Ugo Bertone, Libero 4/9/2012, 4 settembre 2012
AVVOLTOI USA PRONTI PER L’USCITA DALL’EURO
L’ora X scatterà di venerdì, dopo che le banche del Pireo o dalle parti di Sintagma avranno abbassato le saracinesche. In quel momento, complice un sospetto black out, i bancomat di Atene, Salonicco o di Creta smetteranno di funzionare. Via Facebook il premier Antonis Samaras (o il suo successore) annuncerà che la Grecia ha gettato la spugna. Anzi, basteranno le 140 battute di un twitter per comunicare che «da lunedì le transazioni finanziarie saranno ridenominate in nuove dracme. Seguiranno istruzioni da parte delle autorità competenti». A quell’ora, c’informa un’inchiesta del New York Times i personal computer della Ford ellenica inseriranno nei programmila nuova dracma. I più previdenti già dispongono di conti nella nuova moneta, per ora virtuale, presso Jp Morgan. Niente paura, c’è chi ha pensato anche a chi ama sentire il fruscio delle banconote in saccoccia: quel famoso venerdì, ancor prima dell’ora X (tanto sarà un segreto di Pulcinella...) i camion della Bank of America partiranno dalla frontiera turca e da quella macedone alla volta del Partenone per rifornire i clienti vip di valuta preziosa: multinazionali clienti della banca Usa, bisognose di contanti per pagare fornitori e dipendenti. O per fare buoni affari, come sempre capita nelle turbolenze della storia, quando lo Stato va in tilt e ben prima dei «ministeri competenti» e delle «autorità monetarie » entrano in azione gli specialisti della borsa nera: gli eredi spirituali, per intenderci, dei trafficanti di icone spuntati dal nulla nello sfacelo dell’Unione Sovietica piuttosto che i futuri boiardi, greci o venuti da fuori, pronti a sfruttare l’improvviso collasso di un piccolo Paese ma che può generare grandi fortune.
LUNGO ELENCO
Già, non è possibile stimare oggi l’effetto di un’uscita della Grecia dall’euro. In teoria, può essere una ritirata ordinata, condotta in accordo con i partners, disposti a concedere fin da subito i capitali sufficienti per gestire la transizione in cambio di un impegno dei debitori a far fronte, nel tempo, ai debiti (pur svalutati) nella vecchia valuta. Più facile, visti i precedenti storici, che si generi più di un «buco »nella rete: migliaia di imprese avranno fame di monete forti per acquistare materie prime o generi di consumo; il governo, anche dopo un accordo con gli altri Stati, dovrà comunque rimborsare i debiti contratti in valuta estera o contratti alla City, che rispondono alla legge inglese. I capitali, pagati a carissimo prezzo, non mancheranno: grandi armatori e gli altri ricchi ellenici, che in questi mesi hanno fatto schizzare all’insù i prezzi delle case a Londra con acquisti finanziati dai quattrini in fuga, non aspettano altro che una buona occasione per rientrare in patria con ottimi guadagni. L’elenco può proseguire quasi all’infinito: la Grecia, bisognosa di quattrini per pagare i debiti e far marciare l’economia (turismo compreso) è la vittima ideale di chi vuol fare buoni affari: nessuno (forse) sogna di acquistare il Partenone, ma qualche isola delle Cicladi o dell’Egeo magari sì. Che inverno si profila per l’Ellade. Mentre alle frontiere scaldano i motori i camion delle banche Usa, nel cielo volteggiano i fondi avvoltoio, quelli che hanno fatto incetta di obbligazioni greche pagandole a prezzi stracciati e che oggi non intendono certo fare sconti. Quindi o si paga oppure si rischia il sequestro dei beni greci presso un qualsiasi tribunale internazionale, soprattutto se si tratta di titoli emessi da Atene presso un qualche studio legale della City. In giro ce n’è per 6 o 7 miliardi, quasi tutti rastrellati da strutture come il Dart Management, finanziaria ultra segreta con base nelle isole Cayman che a maggio ha già lucrato più di 120 milioni di profitto sulle disgrazie di Atene, è pronto a fare il bis. Esentasse per giunta.
L’ESPERIENZA LEHMAN
Fantafinanza? Mica troppo. L’80 per cento dei manager delle corporations interpellate da una società di consulenza danno per «assai probabile» l’uscita della Grecia dall’area euro. A Bruxelles e a Francoforte, al di là delle smentite ufficiali, sono in tanti a pensarla così. La Bundesbank, poi, è pronta a riattivare il SoFFin, ovvero lo speciale fondo governativo a protezione delle banche tedesche creato nel 2008 come scudo dopo il crack Lehman. E qualche magnate di Colonia o Stuttgart già consulta i dépliant delle agenzie immobiliari di Creta o di Mikonos: una villa con piscina, presto, costerà come due camere e cucina nella Foresta nera. Ma vuoi mettere la differenza?