci prematuri sono destinati a essere bruciati. Dunque, Nichi lancia Prodi verso la poltrona che fino a primavera è di Giorgio Napolitano. Ma non bisogna credere che sia tutta farina del sacco vendoliano. Macché. Prodi si sta muovendo da tempo per costruire un percorso inattaccabile verso il Colle. Incontri riservati, convegni, interviste rare e mirate per non mescolarsi troppo con le quisquilie della politichetta quotidiana. Tuttavia negli ultimi giorni ha dovuto moltiplicare la sua presenza mediatica. La situazione si stava facendo troppo pericolosa per le sue ambizioni. Il Professore doveva intervenire. Che cos’era successo? Il problema sta nella nuova legge elettorale che Pier Luigi Bersani vorrebbe varare assieme al Pdl. Lo schema prevede un sostanziale ritorno al proporzionale con un premio al primo partito, il che significa che le coalizioni di maggioranza si formerebbero dopo il voto, non prima come adesso. L’operazione è una mina neppure troppo vagante per i progetti del Professore, la cui ascesa verso il Colle sarebbe logorata da trattative estenuanti. A ciò si aggiunge il nervosismo dei «rottamatori » di Renzi, che vorrebbero pensionare i democratici che furono ministri di Prodi: figurarsi il premier. Così il Professore ha deciso di muoverelesuepedine.Un’intervista a Radio anch’io , un editoriale sul Messaggero , un’intervista al Corriere della Sera , una capatina a Parigi per un meeting economico, un corso di lezioni a Pechino e in mezzo una lunga chiacchierata a casa sua con Bersani il giorno in cui il segretario del Pd era a Bologna per presentare il libro di Walter Veltroni. L’obiettivo comune dell’offensiva è uno solo: la legge elettorale prossima ventura nefasta per i propositi quirinalizi prodiani. Il 2 settembre sul Messaggero le ragioni contro il«bersanellum»sono tecniche: «I progetti finora presi in considerazione sono orientati verso sistemi talmente confusi e complicati da essere sostanzialmente incomprensibili non solo al normale elettore ma anche a molti professionisti della politica- scrive Prodi - La formula del governo sarebbe decisa solo dopo le elezioni, in contrasto col sacro principio che a decidere dei destini dell’Italia dovrebbero essere i suoi cittadini ». Un «sacro principio» peraltro disatteso dal ’48 al ’93,visto che tutti i governi della Prima repubblica furono eletti settimane e settimane dopo la chiusura delle urne proprio grazie al proporzionale. Il giorno dopo, sul Corriere , siaggiungono questioni politiche interne alla sinistra: «Se si arriverà a un modello elettorale di tipo proporzionale, allora lo strumento delle primarie sarà svuotato: a che servirebbe chiamare il popolo del centrosinistra a scegliere il candidato premier del partito se poi la formula di governo viene delegata alla trattativa fra le forze politiche e solo dopo le elezioni?». Giusto. E perché sbracciarsi nella corsa al Quirinale se poi il presidente sarà frutto di una mediazione con il centrodestra? Giovedì scorso, tra le sicure pareti della casa di via Gerusalemme, Prodi avrebbe messo alle strette Bersani: un freno alla nuova legge elettorale, altrimenti alle primarie il Professore avrebbe fatto votare Renzi. Il segretario deve aver preso atto perché lo staff di Prodi ha reso noto l’avvenuto incontro che in origine doveva restare riservato. Un punto a suo favore. E uno per l’aspirante capo dello Stato.