Federica Zoja, Avvenire 6/9/2012, 6 settembre 2012
LA GUERRA FREDDA DEI PRINCIPI SAUDITI
Moribonda eppure freneticamente vitale. La dinastia dei Saud, sovrani d’Arabia dal 1932, non smette di sorprendere: il guanto di sfida lanciato al nemico iraniano e lo slancio interventista nelle insurrezioni arabe ne dimostrano le ambizioni egemoniche nella regione. Alcuni recenti decessi, tuttavia, hanno indebolito la canuta famiglia reale, campione dell’islam sunnita.
Date le precarie condizioni di salute di re Abdullah (88 anni), si cerca freneticamente un successore, ma tutti gli aspiranti eredi al trono hanno superato i 70. Dopo la morte, lo scorso 16 giugno, del principe ereditario Nayif ibn Abdulaziz (78 anni, in carica per meno di otto mesi), il nuovo erede designato dal consiglio di famiglia è ora Salman ibn Abdulaziz (77 anni), già ministro della Difesa e governatore di Riad. Salman fa parte dei Sette Sudairi, i figli che Abdulaziz ha avuto dalla consorte preferita, di stirpe el-Sudairi. Considerato un riformatore, da lui si attende il via al processo democratico, naturalmente se sopravviverà al re. Altrimenti, come da tradizione, si procederà di fratello in fratello. Intanto, la sorte del nuovo capo dei servizi segreti, Bandar bin Sultan (63 anni), appena nominato e già scomparso nel nulla, tiene con il fiato sospeso il Medio Oriente. Figlio illegittimo del principe Sultan bin Abdulaziz adottato all’età di 11 anni dal clan Sudairi, Bandar ha studiato in America, dove è rimasto come uomo di fiducia di re Fahd: per conto del sovrano, mentre ricopriva il ruolo di ambasciatore (1983-25 ), Bandar ha intrattenuto relazioni ravvicinate con i clan Carter, Regan, Bush, Clinton, ha seguito ordinativi di armi, contrattazioni petrolifere, complesse azioni diplomatiche alle ’corti’ di Muammar Gheddafi e Saddam Hussein. Poi il rientro in patria sette anni fa per seguire la Sicurezza nazionale. Ovvero, eliminare il siriano Bashar el-Assad subito dopo l’assassinio dell’ex premier libanese Rafik el-Hariri, probabilmente commissionato da Damasco. Un incarico mai portato a termine.
Nominato numero uno dei servizi segreti lo scorso 19 luglio, adesso Bandar ha la possibilità di chiudere la partita con gli Assad e con gli hezbollah libanesi. Gli attentati di cui è stata vittima Damasco (da ultimo il 18 luglio, ndr), sarebbero il primo segnale del suo insediamento: nemico giurato di Teheran e dei suoi alleati, nel 2006 fu lui a consigliare al governo saudita di aprire nuovi canali diplomatici con Israele, giudicando assai più pericolosi gli ayatollah iraniani. E non a torto. Secondo voci insistenti, Bandar bin Sultan sarebbe stato ucciso proprio dagli 007 iraniani poche ore dopo l’assunzione dell’incarico. Altre voci, invece, lo danno per mescolato agli agenti sauditi in territorio siriano. Nessuna versione è stata ovviamente confermata da Riad, ma la vicendariflette un’accelerazione nello scontrofra Teheran e Riad.Nell’ultimo biennio il Regno saudita ha appoggiato sul piano finanziario e logistico i salafiti di tutto il Nordafrica. In Siria, però, fiumi di denaro e armi non hanno sortito l’esito sperato: ai servizi segreti sauditi, dunque, pare sia stata data licenza di uccidere. Tutti: militari, politici, familiari e ovviamente il numero uno, il presidente Bashar. E se così vuole Riad, così vuole anche la CasaBianca.Ancora una volta, più che di una strategia si tratta di una scommessa: la speranza è che, in futuro, lo sciismo iraniano non sembri laico in confronto al sunnismo wahabita professatodai sauditi.