Paolo Bertinetti, la Stampa 6/9/2012, 6 settembre 2012
LO SPORTIVO BECKETT SI RECITA A TUTTA VELOCIT
Mentre a Londra stavano per aprirsi le Paralimpiadi, con l’attesa di nuove imprese e di nuovi record, in Irlanda, a Enniskillen, sede di un nuovo festival beckettiano, l’attrice Lisa Dwan si apprestava a stabilire il nuovo record di velocità nella recita di Non io , l’ultimo capolavoro di Beckett. Non io consiste nel monologo di una donna che scarica dalla sua bocca un impetuoso torrente di parole, la testimonianza dolorosa della sua esistenza schizofrenica.
La prima attrice che fu impegnata nella parte, Jessica Tandy, per pronunciarlo ci mise venti minuti. Troppo, secondo Beckett; che fu invece assai soddisfatto della resa successiva, dovuta alla sua attrice prediletta, Billie Whitelaw: quattordici minuti esatti (costati un esaurimento nervoso). Lisa Dwan ha voluto scendere sotto i dieci minuti, avendo già fatto 9’ e 40’’ nelle prove.
Beckett sarebbe stato d’accordo? Probabilmente sì, purché il senso e il tono del testo fossero rigorosamente rispettati. In questo caso, ma solo in questo caso, non si sarebbe scandalizzato all’idea di una sorta di competizione sportiva, di un record di velocità da battere.
Negli anni giovanili Beckett era stato uno sportivo di prim’ordine. Andava bene negli studi; ma andava meglio nello sport. Giocava a rugby, era un bravo ciclista, un ottimo nuotatore e un impavido tuffatore e faceva parte della squadra di cricket della sua scuola superiore, la Portora Royal School, che frequentò dal 1920 al 1923. Entrò addirittura a far parte della squadra nazionale studentesca di cricket dell’Irlanda. Lui diceva che l’avevano preso solo perché ne faceva parte suo fratello, un vero campione; ma è più probabile invece che lo avessero preso perché era assai bravo pure lui.
Certamente ai più può sembrare strana l’idea di un Beckett così atletico e sportivo, lui che popolava i suoi testi di uomini che camminano con difficoltà, di vecchi semiparalizzati, di figure immobili o comunque incapaci di movimento. Ce lo si immagina bloccato al tavolo di lavoro, immerso monacalmente nella stesura di Malone muore e di Aspettando Godot , del tutto estraneo ad ogni preoccupazione non intellettuale. Per la verità, a partire dal dopoguerra, Beckett abbandonò quasi del tutto ogni pratica sportiva (con l’eccezione del golf, che giocava insieme al fratello, durante le sue brevi visite in Irlanda). Erano ormai lontani i tempi giovanili in cui faceva anche il pugile - una volta aveva messo ko il suo avversario con un diretto che lo aveva scaraventato addirittura fuori del ring. Erano ormai lontani anche gli Anni Trenta, quando, già stabilitosi a Parigi, ancora giocava spesso a tennis - ed è su un campo di tennis che conobbe Suzanne, la compagna della sua vita.
E tuttavia il suo interesse per lo sport non venne mai meno. Continuò sempre a seguire con interesse le vicende del cricket, non solo per averlo praticato con così grande abilità in gioventù, ma anche perché, in fondo, è lo sport più profondamente radicato nella mentalità e nella cultura anglosassone (basti dire che, fino a qualche tempo fa, invece di dire «non è fair», cioè non è corretto, non è onesto, si poteva dire «non è cricket»). E fino alla fine, anche quando era seriamente ammalato, Beckett continuò sempre a seguire i campionati di rugby: cascasse il mondo, nel giorno comandato si sintonizzava sulla Bbc per seguire le radiocronache e i commenti delle partite. Per cui tutti noi comuni mortali, fedeli appassionati dei campionati di calcio, ci sentiamo confortati da tanto esempio. La cosa curiosa è che lui, che aveva scelto la Francia come paese in cui vivere lasciando «l’insopportabile Irlanda», quando c’era la partita di rugby tra Francia e Irlanda non poteva fare a meno di tifare per la squadra della sua patria matrigna.
Di premi letterari non si interessava affatto. Di premi sportivi invece sì. Le Olimpiadi, almeno le gare di atletica, ciclismo e nuoto, le avrebbe seguite con interesse.
Forse con altrettanto, se non maggiore interesse, avrebbe seguito le Paralimpiadi, dove atleti costretti su una sedia a rotelle come Hamm, il protagonista del suo Finale di partita , sfidano la loro sventura per regalarsi un sogno di vittoria. E magari di un nuovo record.