Luigi Offeddu, Corriere della Sera 6/9/2012, 6 settembre 2012
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES — La prima reazione ad Atene è stata di sbigottimento. Qualche portavoce ministeriale ha smentito, qualche altro parla vagamente di «decisioni che nessuno vorrebbe prendere e che però sono necessarie». Ma ciò che l’Europa grande creditrice chiederebbe ora alla debitrice Grecia, in bilico sulla soglia dell’euro, sembra davvero senza precedenti: una settimana lavorativa allungata a 6 giorni compreso il sabato, turni di riposo che non superino le 11 ore consecutive (lasciando così all’opzione-lavoro le altre 13), preavvisi di licenziamento dimezzati, meno vincoli al trasferimento di un lavoratore dal turno di giorno a quello di notte, restrizioni ai salari minimi, netta riduzione delle liquidazioni quando il lavoratore in uscita percepisce già una pensione.
Tutto questo sta, secondo le prime anticipazioni di stampa non ancora confermate da fonti ufficiali, su una lettera email inviata al governo greco dalla «trojka», la commissione incaricata di vigilare sul risanamento del Paese e composta da inviati della Banca centrale europea, della Commissione Europea e del Fondo monetario internazionale. «Niente di ufficiale, e comunque è escluso che se ne discuta con la trojka», è l’unico commento filtrato da Atene. Le nuove misure dovrebbero far parte dei tagli di bilancio da 11,6 miliardi promessi dalla Grecia in vista della prossima fetta di aiuti già stanziati (31,5 miliardi). Ragionamento di fondo: più flessibilità, uguale più produttività. Ma ad Atene, e soprattutto nella Confederazione generale dei sindacati greci, non la vedono così, e già alzano le loro barricate ideali. Per esempio: come mai in Germania, che è il Paese più produttivo dell’intera Ue, non ci sono «catene» così pesanti? E perché mai una settimana lavorativa allungata di un giorno dovrebbe ridurre la disoccupazione nel Paese che già guida le statistiche dei senza lavoro? Le risposte dal fronte opposto sono altrettanto sferzanti: in diverse capitali si dice ormai apertamente che gli ultimi prestiti non sono bastati, e che nuove misure di austerità sarebbero indispensabili. Mentre Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, e il primo ministro uscente dell’Olanda Mark Rutte, avvertono: la Grecia resterà nell’euro, ma non avrà un terzo pacchetto di aiuti.
La trojka dovrebbe tornare ad Atene in questi giorni, e a ottobre dovrebbe pronunziare la sua ennesima diagnosi-sentenza. Ma le nuove richieste europee, se confermate, rischiano di accrescere le difficoltà del governo. Ieri, giudici e dirigenti dei tribunali manifestavano davanti alla Corte suprema di Atene contro i tagli dei loro stipendi. Per oggi è convocata una manifestazione di poliziotti e vigili del fuoco. E intanto, prima ancora che la trojka si pronunci, un’altra sentenza arriva dal Forum economico mondiale, che ha presentato in Svizzera il suo rapporto annuale sulla competitività nel mondo: dice che, nella classifica di 142 Paesi, la competitività greca è precipitata di sette gradini fino a raggiungere il novantesimo posto. Secondo lo stesso rapporto, la Grecia ottiene oggi il peggior risultato, fra tutte le altre nazioni europee. «Deve mantenere i suoi impegni», avrebbe detto ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel, cioè riempire i troppi buchi di bilancio: resta da dimostrare che, per farlo, la via giusta sia lavorare al sabato.
Luigi Offeddu
loffeddu@corriere.it