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 2012  settembre 05 Mercoledì calendario

IL PRESIDENTE SI GIOCA LA CARTA DELL’AUTO

Prima di arrivare alla Convention - tra una visita in Louisiana alle vittime dell’uragano Isaac e una tappa ieri all’università di Norfolk in Virginia - Barack Obama aveva un appuntamento che non intendeva assolutamente mancare: a Toledo, in Ohio. Una tappa tutt’altro che casuale: l’Ohio rappresenta una delle carte migliori che il presidente è convinto di poter giocare durante i tre giorni della kermesse politica democratica in North Carolina e nei due mesi di campagna che restano. È uno dei simboli del salvataggio e del rilancio dell’industria americana dell’auto.
Il settore è teatro di una delle battaglie senza esclusione di colpi con gli avversari repubblicani, simbolo del ruolo dello stato nell’economia. Un ruolo che Obama difende e che il rivale Mitt Romney, al contrario, condanna. Romney è stato e resta contrario agli aiuti pubblici con i quali le case di Detroit, General Motors e Chrysler, sono sopravvissute alla crisi, la seconda pilotata verso una fusione con Fiat. Per tutta risposta i democratici alla Convention schiereranno «americani a ogni livello coinvolti nel risanamento dell’auto», ha affermato lo stratega di Obama, David Axelroad. Un documentario e l’intervento d’un lavoratore precederanno stasera il segretario generale del sindacato United Auto Workers, Bob King, superando l’imbarazzo di parlare in uno stato che vieta a molti dipendenti pubblici la contrattazione collettiva. Lo stesso Obama dedicherà parte del discorso di domani allo stadio Bank of America alla rinascita dell’auto.
La Casa Bianca combatte sfoderando cifre: avrebbe salvato quasi 1,5 milioni di posti di lavoro dal 2009, tra stabilimenti auto e imprese dell’indotto, scongiurando drammi da Grande Depressione. Ne avrebbe difesi 150mila nel solo Michigan, stato natale di Romney. E oggi in Ohio un posto di lavoro su otto resta legato all’auto, uno su 25 nell’intero Paese. Entro il 2015 le quattro ruote potrebbero creare altri 167mila impieghi. «La strategia di Romney sarebbe stata quella di far fallire Detroit», ha denunciato Obama. La campagna del presidente ha anche sottolineato come siano questi posti manifatturieri a sostenere il ceto medio schiacciato da una disoccupazione all’8,3 per cento. Il rilievo della riscossa è stato catturato in una battuta del vicepresidente Joe Biden: «Osama bin Laden è morto, la General Motors è viva».
All’apertura dei lavori democratici l’auto ha anche riservato una sorpresa positiva agli oltre 5mila delegati giunti a Charlotte: in agosto Gm ha aumentato le vendite del 10%, Chrysler del 14% e Ford del 12 per cento. Il settore, però, dietro i trionfalismi presenta una sfida tuttora aperta per l’amministrazione - con note dolenti che la espongono alle critiche repubblicane su sprechi e debito pubblico. Il salvataggio, stando alle ultime stime, potrebbe costare al Tesoro ben 25 miliardi, quasi un terzo degli 80 miliardi iniettati. Un costo legato all’investimento in Gm e che per il calo dei titoli del gruppo dal suo ritorno in Borsa è in perdita di 16 miliardi. Chrysler, da parte sua, ha restituito i prestiti ricevuti e limitato la perdita del Tesoro a 1,3 miliardi. Al passivo si sommano le incertezze sulla solidità finanziaria e il futuro del settore e di Gm in particolare: se è tornata primo produttore al mondo, la concorrenza internazionale incalza. Mentre il sindacato, che nell’auto ha un punto di forza, è popolare solo tra il 52% degli americani e rappresenta l’11% della forza lavoro.
Dal palco della Convention repubblicana ci aveva pensato il candidato alla vicepresidenza Paul Ryan a trovare simboli negativi per le politiche democratiche nell’auto: ha citato la chiusura di uno stabilimento Gm nella sua città di Janesville in Wisconsin, accusando Obama di aver tradito la promessa di riaprire simili fabbriche. Il ticket repubblicano avrebbe scelto che l’industria si ristrutturasse con le proprie forze. E assale altri casi descritti come dannose ingerenze statali nell’economia e sul libero mercato: tra questi gli incentivi pubblici per 535 milioni a Solyndra, società di pannelli solari precipitata in crisi nonostante gli aiuti.