Notizie tratte da: Benny Lai # Finanze Vaticane. Da Pio XI a Benedetto XVI # Rubettino Editore 2012 # pp. 156, 12 euro., 6 settembre 2012
La Chiesa e i soldi
Notizie tratte da: Benny Lai, Finanze Vaticane. Da Pio XI a Benedetto XVI, Rubettino Editore 2012, pp. 156, 12 euro.
• La Santa Sede. […] undicimila stanze, con cinque cortili e poche strade, il tutto racchiuso entro i quarantaquattro mila metri quadrati su cui il Papa esercita la potestà temporale, […]. (p. 5)
1) PIO XI E IL CONCORDATO
• [...] Indennità di due miliardi di lire […] Pio XI rilevava come la somma, con relativi interessi, fosse quella che lo Stato italiano si era unilateralmente impegnato a pagare dopo l’occupazione di Roma con la legge delle Guarentigie del 1871. (p. 8)
• […] Francesco Pacelli, il quale spiega come nel novembre del 1927 le trattative si arrestino per oltre un mese, dopo la respinta richiesta di Mussolini di raccogliere due miliardi [QUELLI CHE CHIEDEVA PIO XI] con una sottoscrizione mondiale e come sia stata la Santa Sede ad accontentarsi di quanto stabilisce la Convenzione finanziaria: un miliardo e 750 milioni di lire pagati, parte in contanti e parte in titoli al portatore. (p. 8)
• Il Papa diede a Bernardino Nogara l’incarico di gestire i fondi provenienti dalla Convezione finanziaria. (p. 8)
• Fino allora il Vaticano aveva vissuto con i resti del patrimonio posseduto prima della breccia di Porta Pia, con lo scarso gettito delle tasse ecclesiastiche, i lasciti e soprattutto con la raccolta di spontanei contributi dei fedeli chiamata «Obolo di San Pietro». Una pratica antica, risorta appunto durante il pontificato di Pio IX, quando il gettito delle elemosine divenne un segno distintivo dei cattolici in soccorso del Papa. Somme ricevute ora da parroci, ora da presuli o da organizzazioni spontanee sorte in Europa e fuori d’Europa, che spedivano le offerte in Segreteria di Stato perché fossero consegnate nelle mani del pontefice quando non erano portate personalmente a Roma per deporle, e non in senso lato, ai piedi del trono pontificio. (p.9)
• «[...] È facile immaginare, perciò, quale sorpresa suscitò nel chiuso ambiente curiale, l’intenzione di Pio XI di affidare i suoi pasti e la custodia dell’appartamento papale privato a Teodolinda Banfi, una vecchietta brianzola cresciuta in casa Ratti. Mai una donna senza velo e soggolo era entrata nella casa del papa. Fu necessario un autentico atto di autorità per far superare le mura a quella donna minuta e segaligna» (Archivio dell’autore) [nota 12, p. 105].
• «Nel chiamare i suoi collaboratori, Pio XI amava sentirsi rispondere in una sola maniera: "Comandi!" Erano guai per chi dimenticava la regola, come minimo una pioggia di rimproveri cadeva sul colpevole. Un giorno un monsignore entrò nella stanza dove il Pontefice si intratteneva con il cardinale Pacelli, dicendo semplicemente "Desidera Santo Padre?’: Inevitabile la reprimenda di papa Ratti nonostante il cardinale mostrasse palesemente di trovarsi in imbarazzo. Ma non appena il Pontefice terminò di parlare, con tutta calma il monsignore spiegò: "Il desiderio del Papa è sempre un comando"» (B. LAI, Cento anni d’Italia 1870-1970, Atlante Storico, «Il Resto del Carlino»,1970, p. 21). [nota 12, p. 105]
• Bernardino Nogara era un uomo alto, circa un metro e ottanta, piuttosto legnoso. Proveniva da una grande famiglia così cattolica da piangere per l’ingresso dei bersaglieri a Roma, con la breccia di Porta Pia. (Archivio dell’autore) [nota 17, p. 106. C’è anche il resto della biografia]
• Benedetto XV, un genovese così attento al modo in cui era speso il denaro da far nascere in Curia la storiella che leggeva un solo giornale al giorno per non spendere molti soldi. In realtà la sua generosità era tale che quando mori non si trovò, nei fondi giunti al Papa con l’Obolo, neppure il necessario per provvedere alle spese del Conclave. Fu necessario richiedere un prestito. (p.12)
• «[…] Monsignor Cremonesi […] Lo interruppi domandogli cosa fossero le Opere di Religione, e lui di rimando: "Un ufficio che amministra i depositi degli istituti religiosi, degli enti ecclesiastici e, soprattutto di persone che destinano i capitali in un modo o nell’altro, parziale e futuro, alle Opere di Religione: è una banca. Tu sai che vengo da una famiglia di banchieri"[...]. "Adesso il lavoro si va allargando, cerchiamo qualcuno che possa aiutarci, giovane, inserito nell’ambiente e con la tua pratica di mercato [...]" disse ancora lui. "Quanto si prende?" chiesi, E lui a spiegarmi che con il regolamento sostituivo di quello del 1926 gli officiali erano divisi in quattro categorie, da 1.400 a 2.000 lire al mese più 50 lire per il trasporto. Già, perché fino a una certa epoca, credo al passaggio tra Leone XIII e Pio X, mandavano a prendere gli impiegati con carrozze condotte da cavalli chiamati "morelloni" perché erano neri. Quindi queste 50 lire compensavano il trasporto di una volta. Dunque, si trattava di lavorare solo al mattino, fino all’ora di pranzo e guadagnare 1400 lire al mese. Accettai subito. […]». (Conversazione di Massimo Spada con l’autore, 7 marzo 1979) [nota 21, p. 108]
• […] «il Papa banchiere», come avevano cominciato a chiamare Pio XI. (p.13)
• […] Papa Ratti aveva stabilito di spendere circa un terzo della somma ricevuta nell’attività edilizia (si era arrampicato fino alla balaustra della cupola, diciamo al tamburo, per vedere dall’alto i quarantaquattro ettari del suo minuscolo territorio e individuare le località in cui edificare), […]. Una decisione per certi versi necessaria per la creazione dello Stato Città del Vaticano dato che, dopo aver abbattuto le antiche case sorte a ridosso della basilica di San Pietro, neppure un’ala dei Sacri Palazzi rimase com’era una volta. […] Una seconda parte della somma fu impiegata per la ricostruzione delle sedi delle ormai cadenti nunziature e delle delegazioni apostoliche all’estero, mentre il resto dell’indennizzo fu adoperato dalla Speciale al fine di creare un patrimonio sotto il diretto ed esclusivo controllo papale. (pp. 13-14)
• La struttura dell’Amministrazione Speciale, che aveva sede nel cortile di San Damaso, era snella, composta da sette o otto persone ed ebbe la peculiarità, almeno fino al 1954, di essere l’unico ufficio in Vaticano senza nessun sacerdote: un ufficio laico nel vero senso della parola». (E. Quadrani) [nota 24, p. 109]
• […] Nel 1933. A questa data il Vaticano aveva già una riserva aurea del valore di cento milioni di lire. (J. F. Pollard, L’Obolo di Pietro, cit., p. 219) [nota 28, p. 109]
• «Mi hanno detto che la prima volta che Pio XI incontrò Nogara per affidargli l’incarico di gestire la Speciale gli disse: "So che le interrompo una brillantissima carriera di finanziere" e lui si prosternò. Per dimostrarle come il Papa lo trattava bastano due particolari. Quando sapeva che aveva ospiti, e lo sapeva perché gli aveva assegnato un appartamento in una nuova costruzione del Vaticano, il palazzo del Governatorato, dava ordine al giardiniere di tagliare alcune orchidee per guarnire i1 tavolo da pranzo e mandava una scatola di cioccolatini alla signora Nogara» (Conversazione di Massimo Spada con l’autore, 28 marzo 1971) [nota 29, p. 109]
• Per la prima volta dal 1870, infatti, la Speciale comprò in Italia e all’estero azioni e non obbligazioni, che erano l’acquisto tradizionale delle amministrazioni vaticane. (p. 15)
• […] Papa Ratti. Sovente, però, questi si preoccupava della crisi economica in corso, tanto da stupire uno dei prelati a lui più vicini, Domenico Tardini, che il 30 novembre del 1933 scriverà nel suo diario: «[...] Il Papa si trattiene volentieri a parlare con me sull’argomento che più lo preoccupa: la crisi economica mondiale. A prima vista fa un po’ meraviglia che quest’uomo - nelle cui mani sono tanti e così alti interessi spirituali - parli con più calore della caduta del dollaro che del decadimento morale, lamenti con più acuta amarezza la perdita dei soldi che non la rovina delle anime o le fosche nubi delle lotte e delle persecuzioni che si addensano sulla Chiesa. Sembrerebbe quasi che nella navicella di Cristo il battelliere sia diventato banchiere [...]». Proseguendo: «Vedi - mi diceva - io reputo una grande ispirazione di Dio quella che mi ha spinto a spendere. Almeno ora ho case parrocchiali, chiese, seminari, edifici. Invece i soldi oggi nulla più valgono, gli interessi dileguano, i capitali svaniscono [...]». (pp. 16-17)
• Una volta, ad esempio, il Papa, accompagnato dalla corte, volle inaugurare di persona il sistema per innaffiare i giardini e si udì la voce di Cremonesi il quale commentava le congratulazioni pontificie dicendo «Bello, bello si bagnano i prati [...] e si asciugano le tasche». Un’altra volta in pubblico, dinanzi al ritratto di Pio XI vestito di bianco che punta il dito su un plastico della Città del Vaticano, Cremonesi mormorò a voce bassa, ma non tanto da non essere udito: «Ecco il Papa ha messo il dito sulla piaga». (Conversazione di Massimo Spada con l’autore, cit.) [nota 41, p. 112]
• Un giorno, avendo accordato udienza speciale alla famiglia del marchese Nannerini, colonnello della sua Guardia Nobile, il Papa si trovò di fronte schierata l’intera figliolanza, 18 tra maschi e femmine, del nobile. «Cos’è questa folla?» chiese subito maliziosamente e, poi, mentre il marchese
faceva la presentazione di ciascuno: «Ma lei», lo interruppe «avrà certamente un catalogo [...]». (C. Falconi, Op. cit., p. 229) [nota 42, p. 112]
• La mattina del 10 febbraio 1939, ventiquattro ore dopo la morte di Papa Ratti, un monsignore, il genovese Angelo Pomata, che portava tra le mani un fazzoletto colmo di soldi si presentò dinanzi a uno sportello delle Opere di Religione, gestito come cassiere da Massimo Spada. Il monsignore era stato inviato dal cardinale Eugenio Pacelli, che con la scomparsa del Papa aveva assunto l’autorità di Camerlengo, perché depositasse il denaro trovato nel cassetto della scrivania del Papa, in lire e dollari. Spada aprì sotto la dizione Segreteria di Stato-Obolo nuovi conti correnti. (p. 20)
• «La svolta avvenne quella mattina. Quando monsignor Angelo Pomata mi portò tutti quei soldi trovati dal Camerlengo Pacelli nello studio del Papa morto. Nel fazzoletto vi erano biglietti di banca italiani per 1650 mila lire e 1200 dollari. Il denaro italiano fu depositato sul conto corrente numero 1617 intestato Segreteria di Stato-Obolo, i dollari sul conto corrente 51170, con la medesima intestazione dell’altro. Poi tutti andammo a rendere omaggio alla salma dello scomparso». (Conversazione di Massimo Spada con l’autore, cit.) [nota 44, p. 112]
2) PIO XII, LA SECONDA GUERRA MONDIALE E LO IOR
• […] Nel pomeriggio del 2 marzo 1939 […], al termine delle prime tre votazioni, Eugenio Pacelli fu eletto Papa e prese il nome di Pio XII. (p. 21)
• «Gli elettori del collegio cardinalizio sono sessantadue. Con una forte maggioranza di italiani (trentacinque, pari al 56 per cento del totale), ventisette appartengono agli altri Paesi del mondo. Ventisette sono anche i porporati della Curia romana, tutti italiani eccetto uno, il francese Eugène Tisserant [... ] Colpisce in ogni caso la rapidità con cui si forma la schiacciante maggioranza dei sostenitori del Camerlengo. Quello del 1939, con le sue tre votazioni, rimarrà il Conclave più rapido del secolo [... ]». (A. Tornielli, Pio XII-Eugenio Pacelli - Un uomo sul trono di Pietro, Mondadori, Milano 2007, pp. 300-303) [nota 2, p. 112].
• «Il concetto di partecipazione azionaria l’ha portato in Vaticano Bernardino Nogara. […] Non esisteva in Vaticano l’idea della partecipazione azionaria prima del 1929, e lui, Nogara, che l’ha portata […]» (Conversazione di Massimo Spada con l’autore, 3 aprile 1972) [nota 7, p. 114]
• «Mio padre mi raccontò che dopo la scoppio della guerra, quando l’Italia stava per entrare in conflitto con l’Inghilterra, la sede londinese della Comit stava per essere requisita perché di proprietà di una banca italiana. Nogara salvò la situazione facendo affiggere dei cartelli all’esterno
che affermavano perentoriamente come la Comit non fosse di proprietà italiana, ma appartenesse all’Amministrazione Speciale della Santa Sede. Lo stratagemma funzionò e la sede non fu mai confiscata». (E. QUADRANI, Op. cif., p. 109) [nota 8, p. 114].
• […] con chirografo di Pio XII del 27 giugno 1942 [NASCE ] l’Istituto per le Opere di Religione, dotato di personalità giuridica propria. Un nuovo ruolo fu quindi attribuito all’istituzione chiamata subito con l’acronimo I.O.R. per distinguerla dall’amministrazione precedente. (p. 24)
• L’attività della banca vaticana, come ormai tutti chiamavano lo Ior, non era sfuggita a Mussolini, il quale nel novembre del 1943 da Salò fece chiedere confidenzialmente a Pio XII di mandare qualcuno del Vaticano dal suo ministro delle Finanze a Roma, Domenico Pellegrini Giampietro. […] E l’incarico, […] cadde su Massimo Spada, che allora era segretario amministrativo dello Ior. […] «Fui introdotto - mi racconterà Spada - nello studio del ministro, quello in cui si trova lo scrittoio che si dice sia stato di Cavour. Mi trovai innanzi a un piccoletto, un avvocato napoletano, vivace e arguto, il quale mi disse: "So bene che lei mi deve ignorare perché ufficialmente io non esisto. Ho comunque voluto vedere qualcuno del Vaticano perché a nome di Mussolini e mio dobbiamo ringraziarvi per l’aiuto che ci state dando”. E mi spiegò che il ringrazimento riguardava il massiccio acquisto fatto dallo Ior di Buoni del Tesoro. A quel tempo, infatti, vi erano sul mercato italiano due tipi di titoli pubblici: uno era la rendita al 3,50 per cento emessa se non vado errato dal ministro del Tesoro Luigi Luzzatti; gli altri titoli erano le emissioni fasciste, a partire dal 1930, di Buoni del Tesoro in genere. La vecchia rendita prefascista era molto apprezzata dai risparmiatori perché le Cedole riportavano la scritta - come si usava in quella felice epoca in cui la lira faceva premio sull’oro - che potevano essere pagate anche in sterline, franchi svizzeri e franchi francesi. Così parecchi, credendo ingenuamente a una simile eventualità, avevano fatto raggiungere alla vecchia rendita un’alta quotazione. Al contrario le emissioni del governo fascista avevano subito un tracollo [..] In particolare i Buoni del Tesoro del 1935 al 5 per cento, dati in pagamento ai possessori di valuta e titoli esteri, obbligati per decreto a versarli allo Stato. Questi buoni del Tesoro, redimibili con scadenza novennale, cioè nel 1944, venivano offerti sul mercato a un prezzo assai conveniente, a 55 lire, quasi la metà del valore nominale. Di qui l’acquisto da parte dello Ior in quantità tale da, contribuire a mantenerne il prezzo che altrimenti sarebbe sceso a poche lire. Ai ringraziamenti del ministro risposi con molta franchezza che il nostro intervento non era dipeso soltanto dal voler aiutare l’Italia in un momento così drammatico anche sotto l’aspetto finanziario, ma di aver ritenuto di fare un buon affare. Lui però insistette. Mi pregò di informare il Papa e
le autorità vaticane che Mussolini aveva molto apprezzato il sostegno datogli in quell’occasione. […] E lo facemmo davvero un buon affare quando i titoli giunsero a scadenza». (pp. 25-26)
• In un carteggio di Babuscio Rizzo si sostiene che Pio XII avesse progettato nel 1944, ancora prima della fine del conflitto, d’ottenere un ampliamento del territorio vaticano tale da includervi uno sbocco al mare e un aeroporto. Progetto fatto conoscere agli angloamericani. Spada, amico di Babuscio Rizzo, conferma questa indiscrezione. (Conversazione di Massimo Spada con l’autore) [nota 21, p. 116]
• Scandalo Monsignor Cippico, estate 1948: (p. 29) e [nota 23, p. 117].
3) GIOVANNI XXIII E LA RICCHEZZA VATICANA
• Alla morte di Pio XII l’obolo ammontava a 25 miliardi di lire. (p. 33)
• […] Giovanni XXIII […] aveva in animo di aumentare le retribuzioni dei dipendenti della Santa Sede. [..] Spesa assai onerosa, […]. L’aggiornamento degli stipendi desiderato dal Papa ed effettuato da Tardini, avvenne con un’abile, duplice risoluzione: applicando percentuali diverse a seconda del compenso percepito, per cui più basso era lo stipendio, più alto l’aumento ricevuto e facendo propaganda affinché le offerte dei fedeli divenissero più generose. Per realizzare quest’ultimo scopo l’8 ottobre del 1959 Tardini convocò la stampa italiana e straniera a villa Nazareth, sede di un istituto per la formazione di ragazzi dotati, ma sprovvisti di mezzi per studiare. E fu la prima conferenza stampa tenuta da un Segretario di Stato. (pp. 33-35)
• Giovanni XXIII, nel gennaio del 1961, visitando per diversi giorni i vari dicasteri del suo piccolo Stato, annotò su un quaderno anche le ore trascorse sia negli uffici dell’Amministrazione Speciale sia in quelli dell’Istituto per le Opere di Religione, presieduti da di Jorio, commentando: «Nell’uno e nell’altro non ci sono che laici: ma, si vede, tutta brava gente ben scelta, bene educata e cristiana». (p. 36)
• Nei primi tempi del pontificato, Giovanni XXIII, che non aveva mai amato il denaro, mostrava scarsa dimestichezza con gli affari finanziari. Se ne ebbe una prova in occasione dei lavori di restauro della Torre un tempo chiamata Pertusa, e successivamente di San Giovanni, […]. Lavori da lui non richiesti e tanto costosi che nessuno ebbe il coraggio di riferirgli il costo dell’opera. Si limitarono, in un secondo tempo, a rispondere alle sue domande sulle spese, parlando di qualche decina di milioni invece dei previsti miliardi. […]». (pp. 37-38)
• Nel diario di Giovanni XIII si legge: «[…] Non amo che si facciano grandi spese per la mia persona, ma anche qui torna utile il niente domandare e il niente rifiutare. Soprattutto nessuna ansia e nessuna fretta» (M. Roncalli, Giovanni XXIII, cit. p. 498) [nota 8, p. 119]
• [MORTO IL CARDINALE DOMENICO TARDINI] Il lutto impegnò Giovanni XXIII a trovare rapidamente un altro Segretario di Stato, […]. Lo trovò […] mandando a chiamare a Castel Gandolfo […] il quasi settantanovenne cardinale Amleto Cicognani […]. Amleto Cicognani rispose positivamente rendendo entusiasta il fratello Gaetano Cicognani, anche lui cardinale, il quale recatosi dal Papa prima che l’annunzio della successione fosse reso pubblico, si sentì dire: «Avevo pensato a Vostra Eminenza, ma poi mi sono detto: quali commenti farà la gente nell’apprendere che un Pontefice ottantenne chiama a suo Segretario di Stato un cardinale ugualmente ottantenne!». Non aggiunse altro. (p. 40)
• Alla morte di papa Roncalli l’Obolo era salito a 35 miliardi di lire.
4) LA RIFORMA DI PAOLO VI E IL CASO SINDONA
• […] Paolo VI, sufficientemente preoccupato per il salasso causato alle finanze dalle sessioni del Vaticano Secondo, pari a circa 700 miliardi di lire l’una, e l’alto costo definitivo dell’impresa. (p. 44)
• «La somma della terza sessione le sembrerà enorme. Siamo intorno ai 700 miliardi di lire. Solo l’affitto dei tubi per l’impalcatura all’interno della Basilica di San Pietro supera i 35 milioni. Ci aggiunga, poi, il vitto e l’alloggio per i vescovi più poveri (molti dei quali sono ospitati presso
case religiose) e quello che viene giornalmente pubblicato; quintali e quintali di documenti, bozze, schede etc.». (Conversazione del cardinale Gustavo Testa con l’autore, 4 dicembre 1964) [nota 2, p. 122]
• «Secondo dichiarazioni ufficiose il Concilio ha comportato una spesa di 4 miliardi di dollari». Il dollaro equivaleva allora a L. 600, quindi 2700 miliardi di lire. Concilio Vaticano II, cronache a cura di G. Coprile, Roma 1965, p. 547) [nota 2, p. 122]
• […] l’enciclica Regimini Ecclesiae Universae, […] riguardava appunto la costituzione della Prefettura degli Affari Economici: organismo cui debbono fare capo tutte le amministrazioni finanziarie della Santa Sede e perciò in grado di redigere un bilancio generale della Santa Sede mai più compilato dalla fine del potere temporale. […] L’unico organismo a rimanere autonomo fu lo Ior. […] Angelo Dell’Acqua accettò di presiedere la Prefettura degli Affari economici. […] Tre mesi dopo la nomina, il 13 gennaio 1968, Dell’Acqua abbandonò l’incarico […]. (pp. 44-45)
• «In simili casi il Vaticano diviene un borgo paesano, il chiacchiericcio si intreccia e si aggruma, chierici e laici hanno ricevuto tutti una particolare confidenza. Allora scernere i1 vero dal falso, il verosimile dall’autentico, diviene un’impresa. Poi, talvolta casualmente, qualcuno ti mormora una frase, quella buona, e una parte almeno delle ombre si disperdono. La frase, lo sfogo di Dell’Acqua a un amico, è stato: "Non mi piaceva mettere la mani nelle tasche degli altri"». (B. Lai, L’obolo fluttuante, «Il Resto del Carlino», cit.) [nota 7, p. 123]
• Biografia di Paul Casimir Marcinkus alla nota 18, p. 125
• «Lei è ricco. Può aiutare la Santa Sede» aveva detto Benelli [SOSTITUTO DELLA SEGRETERIA DI STATO] a Michele Sindona. (p. 52)
• Marcinkus, il quale nel gennaio del 1971 subentrò a di Jorio nella carica di presidente dello Ior. […] Soddisfatto […] monsignor Macchi che […] aveva finalmente una persona di sua fiducia nella banca nella quale era depositalo anche un «conto personale» del Papa: un conto diverso da quello relativo all’Obolo gestito dall’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Una netta separazione fra la tradizionale elemosina, vale a dire l’Obolo, e i doni in denaro versali al Papa per suo esclusivo uso. Conto personale presso lo Ior voluto da Paolo VI, il cui accantonamento gli consentiva di agire in libertà, dal rinnovamento esteriore della Chiesa a regali natalizi, alle opere di ammodernamento compiute in Vaticano. Si era proprio utilizzato questo conto per sostituire nell’appartamento del Papa di rappresentanza e in Segreteria di Stato i rossi broccati alle pareti con parati di lino dalle tenui tonalità, fonte di polemiche discussioni. «Non le paiono colori da "boudoir"?», aveva chiesto un prelato al cardinale Vagnozzi. «Non lo so - rispose quest’ultimo non sono mai stato in un "boudoir"». (p. 54)
• Nel 1974 Sindona fuse la Banca Unione e la Banca Privata Finanziaria nella Banca Privata Italiana che nacque - come poi si seppe - senza patrimonio. […] Sindona si era rifugiato negli Stati Uniti, […] l’estradizione in Italia solo dopo parecchi anni, nel 1984. (pp. 54-55)
• «Capelli bianchi, calvizie accentuata, occhi affossati e arrossati dalla stanchezza, volto pallido ed emaciato, fisico rinsecchito. L’immagine di un vecchio. I cronisti raccontano che Michele Sindona abbia sorriso quando martedì 25 settembre è apparso in cima alla scaletta dell’aereo che da New York l’aveva portato in Italia» (G. SImoni, G. Turone, Il caffè di Sindona, pp. 67-68) [nota 31, p. 128]
• La nascita della Banca Privata Italiana era stata autorizzata dalla Banca d’Italia il 29 luglio e messa in liquidazione dal Ministero del Tesoro il 27 settembre 1974. (p. 55)
5) GIOVANNI PAOLO II E L’AMBROSIANO DI CALVI
• […] Wojtyla, che un anno dopo, nel 1979, radunò a Roma, in nome della collegialità, tutti i cardinali, anche ultraottantenni, «per rimettere ordine all’interno della Chiesa». […] Suggerimenti seguiti dall’esposizione del disavanzo di 17 miliardi di lire per il 1979 «con prevedibile aumento per il 1980». Un passivo che, comunicato ufficialmente per la prima volta nella storia della Santa Sede, lasciò sufficientemente impensieriti i cardinali, […]. (pp. 60-61)
• «E lei crede veramente che il deficit del bilancio vaticano sia coperto esclusivamente dall’Obolo? Sono finiti i tempi in cui di Jorio dava al papa qualcosa. Già da anni è lo Ior che fornisce una quota dei suoi utili, quota che serve a ripianare il disavanzo» (Conversazione di Massimo Spada con l’autore, 3 aprile 1980) [nota 11, p. 132]
• […] il bilancio consolidato del 1980 registrava un passivo di 31 miliardi di lire, quasi il doppio di quello emerso l’anno precedente. Il dato era contenuto in un documento di trentasei pagine, comprendente un completo bilancio, reso noto non soltanto al Papa o al segretario di Stato ma - ed era la prima volta dal 1870 - a un folto gruppo di cardinali. (p. 62)
• «Marcinkus ha illustrato l’attività della banca vaticana fornendo per la prima volta il numero totale delle opere di religione a cui bada. Ha detto che lo Ior gestisce il patrimonio di ben 8.746 opere di religione in tutto il mondo. Appartengono a diocesi, ordini religiosi, istituzioni, fedeli. Tutto ciò fornisce un reddito così notevole da offrire al Papa, talvolta, la copertura per due terzi del passivo della Curia. I cardinali avrebbero voluto dire queste cose in una conferenza stampa, ma poi non è stato possibile». (Conversazione di monsignor Roineo Panciroli dell’autore, 19 marzo 1982). [nota 23, p. 134]
• […] intervento alla Camera dei deputati del ministro Andreatta, il quale, nel rispondere a interrogazioni e interpellanze (quel giorno, un venerdì, c’erano solo sedici deputati in aula) sulla vertenza Ior-Ambrosiano, precisò che l’istituzione vaticana doveva rispondere di 1287 milioni di dollari. […] rifiuto dello Ior di pagare i circa 1287 milioni di dollari di cui aveva parlato Andreatta - somma che avrebbe significato mandare in malora la Santa Sede. (p. 66-67)
• «[…] Poi ci hanno sottoposto il bilancio della Santa Sede per il 1982, che parla di una spesa di 99 miliardi di lire ed un Obolo pari a 21 miliardi di lire. Rispetto al 1981 c’è un saldo attivo
di 4 miliardi e 786 milioni di lire, pari alla differenza tra le entrate e le uscite di 94 miliardi 610 milioni di lire. Ieri sera Caprio mi diceva che il Papa paga per ogni viaggio. E questo non lo sapevo» (Conversazione del cardinale Giuseppe Siri con l’autore, 27 novembre 1982) [nota 33, p. 135]
• Il 21 maggio 1984 lo Ior raggiunse un gentlemen’s agreement con le 120 banche estere creditrici dell’Ambrosiano Holding impegnandosi a versare a titolo di donazione volontaria 240,9 milioni di dollari, pari circa a 400 miliardi di lire. (p. 69)
6) L’ADDIO DI MARCINKUS
• […] il piacentino Casaroli, detto il flying cardinal per aver condotto in porto le più difficili trattative vaticane con l’estero. (p. 71)
• […] il canone 1271 che prescrive ai presuli «secondo le disponibilità delle proprie diocesi di fornire i mezzi necessari alla Santa Sede». (p. 72)
• […] Nuova e inaspettata esplosione del caso Ambrosiano, nata in seguito ai mandati di cattura emanati contro Marcinkus, Mennini e De Strobel. […] la magistratura milanese, impegnata nel crac del vecchio Ambrosiano accusava i tre dirigenti della banca vaticana di bancarotta fraudolenta in concorso con il defunto Roberto Calvi. Già la stampa del resto aveva dato notevole rilievo alle comunicazioni giudiziarie promosse dal tribunale di Milano contro i tre imputati, costretti a vivere entro le mura leonine: Marcinkus in un comodo appartamento del palazzo del Governatorato, gli altri due in modesti appartamentini dell’Ospizio di Santa Marta, alla periferia della città vaticana. (p. 73)
• […] l’articolo 11 del Trattato del Laterano sulla esenzione da ogni ingerenza dell’Italia nei confronti degli enti centrali della Santa Sede, inserita nella bozza del Trattato per volontà di Pio XI e più volte modificata prima della firma, precisando che per enti centrali della Chiesa si intendevano le istituzioni aventi «carattere di universalità» o «gestiti direttamente dalla Santa Sede». Ma per elencare quali fossero questi enti si era aspettato fino al 1942 allorché Mussolini esonerò gli organismi vaticani dall’imposta sui dividendi dei titoli azionari. Solo allora nello stenderne la lista, insieme con i dicasteri, i tribunali e gli uffici, era stato inserito lo Ior «in quanto amministra fondi della Santa Sede». Ne conseguiva la non perseguibilità per il tribunale vaticano di Marcinkus e degli altri due dirigenti dello Ior da parte dello Stato italiano […]. (p. 74)
• «Si suppone che il Vaticano sia un posto dove si trova la gioia. Ma mettete insieme tre o quattro preti e subito si mettono a criticare altre persone. Viene voglia di dire: "E che diavolo! Credevo che questo fosse un luogo d’amore! Ma in realtà questo è un paese, mi scusi se lo dico, un piccolo paese di lavandaie. Sa come fanno, vanno al fiume, lavano i panni, li sbattono, ci giocano, strizzano fuori tutto lo sporco. Nella vita normale la gente si occupa di altre cose, ma qui [... ]. Che altro c’è di cui parlare? Quando uno sta in un posto chiuso come questo non c’è altro da fare, nessun altro posto dove andare, nient’altro di cui parlare [...] ». (Colloquio di Marcinkus con John Cornwell) [nota 11, p. 139]
• [1986] «[…] A consultivo è stato verificato un disavanzo di gestione di L. 76.633.280.266 (pari a dollari 56.723.375 al cambio del 31/12/1986 di L. 1.351 per dollaro). Per il 1987 si prevede un disavanzo di L. 77.153.000.000 (al cambio attuale pari a circa dollari 59.349.000) con un incremento inferiore all’1% rispetto al 1986 [ ...]. Le spese della Santa Sede nel 1986 sono state di L. 153.989.138.865 (113.981.598.000). Nello stesso anno le rendite sono state di L. 77.355.858.599 (pari a 57.258.222 dollari). Per il 1987 esse sono previste in circa L. 69.571.000.000 (al cambio attuale circa 53.500.000 dollari); le spese in L. 146.724.000.000 (circa 112.860.000 dollari). (dal Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, 22 ottobre 1987) [nota 22, p. 141]
• Nelle note di commento al bilancio si legge: «Nell’esercizio 1987 a rendite complessive per 80.552 milioni si sono contrapposte spese per un totale di 155.132 milioni: l’effetto finale è stato quindi un’eccedenza di spese sulle rendite pari a 74.600 milioni. Tale eccedenza risulta complessivamente coperta: sulla copertura in parola l’apporto dell’Obolo di San Pietro è pari a 58.813 milioni. Rispetto allo scorso esercizio, che aveva visto un’eccedenza di spese pari a 76.633 milioni, l’esercizio 1987 segna un minor disavanzo di 2.033 milioni». (Praefectura Rerum Oeconomicarum Sanctae Sedis, Consuntivo Economico Generale della Santa Sede. Esercizio 1987. Archivio dell’autore). [nota 29, p. 143]
• […] Casaroli, il quale si era convinto di dover dare lo Ior in mano a laici in grado di saperlo gestire, possibilmente banchieri. […] E il primo nome fu quello di Angelo Caloia, a quel tempo presidente del Mediocredito Lombardo (e lo sarà fino al 1996), il quale venne a Roma per dar vita a una sorta di Consiglio di Amministrazione dello Ior, o meglio, al Consiglio di Sovrintendenza. […] trascorsero solo tre mesi […] per la prima formale riunione dei cinque banchieri laici componenti il neonato Consiglio di Sovrintendenza. […] Adunanza che costatò come la Santa Sede fosse divenuta finanziariamente meno dispendiosa, nel senso che il consuntivo per il 1988 presentato da Caprio, rispetto al preventivo, comportava una riduzione del deficit di ben 5 miliardi e 200 milioni di lire. Previsto per 77 miliardi e 312 milioni si era attestato sui 74 miliardi e 723 milioni, «grazie allo sforzo di austerità perseguito dai vari Organismi della Santa Sede». Non solo, il disavanzo era stato coperto in gran parte dalle offerte giunte al Papa, cioè dall’Obolo, per il restante, dalle riserve. Le previsioni, tuttavia, erano pessimistiche a causa delle ingenti spese previste per la modernizzazione degli uffici, della tipografia vaticana e della radio. Il quotidiano della Santa Sede, «l’Osservatore Romano», aveva denunciato un disavanzo di quasi 7 miliardi di lire, mentre la Radio aveva raggiunto un deficit di 20 miliardi e 500 milioni di lire. «Due barili senza fondo», aveva sentenziato l’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Juan Carlos Aramburu. (pp. 80-81)
• «"Santità, quando lungo il cammino capita d’inciampare in una pietra è consigliabile scansarla. Almeno così si è sempre agito nella Curia romana"; dissi una volta al Papa suggerendogli di persuadere l’arcivescovo Marcinkus a dimettersi dallo Ior. Lui stette ad ascoltarmi in silenzio, poi fece un gesto come di chi scaccia una mosca molesta […]». (Conversazione del cardinale Giuseppe Caprio con l’autore, 7 novembre 1989) [nota 43, p. 146]
• […] Marcinkus […] morì nella sua casa di Sun City a 84 anni, il 20 febbraio 2006. A un primo funerale, cui partecipò la guardia d’onore dei Cavalieri di Colombo, seguì quello ufficiale celebrato nella cattedrale di Chicago. (p. 82)
• Nell’omelia pronunciata dal vescovo Robert Lynch durante i funerali nella cattedrale di Chicago il 2 marzo 2006, il presule che nel 1979 era stato a Roma raccontò: «Mi trovavo nel suo ufficio insieme con la sua assistente Mavi Marigonda quando fu annunciato che madre Teresa
desiderava vederlo. Egli mi guardò e sorridendo disse: «Questa visita ci costerà almeno un milione di dollari. E così andarono le cose. A madre Teresa una società statunitense aveva regalato 20.000 materassi e bisognava pagarne la spedizione fino a Calcutta […]» (Chicago Tribune, 3 marzo 2006) [nota 46, p. 147]
7) I BANCHIERI DI GIOVANNI PAOLO II
• Szoka, un uomo sulla sessantina alto, magro, un poco stempiato e curvo […]. (p. 84)
• […] il cardinale americano Edmund Casimir Szoka noto come «manager» [A CAPO DELLA PREFETTURA] […] non riusciva a fronteggiare le crescenti spese. […] convinse [IL PAPA] a convocare a Roma l’assemblea straordinaria dei presidenti delle Conferenze episcopali allo scopo di ricoprire l’annuale disavanzo dei conti economici. […] Ad affrontare per primo lo scomodo tema fu il successore di Casaroli alla Segreteria di Stato, il piemontese Angelo Sodano, il quale aprì i lavori della riunione richiamandosi a un episodio biblico. Ricordò che Abramo, mentre conduceva il figlio Isacco sul monte Moria per sacrificarlo, non aveva perduto la speranza di un intervento divino tanto da rispondere «Dio provvederà» all’ignaro Isacco che chiedeva dove fosse la vittima da immolare; e Dio provvide facendo apparire l’ariete che venne ucciso in luogo di Isacco. Occorreva, perciò, questo fu il monito di Sodano, avere fiducia e credere fermamente che alla Santa Sede non sarebbero mai mancati i mezzi per far fronte ai suoi impegni economici. Fiducia condivisa dai suoi ascoltatori i quali, però, rimasero piuttosto freddi non appena Sodano suggerì di rendere tassativo il canone 1271 del Codice canonico. (pp. 84-85)
• […] il Consiglio dei porporati il quale, tuttavia, non poteva non prendere atto che nel 1990 si era registrato un disavanzo economico di oltre 97 miliardi […]. (p. 86)
•[…] Un altro terremoto finanziario si abbatteva sulle Opere di Religione: il caso Enimont […]. Lo scandalo […] divenne vaticano quando si seppe che lo Ior aveva favorito il gruppo chimico di Gardini (poi suicidatosi) mutando titoli pubblici con denaro contante da distribuire quali tangenti a noti uomini politici. [p. 88]
• «Un passo dopo l’altro, il percorso dei Cct con cui venne pagata la super marchetta Enimont si fa sempre più chiara. Sui circa 140 miliardi che furono sborsati nel 1990 ben 93 miliardi passarono attraverso la banca d’affari vaticana [...]». (R POSCIIINI, Un piduista tra Montedison e Ior, «Avvenire», 5 novembre 1993) [nota 18, p. 150]
• «Se vuole vedere il vero Skoda si alzi presto una mattina che non piove, verso le cinque diciamo, e vada dietro Cartel Sant’Angelo. Lo vedrà fare un perfetto jogging. Altro che polacco come sua madre. Quello è un vero americano». (Conversazione del cardinale Giuseppe Caprio con l’autore, 10 febbraio 1997) [nota 22, p. 150]
• […] il vecchio disavanzo (durato 23 anni consecutivi) […]. Un bilancio chiuso nel 1996 con «ricavi per 297.694 milioni di lire a fronte di costi per 297.299 milioni di lire, con un avanzo di 395 milioni». […] Un attivo per il quarto anno, che non tranquillizzava i dipendenti laici del Vaticano i quali, nonostante l’aumento del 6 per cento ricevuto da Giovanni Paolo II, temevano per il costo della vita. […] L’erosione degli stipendi era tale che persino qualche porporato, vivendo a Roma, brontolava per la povertà del «piatto cardinalizio», così da mezzo millennio veniva indicata la loro retribuzione mensile (oggi assegno cardinalizio) che allora superava di poco i quattro milioni. (pp. 89-90)
• «Il potere di [ROSARIO JOSE’] Castillo Lara [RESPONSABILE DEL GOVERNATORATO] era tale che, commentando la sigla SCV che compare sulle targhe automobilistiche vaticane, si mormorava volesse dire "se Castillo vuole" [...]». (R. ORIZIO, E dietro il portone dello Ior, Corriere Economia del «Corriere della Sera», 20 luglio 1998) [nota 26, p. 150].
• […] l’Obolo di San Pietro, vale a dire delle offerte che i fedeli cattolici di tutto il mondo danno "per la carità del Papa" e che nel 2001 sono ammontate a 51.913.309,41 dollari [...]» . («Il Messaggero», Tornano in "rosso" seppur di poco i bilanci del faticano, 6 luglio 2001) [nota 32, p. 152]
8) IL MONDO DI BENEDETTO XVI
• Alle 17,30 di martedì 19 aprile 2005 un caloroso applauso salutava il settantasettesimo voto al cardinale bavarese Joseph Ratzinger nel Conclave che lo eleggeva Papa. […] su 115 cardinali solo 2 avevano partecipato al precedente Conclave. (p. 93)
• Nessuno […] si aspettava un’elezione al secondo giorno di Conclave, dopo appena 26 ore dall’ingresso degli elettori nella Sistina. Neppure Benedetto XVI che, come confessò ai tedeschi venuti a Roma per la sua elezione, aveva chiesto al Signore di risparmiargli questo destino. (p. 94)
• «Quando lo sviluppo della votazione faceva capire che la ghigliottina si avvicinava a me, ho chiesto al Signore di risparmiarmi questo destino [...]». (Udienza alle delegazioni dalla Germania convenute per l’elezione del Sommo Pontefice, 24 aprile 2005). [nota 4, p. 153]
• Nel luglio del 2006 il cardinal Sebastiani, […] commentò l’aumento tanto dell’Obolo di San Pietro quanto dei contributi inviati dai vescovi secondo il canone 1271: l’uno per un totale di dollari 59.441.664, l’altro, pari a dollari 26.846.50,71. (p. 96)
• […] s’era appreso ufficialmente, nel senso di averlo riportato anche nel bilancio consuntivo del 2006, come la Libreria Editrice Vaticana avesse preso la tutela (perpetua e a livello mondiale) di tutte le opere letterarie del Papa. Opere che sembra portino nelle casse pontificie molti denari destinati, s’intende, al magistero papale. Non a caso Benedetto XVI nel dicembre del 2008 ha creato una Fondazione tedesca (cui è seguita qualche anno dopo un’identica istituzione italiana nel cui comitato scientifico è stato inserito anche il cardinale Camillo Ruini) con lo specifico compito di versargli parte dei suoi diritti d’autore, pari a circa a 2.500 milioni di euro, mentre il rimanente viene sempre usato da lui, ma per i suoi interventi caritativi. Nel 2007 un donatore, restato anonimo secondo espresso desiderio, ha offerto al Papa oltre 14 milioni di dollari. (p. 98)
• Di certo v’è che le finanze vaticane, […] erano meno rosse di quanto non lo fossero quelle di altri Paesi, […]. Non a caso il bilancio del 2009 registrava entrate per euro 250.182.364 e uscite per euro 254.284.520 con un disavanzo di euro 4.102.156. […] Accanto a ciò, il comunicato della Sala Stampa precisava che le Opere di Religione avevano donato al Papa 50 milioni di euro per le sue attività. (p. 98)
• «Caloia […] è personaggio ai più sconosciuto. Ma per la finanza vaticana è il parallelo perfetto di quel che è il cardinal Camillo Ruini per il governo della Chiesa in Italia: l’uno e l’altro autori di una doppia rivoluzione. Anche nelle date Caloia e Ruini hanno sempre viaggiato in parallelo. Diventano uno presidente dello Ior e l’altro presidente della Conferenza Episcopale all’inizio degli anni Novanta e sono riconfermati di quinquennio in quinquennio […]» (S. Magister, Il Banchiere del Papa racconta: ecco come ho risanato lo Ior, espressonline, 20 aprile 2012) [nota 12, p. 155]
• Molto fu determinato dalle severe norme antiriciclaggio applicate dall’Italia e dalla bufera mediatica nata in seguito a due bonifici fatti accreditare dallo Ior sui suoi conti: uno di 3 milioni di euro presso la Banca del Fucino, l’altro di 20 milioni di euro presso la J. Morgan di Francoforte. La confusione mediatica fu tale che sia Gotti Tedeschi […], sia il direttore generale dei dicastero per le Opere di Religione, Paolo Cipriani, restarono sbigottiti per l’ordine della magistratura italiana di sequestrare i 23 milioni dello Ior e di avviare indagini sul loro conto. (pp. 99-100)
• Ricorda Caloia: «In Vaticano, soprattutto allo Ior, è nota la sigla inglese “k.y.c.” che sta per “Know your custode”. In pratica vuole dire: conosci il tuo cliente (prima di aprire rapporti con lui). [nota 18, p. 156]
• […] Papa Ratzinger […] il 30 dicembre 2010 emanava una lettera apostolica in forma di Motu Proprio nella quale confermava che tutti i dicasteri della Santa Sede, compreso lo Ior, avrebbero operato secondo i criteri internazionalmente riconosciuti; […] stabiliva che gli organi giudiziari vaticani erano delegati a esercitare la giurisdizione legale anche nei confronti dei dicasteri della Curia romana e di tutti gli organismi ed enti dipendenti dalla Santa Sede. […] Ad ogni modo il Vaticano continuando a operare in campo economico, non poteva pensare di essere esente da regole che valevano per tutta la comunità internazionale. Di qui una normativa sulla base delle raccomandazioni del GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) che portò all’ingresso del Vaticano nella white list, come il GAFI e il Consiglio d’Europa definiscono gli Stati più «virtuosi» in materia finanziaria. (pp. 100-101)