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 2012  settembre 03 Lunedì calendario

Quando il vero Duce era Claretta - L’affascinante, colto e mondano colonnel­lo delle SS Eugenio Dollmann,all’inizio degli anni Sessanta disse di essere convinto che Mussolini, piuttosto che venire liberato dai tedeschi, «avrebbe preferito restare sul Gran Sasso ad ammirare il volo del­le aquile »

Quando il vero Duce era Claretta - L’affascinante, colto e mondano colonnel­lo delle SS Eugenio Dollmann,all’inizio degli anni Sessanta disse di essere convinto che Mussolini, piuttosto che venire liberato dai tedeschi, «avrebbe preferito restare sul Gran Sasso ad ammirare il volo del­le aquile ». E aggiunse: «Tutti quelli che lo videro, dopo il suo arrivo in Germania, mi dissero che era or­mai un uomo stanco, invecchiato. Questo mi hanno ripetuto tutti. E anch’io,quando andai a fargli visi­ta, un mese dopo, alla Rocca delle Caminate, mi resi conto che ormai la sua vicenda politica era conclu­sa ».Mussolini,in effetti,stando an­che ad altre testimonianze, era or­mai convinto di essere uscito di sce­na e non è un caso che, appena libe­rato, avesse manifestato il deside­rio di non essere portato in Germa­nia. Il suo trasferimento, però, era stato deciso e voluto direttamente da Hitler ed egli non ebbe né la for­za né la possibilità di opporsi. I te­deschi avevano già deciso di utiliz­zare la carta Mussolini per dare vi­ta a uno Stato-fantoccio. Quali che siano i motivi in base ai quali egli fu spinto o costretto ad accettare la guida della Repubbli­ca Sociale Italiana, rimane il fatto che,fin dall’inizio,Mussolini fu un prigioniero dei tedeschi e che l’au­tonomia del nuovo Stato risultò praticamente nulla. Depresso e ri­dotto all’ombra di se stesso, Musso­lini fu consapevole di essere dive­nuto, politicamente parlando, un «cadavere vivente». Proprio Mus­solini. Il cadavere vivente è intitola­to un documentario che andrà in onda il 5 settembre su Raitre, la cui fonte principale è il carteggio fra Mussolini e Claretta Petacci a Salò. La relazione fra Claretta e Ben durava da tempo ed era diversa dal­le innu­merevoli avventure amoro­se di Mussolini. I due si erano cono­sciuti fortuitamente all’inizio degli anni Trenta, ma l’incontro fra la giovanissima Claretta, sognatrice romantica e infatuata di lui al pun­to d­a inviargli già da anni poesie ro­venti, sarebbe diventato presto una passione divorante, struggen­te e soprattutto stabile: una passio­ne della quale presto si cominciò a vociferare negli ambienti più vici­ni al Duce. Si pensava che Claretta potesse influenzare il suo Ben e, quindi, la stessa politica e contribu­ire alla fort­una o sfortuna di chi fos­se o non fosse nelle sue grazie. La re­altà è assai diversa perché, proba­bilmente per il suo maschilismo, Mussolini si guardò bene dal far im­mischiare la sua amante, checché ella potesse pensare o credere, ne­gli affari di Stato e, più in generale, nella politica. Tuttavia a Salò molte cose cam­biarono. Il carteggio fra i due ci mo­stra una Claretta determinata, filo­tedesca, dura che conforta il suo uomo semidistrutto e sconsolato, lo pungola, lo invita a reagire, a far pesare la sua personalità, a tornare a essere, insomma, quel Duce che lei, malgrado gli avvenimenti, è convinta che sia. Lo stato d’animo di Mussolini emerge con chiarez­za dalle lettere che egli prega di di­struggere: cosa che Claretta non fa, pensando alla storia ma forse an­che perché la sua infatuazione le avrebbe fatto considerare un atto sacrilego bruciare le parole del suo idolo. Il 20 novembre 1943, per esempio, Ben tratteggia la sua si­tuazione di capo- prigioniero:«l’at­mosfera che mi circonda è torbida. Ed io sento nell’aria qualche cosa di grave che si prepara. La mia gior­nata è sempre più dura e arida. Vi­vo solo. Non parlo con nessuno. Mi sento circondato. Non mi si vuole dare la possibilità di muovermi. Quando mi muovo,l’apparatoita­lo- germanico di protezione è im­ponente. Io taccio perché sento che in un’aria così carica di elettri­cità, ogni parola può essere una scintilla che provoca un terribile scoppio». Claretta invece non cede allo sconforto. A Mussolini che sta per incontrare Hitler, rivolge un’esor­tazione: «tu devi presentarti al­l’­amico e al Capo della grande Ger­mania in condizioni di assoluta pa­rità e con un programma netta­mente definito e stabilito dal quale non dovrai minimamente deflette­re, perché questo sarebbe il segno evidente della tua debolezza e del­la tua inammissibile inferiorità. [...] tu devi sostenere il tuo diritto a­s­soluto di decidere senza sindacare delle questioni interne italiane, nonché degli uomini che tu ritieni più adatti alla tua grandiosa e fati­cosa opera di ricostruzione. La di­scussione e la collaborazione può avvenire sulle idee sui principi e sui metodi, ma mai sugli uomini. Tu devi affermare nettamente ine­quivocabilmente e decisamente la tua assoluta autonomia. Questa è la base di tutto. Cedendo su questo punto, cedi su tutto». Il 29 settembre 1944, poi, gli scri­ve: «Caro bellissimo, la tua debo­le­zza di fronte a uomini a te inferio­ri mi brucia e mi umilia. Ricordati, Ben, tu sei il Duce, il Capo, anche se di pochi, anche su di un metro quadrato di territorio, sei e sarai sempre Mussolini e per te si vive e per te si muore! Tu puoi ascoltare ma mai accettare la volontà altrui quando questa tenta di minimiz­zarti e di avvilirti. Fai un colpo di for­za che ti metterà al di sopra di tut­ti ». E ancora, il 18 dicembre 1944, dopo il discorso al Teatro Lirico di Milano, è convinta di avere ritrova­to il vero Mussolini: «il tuo discorso è stato il tuo migliore canto. Forse mai tu fosti così grandemente tu, nell’espressione, nella voce, nelle sfumature, nello stile inconfondi­bile, nella finezza politica, nel tono mordace. [...] Chi crede in te è vivo, chi ti segue vive, chi respira di te, an­che se morente risorge. Tu hai rido­nato a­ll’Italia ciò che le facevi man­care da troppo tempo, il tuo impul­so giovanile, il tuo urto possente, la tua personalità unica. Finalmen­te! Tu non credevi più in te stesso, e il popolo pur credendo in te, non ti sentiva. Ora ti sei ritrovato in te e nel tuo popolo. Hai superato te stes­so, Ben,sei come salito d’improvvi­so in una biga di fuoco fatta di sole, abbagliante di luce: non discende­re, non sperdere questo splendo­re, non lasciar cadere nel nulla que­st’apoteosi, non lasciarti invilire, non cedere più, non esitare sii sem­pre il Duce di queste ore sublimi. Non dimenticare te stesso, per po­ter essere sempre te stesso, non di­menticarti ». Il rapporto fra i due amanti, nel tragico crepuscolo della loro esi­stenza, va oltre la storia individua­le, anche se la grande storia, quella vera e collettiva, passa sulle loro te­ste, sulle loro illusioni, sulle loro schermaglie. Sul «cadavere viven­te »,insomma,e sull’amante appas­sionata.