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 2012  settembre 04 Martedì calendario

Storia d’Inghilterra

4– LA NUOVA ERA DELLE RIFORME La vittoria dei nordisti nella guerra di secessione americana e la morte di Palmerston si combinarono nell’avviare un nuovo periodo di mutamenti rapidi nella vita politica britannica. Il portabandiera di questa nuova età evolutiva fu Gladstone, il quale impersonò lo spirito politico del suo tempo : lo zelo, l’ottimismo, la fiducia nella natura umana, lo studio e l’esercizio diligente del disposto di legge e delle funzioni amministrative, tutto ciò insomma che permise all’idealismo di quegli anni di non esaurirsi in esercitazioni verbali. Fu Gladstone a completare la trasformazione del vecchio partito Whig nel nuovo partito liberale. Le leggi emanate al tempo del suo primo e più insigne ministero, dal 1868 al 1874, riallinearono coi tempi il sistema costituzionale inglese che era rimasto in notevole arretrato. La presenza di Palmerston alla testa del partito si era tradotta, per lungo tempo, in un procedere pigro da parte di quel partito il cui compito particolare era di tenersi e tenere il paese allineato col progresso. Ora le riforme cominciarono a piovere, ma non a tempestare: a togliere loro ogni carattere violento era il fatto che esse trovarono poca opposizione. Questo perché nel contempo il partito conservatore (e quindi anche il controllo del diritto di veto legislativo posseduto dalla Camera dei Lords) era caduto in mani sapienti. Non senza un riferimento personale di duplice natura Disraeli nel 1868 scriveva alla regina che un primo ministro inglese «non avrebbe mai dovuto essere un entusiasta (e avrebbe potuto aggiungere, con ancor maggiore pertinenza, che lo stesso si doveva dire del capo dell’opposizione di Sua Maestà). Sta di fatto che se la natura scettica e acuta del capo dei conservatori lo rendeva idealmente adatto a « educare il suo partito » all’idea che una democratizzazione delle istituzioni britanniche era inevitabile, e idealmente adatto a presiedere in seguito egli stesso a una parte importante di questo processo, però il compito di realizzare le grandi riforme legislative degli anni fra il 1868 e il 1874 era fatto apposta per il temperamento più acceso di Gladstone. Dietro all’opera dei nostri uomini di governo negli anni di transizione conviene ravvisare la figura del filosofo politico John Stuart Mill che coi suoi scritti esercitò fra il 1860 e il 1880 una vastissima influenza sull’opinione della parte più educata del pubblico. Mill aggiornò l’utilitarismo di Bentham e lo trasse fuori dai confini angusti della teoria del laissez faire. Egli predicò una democrazia totale, intendendo con questo che ogni individuo dell’uno e dell’altro sesso doveva poter votare nelle elezioni nazionali e anche in quelle locali amministrative. Però non gli sfuggivano i limiti del compito che si può affidare alla macchina democratica. Il suo desiderio era di veder nascere dei dipartimenti statali specializzati che guidassero la democrazia e tenessero informati gli uomini politici sulle questioni di cui dovevano decidere. « Il potere, » egli scrisse, « può essere suddiviso e decentrato; ma il sapere, per essere utile, deve essere accentrato.» Un incastro perfetto tra le funzioni degli organi centrali amministrativi di Whitehall, il ganglio politico di Downing Street e l’elettorato nel paese, era per Mill l’essenza del buon governo. Un’idea simile non era contenuta nel vecchio radicalismo di Cobbett nè nella dottrina del laissez faire integrale. La sua difesa dei diritti della donna, contenuta nel saggio The Subjection of Women del 1869, sul momento non valse a dare alle donne il diritto di voto, ma contribuì ad accrescere nel paese il rispetto per la libera personalità delle donne e quell’idea dell’importanza di una loro maggiore istruzione che fu tra i caratteri della tarda età vittoriana. Mill e Florence Nightingale (1) furono i due grandi pionieri dell’importanza che la donna oggi possiede nella nostra società. Il trattato di Mill On Liberty rivendicava quella libertà di pensiero e di discussione che allora era molto inceppata non tanto dalle leggi quanto dal costume. La nuova generazione crebbe con tale fede nella libertà, che non era affatto limitata alla politica. Erano gli anni delle prime controversie impegnate sulla rivoluzionaria ipotesi darwiniana dell’evoluzione — coi suoi riflessi nella questione della verità letterale di certe parti della Bibbia. L’origine delle specie e la Libertà di Mill uscirono nello stesso anno, il 1859. A Cambridge si cominciavano ad assegnare delle alte distinzioni accademiche nelle scienze naturali come in matematica. Il « movimento » (1833-45) avviato ad Oxford da Pusey, Keble e Newman, prima che Newman si sottomettesse a Roma, aveva lasciato i suoi primitivi confini accademici ed era entrato in contatto, e in qualche caso si era addirittura mescolato, con altre nuove e vivaci correnti della Chiesa e del paese. Il cosiddetto « socialismo cristiano » di Frederick Denison Maurice e Charles Kingsley avviò a quel tempo un riorientamento della Chiesa anglicana in rapporto alla democrazia e in genere di fronte ai problemi sociali posti dalla rivoluzione industriale. La corrente teologica modernista con Jowett, Stanley e Colenso ottenne di essere tollerata e acquistò anche una certa importanza nelle controversie pro e contro Darwin e col progredire del metodo e delle conoscenze storiche. La Chiesa anglicana cominciava a munirsi, nei confini dell’ortodossia, dell’occorrente per affrontare od accogliere tutte le correnti che si urtavano nella sfera secolare. La cultura aveva fatto dei progressi notevoli sotto più aspetti, ma principalmente in serietà. C’era un rinnovo nello spirito missionario, tanto quello diretto all’interno quanto quello diretto ai paesi di oltremare. Selwyn, vescovo della Nuova Zelanda nei primissimi tempi della colonizzazione, traduceva nel suo apostolato uno spirito umanitario e democratico che influenzò anche l’attività anglicana in Gran Bretagna. Virtù e difetti del clero anglicano nei suoi rapporti col mondo laico erano ben diversi da quello che erano stati nelle circostanze facili del secolo precedente. (2) Peel e i Whigs e le commissioni ecclesiastiche istituite dopo il primo Reform Bill avevano corretto i gravi abusi che nascevano dalla distribuzione disuguale delle rendite ecclesiastiche. Sicchè da più punti di vista la Chiesa anglicana ora era preparata a far fronte a quegli attacchi che potessero esserle diretti in seguito all’ulteriore estensione del diritto di voto fatta con la legge del 1867. Era evidente che essa avrebbe dovuto rinunciare ad alcuni privilegi, specie al suo monopolio delle università. Ma ora la Chiesa ufficiale disponeva di maggiori e più elastiche energie che nel 1832, quando un clero molto zelante aveva osteggiato perfino il primo Reform Bill sostenendo che esso avrebbe portato all’esautoramento e impoverimento della Chiesa. Non è il caso di enumerare qui tutti gli altri movimenti intellettuali e tutte le iniziative di riforma sociale che fervevano negli anni fra il 1860 e il 1870. Fra le più importanti è da ricordare il diffondersi e organizzarsi delle grandi Trade Unions nelle specializzazioni industriali, specie nel ramo meccanico; e il fiorire dei movimenti cooperativi che insegnarono a molta parte della classe operaia gli elementi di base dell’economia, l’abituarono al risparmio e alla mutua fiducia, la sottrassero all’oppressione speculativa dei bottegai, e le assegnarono « un ruolo nella vita del paese ». IL PRIMO MINISTERO GLADSTONE 1868-74 Nelle elezioni del 1868 il suffragio dei nuovi elettori ammessi dal Reform Bill (3) dell’anno prima andò a rinforzare grandemente l’elemento radicale in seno al partito di Gladstone, e mise così nelle sue mani attive l’arma di una maggioranza molto ampliata. Il primo ministero Gladstone (che durò dal 1868 al ’74) fu anche il primo ministero inglese che si possa chiamare liberale e non più Whig. Nel 1868 tanto l’elemento conservatore quanto l’elemento socialista furono posti temporaneamente fuori della politica attiva. Ciò non sarebbe durato così a lungo; ma della prevalenza schiacciante ottenuta dal liberalismo nei sei anni più gloriosi della sua carriera Gladstone approfittò per dare delle istituzioni e dei servizi aggiornati al paese. Senza le innovazioni di Gladstone, la Gran Bretagna si sarebbe trovata impreparata ad affrontare i nuovi problemi sociali ed imperiali che stavano per sorgere. In questi anni le università inglesi vennero rese accessibili a studenti di ogni religione, venne istituito l’insegnamento elementare di Stato, si mise mano alla riforma dell’esercito, la riforma dei quadri dell’amministrazione pubblica venne portata a fondo, fu votato il Ballot Act, si fecero infine i primi passi per una riconciliazione con gli Irlandesi. La carestia del 1845-46 in Irlanda, causata da un raccolto di patate distrutto dalla malattia, aveva dato il via a quell’emigrazione in massa verso gli Stati Uniti e le colonie che avrebbe ridotto, entro l’Ottocento, la popolazione dell’isola da otto milioni a quattro e mezzo; e ciò malgrado l’alto indice di natalità. Per oltre vent’anni, dopo quella carestia, niente però si era fatto per alleviare l’ingiustizia dei rapporti fra i contadini irlandesi e i proprietari inglesi delle loro terre. Secondo l’antico costume locale, il proprietario era libero di alzare il canone di affitto a suo piacimento e di sfrattare il fittavolo quando voleva; per parte sua non investiva il minimo capitale nei suoi terreni, non faceva migliorie e obbligava il fittavolo a costruire a sue spese la sua casa e gli altri immobili a servizio del fondo e a pagarne la manutenzione. Era un sistema ben diverso da quello che vigeva in Inghilterra. A servirsene per sfruttare al massimo il contadino erano dei padroni di altro sangue e altra religione, spesso residenti in Inghilterra o in Scozia, che lasciavano ai loro agenti il compito di incassare gli affitti limitandosi a spenderli. Durante i vent’anni che seguirono alla carestia, la parte celtica dell’Irlanda rimase in una condizione depressa che impediva ogni reazione violenta. Poi alla lunga il relativo benessere e la dignità raggiunta dagli Irlandesi emigrati negli Stati Uniti e nelle colonie, e in più il loro odio organizzato per la Gran Bretagna, influirono sugli Irlandesi rimasti in patria. Dopo la guerra di secessione americana il movimento feniano che si sviluppò in America e che mirava alla separazione dell’Irlanda e impostava la sua attività su metodi criminosi, riuscì a rammentare spiacevolmente agli Inglesi che il problema irlandese era stato messo a dormire per qualche tempo, ma era sempre da risolvere. Gladstone fu il primo uomo politico inglese a occuparsi seriamente della questione irlandese. La sua legge in favore dei fittavoli irlandesi (Irish Land Act) del 1870 non rimediava a gran che, ma fu il primo segno che il governo inglese poneva mente al problema. Fu sempre Gladstone a varare nel 1881 degli altri disposti più effettivi, che moderavano i canoni di affitto e limitavano la facoltà di sfratto. La questione agraria irlandese, su cui la Land League aveva pensato ad attirare l’attenzione pubblica coi boicottaggi e con sabotaggi criminali, era destinata a venir risolta nel 1903 da un governo conservatore che riscattò le terre irlandesi dai proprietari inglesi. Ma negli anni di quel primo governo di Gladstone (1868-74) pochi Inglesi oltre a lui avevano una visione esatta della questione agricola irlandese, ben diversa da quella che si prospettava in Inghilterra. Nello stesso partito liberale molti erano contrari quanto i conservatori all’idea di interferire nel regime (che supponevano esistesse in Irlanda come in Inghilterra) della « libera contrattazione » fra proprietario e fittavolo. L’uguaglianza dei culti era un ideale calorosamente nutrito da una vasta classe intellettuale su cui avevano influito le idee di Mill e quelle dei non-conformisti la cui emancipazione si era compiuta col secondo Reform Bill. Gladstone, che era alla testa di ambedue le correnti, apparteneva alla nuova scuola della Chiesa Alta. Nella sua mente le dottrine religiose insegnate ad Oxford avevano sposato il liberalismo politico. Le sue idee sui rapporti tra Chiesa e Stato erano ormai ben diverse da quelle che egli aveva espresse trent’anni prima nel libro (4) che era stato recensito da Macaulay. Nei limiti in cui la riconciliazione dell’Irlanda alla Gran Bretagna poteva essere avvantaggiata dal riconoscimento della parità dei diritti ai cattolici irlandesi, questo poteva essere fatto nel clima mutato del 1869 e fu fatto. Esautorare e in parte spogliare dei suoi benefici la Chiesa protestante d’Irlanda fu una impresa condotta con maestria e comprensione da Gladstone, che nei negoziati potè mettere a frutto la sua fama di membro pio e professante della Chiesa di Stato. La Camera dei Pari e le alte autorità della Chiesa ufficiale, già orientale in modo ben diverso da quello dei loro predecessori negli anni dopo il ’30, si mostrarono conciliative e permisero che il progetto fosse approvato. La sua posizione di anglicano liberale e di patrono sul piano politico dei non-conformisti e dei partigiani della parità religiosa nelle università, giovò altrettanto a Gladstone quando si trattò di affrontare la questione (non più anglo-irlandese ma inglese puramente) delle università e in genere dell’insegnamento. Era chiaro da tempo che un atto del Parlamento doveva riformare gli statuti di Oxford e di Cambridge sul piano confessionale; e un primo passo era stato fatto poco dopo il ’50 allorché aveva cominciato a funzionare la prima commissione di indagine sulle università, abilmente presieduta da Gladstone. Ma per allora il monopolio degli studi non potè essere tolto alla Chiesa. Aprire l’accesso alle università e alle associazioni universitarie a persone di ogni religione o anche di nessuna, diventò possibile solo in seguito al secondo Reform Bill e alle elezioni del 1868. Erano già state create l’università di Londra e quella di Durham. Tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento sarebbe nato un buon numero di nuove università in Inghilterra e nel Galles; non in Scozia, perchè in Scozia ce n’erano già molte. Non appena l’insegnamento universitario cessò di essere monopolio di pochissimi, fiorì e si perfezionò anche l’insegnamento medio. Già entro la fine del secolo si era fatto molto per rimediare alla condizione arretrata in cui era rimasto a lungo il sistema scolastico nella parte accessibile ai membri della borghesia (al cui proposito Matthew Arnold aveva affermato, non senza esagerazione oratoria, che era il sistema più arretrato d’Europa). Insieme all’insegnamento si sviluppò, tra la gioventù di estrazione borghese, la pratica degli sports e in genere quella degli svaghi non strettamente culturali. Di anno in anno l’esigenza di maggiori svaghi e agi si faceva più forte, a tutti i livelli sociali. Il Puritanesimo dell’attiva classe mercantile, così rigido all’inizio del secolo, veniva cedendo a poco a poco a nuove e più colorite concezioni della vita — forse non tutte gran che migliori di quelle a cui si sostituivano. Nel 1870 la legge sull’educazione (Education Act) di William Edward Forster istituì anche l’insegnamento elementare pubblico. Dove non esistevano scuole ne vennero aperte di nuove, affidate al controllo di commissioni scolastiche elette localmente. Il solo insegnamento religioso permesso era un insegnamento non-confessionale. D’altra parte dove c’erano già scuole volontariamente sovvenzionate da enti locali o da privati esse rimasero in vita ma al loro mantenimento ora provvedeva in gran parte lo Stato ; e queste se avevano un carattere religioso lo conservarono. Le sovvenzioni pubbliche a queste scuole causarono un amaro disappunto ai non-conformisti della campagna, i cui figli spesso dovevano frequentare delle scuole confessionali. Ma questa concessione rese possibile far votare il Bill dalla Camera dei Lords ; e se riuscì dannosa al partito liberale creando degli scontenti nelle sue file, giovò molto al paese. Finalmente ci si avviava ad eliminare l’analfabetismo, si provvedeva all’educazione dei bambini le cui bande incontrollate pullulavano nei bassifondi, si faceva un passo decisivo verso l’alto standard culturale che sarebbe stato raggiunto nella prima metà del secolo successivo. Sempre negli anni del primo ministero Gladstone si mise mano alla riforma che da tanto tempo era necessaria nell’esercito : fu fondato un sistema militare moderno, libero finalmente dai difetti che aveva rivelato l’esercito nella guerra di Spagna e in quella di Crimea. La riforma resta legata al nome di Cardwell, ministro della Guerra. A Cardwell si opponevano numerosi interessi legati al vecchio sistema, e la mentalità retrograda dei generali. La loro resistenza era capeggiata dal Duca di Cambridge, cugino della regina. Malgrado la forte opposizione il governo riuscì a varare numerose riforme importanti. Abolì il sistema del doppio controllo sull’esercito subordinando definitivamente le Guardie a cavallo al Ministero della Guerra: in altri termini, subordinando il comandante supremo dell’esercito al ministro della Guerra. Abolì l’usanza secondo cui un ufficiale doveva pagare per ottenere un posto nell’organico: usanza che precludeva la carriera agli elementi di condizioni economiche modeste. Abbreviò il periodo obbligatorio per le reclute, e con ciò permise per la prima volta la creazione di una riserva adeguata. Queste innovazioni resero possibili le riforme di Sir Garnet Wolseley, e insomma fecero dell’esercito inglese l’ottimo strumento che sulla fine del secolo fu collaudato in alcune guerre coloniali in Africa e in Asia. Le lezioni particolarmente dure della seconda guerra boera furono di stimolo ad altre riforme che ci procurarono, sulla soglia della guerra del 1914-18, delle forze di spedizione e delle forze territoriali efficaci. La stessa impostazione mentale che produsse l’abolizione dell’acquisto degli incarichi militari a pagamento, era alla base dell’accesso, mediante esami di concorso pubblici, a tutti i rami dell’amministrazione pubblica, che fu completata da Gladstone nel 1870. (5) In sei anni il primo Gabinetto di Gladstone esaurì la sua funzione; e i membri del suo ministero poterono essere non infelicemente definiti da Disraeli « una catena di vulcani spenti ». Lo stesso Disraeli, molto accortamente, li aveva aiutati a riversare tutta la loro lava. La Camera dei Pari non aveva intralciato la loro politica di riforma. L’opera che il paese aveva atteso da loro era sostanzialmente compiuta; e quasi per un fenomeno naturale, nelle elezioni del 1874 prevalsero i conservatori. DISRAELI E IL CONSERVATORISMO MODERNO Così Disraeli quasi settantenne ebbe per la prima volta i poteri effettivi di Primo Ministro. L’opera del suo ministero (1874-80) portò tanto nel campo della politica interna quanto in quello della politica estera la sua chiara impronta personale. All’interno, a Disraeli premeva dimostrare che il nuovo partito conservatore era orientato alle riforme sociali e a una politica favorevole alle categorie lavoratrici. Con l’aiuto del suo abile ministro degli Interni, Richard Cross, Disraeli dichiarò guerra alle abitazioni malsane e alle condizioni antigieniche mediante la sua legge sulla salute pubblica (Public Health Act) del ’75 e la successiva legge sulle abitazioni degli artigiani (Artisans’ Dwelling Act). Queste leggi e l’opera attiva del Local Government Board istituito da Gladstone nel 1871, col compito di coadiuvare le amministrazioni locali nelle loro funzioni sempre più estese, costituirono dei notevoli palliativi. Ma i cattivi criteri costruttivi e l’insipienza urbanistica che avevano imperversato per un secolo, avevano prodotto uno stato di cose talmente disastroso che non si potè rimediare nè allora nè mai. Meno ancora si poteva fare per contenere l’avanzata del brutto e del monotono, la sistematica distruzione della bellezza e della varietà dell’Inghilterra qual era stata prima dell’età industriale. Più il paese prosperava, più rapido era il suo progresso industriale, tanto più si faceva spedita quell’opera di distruzione. L’uomo una volta che abbia le macchine per strumento non può che distruggere la bellezza del mondo che lo circonda, in qualunque punto metta le mani. (6) Inoltre Disraeli ebbe il merito di risolvere, in un momento di crisi acuta, il problema dei diritti degli operai in sciopero. Nel 1867 le sentenze di alcuni tribunali avevano sottratto alle Trade Unions la figura legale che possedevano in virtù delle leggi del 1824-25. (7) Il parere inatteso dei giudici era stato che era illegale organizzare « degli inceppi alla vita economica ». Gladstone aveva cercato di rimediarvi col Trade Union Act del 1871. Ma nello stesso anno la sua legge sull’emendamento del diritto penale (Criminal Law Amendment Act) aveva definito illegali i « picchetti » e gli atti consimili, normali in tempo di sciopero. Indignati contro Gladstone, i Trade Unionists che avevano votato per lui nel 1868 si astennero o votarono per Disraeli nel 1874. E nel 1875 il Primo Ministro conservatore abrogò il Criminal Law Amendment Act in un disposto che rimetteva alla legge penale ordinaria i casi di violenza e intimidazione in corso di sciopero. Nel campo della politica estera Disraeli riesumò il nesso tradizionale del suo partito con ogni vistosa asserzione degli interessi britannici nel mondo. Questa politica era stata messa in relativa sordina dopo Waterloo. Il partito Tory o conservatore che aveva avuto tanta parte nell’assetto dato all’Europa col Trattato di Vienna del 1815, in seguito aveva mantenuto semmai una linea più pacifica di Palmerston e i suoi seguaci; e ciò perchè Whigs e radicali avevano meno venerazione per il culto del sistema europeo creato da quei trattati e più simpatia per le nazioni o le correnti politiche che nel continente cercavano di alterarlo. Nemmeno alle colonie i conservatori avevano dedicato più zelo dei liberali, i quali vantavano un Lord Durham nelle loro file. Lo stesso Disraeli nel 1852 aveva parlato di « queste nostre sciagurate colonie » come di « una pietra che ci siamo legata al collo ». Poi in tarda età il suo fiuto lo indusse ad esortare la nuova Inghilterra democratica ad essere fiera del suo Impero e ad appoggiare col suo interesse « una politica estera brillante ». Quell’interessamento per le colonie, che avrebbe raggiunto un alto grado di sviluppo nella generazione successiva guidata da Joseph Chamberlain, era allora appena sul nascere. Il campo d’operazioni principale di Disraeli fu il Vicino Oriente. L’acquisto da parte britannica di una parte delle azioni del Canale di Suez, che fu un atto deciso da lui, diede inizio a quei rapporti dell’Inghilterra con l’Egitto che, poco dopo la sua morte, avrebbero avuto sviluppi e conseguenze notevoli. Fra il 1876 e il ’78 la disputa rabbiosa e grandiosa tra lui e Gladstone portò i loro connazionali ad appassionarsi alle guerre e ai massacri nei Balcani — che se non era per questi due uomini di genio sarebbero passati inosservati o sarebbero stati considerati di nessun interesse per l’Inghilterra. Disraeli, ora Lord Beaconsfield, fece del governo britannico il principale sostenitore della presenza turca in Europa come barriera all’espansione russa; mentre Gladstone all’opposizione, con la sua campagna sulle « atrocità bulgare» della Turchia, riusciva a fare di metà dell’opinione pubblica inglese la speranza principale dei cristiani oppressi in Oriente. Era una strana situazione piena di pericoli per il nostro paese diviso, che per fortuna venne dissipata dal trattato di Berlino (1878) senza che scoppiasse la guerra fra Gran Bretagna e Russia. Fu la « pace con onore » spuntata da Disraeli. Indubbiamente Lord Beaconsfield aveva reso all’Inghilterra la sua importanza nella diplomazia europea, facendo altamente valere le sue intenzioni. Ma resta da chiederci se riconsegnando la Macedonia già liberata ai Turchi, i quali l’avrebbero tenuta per un’altra generazione, si era fatto precisamente ciò che voleva la nazione britannica. Molti di coloro che conoscono la storia balcanica pensano che se anche Disraeli aveva ragione a non voler vedere aggiunta la Macedonia allo Stato bulgaro di recente formazione, per lo meno egli doveva ottenere che col trattato di Berlino quella regione fosse posta sotto un governatore cristiano, con le necessarie garanzie sul suo buon governo. Si può pensare che una soluzione del genere avrebbe mitigato l’odio di razza che stava per imperversare ferocemente nei Balcani nel nostro secolo. Le elezioni generali del 1880 misero fine al ministero di Disraeli, che si ritirò dalla vita politica e un anno dopo morì. Egli aveva dato al partito conservatore un nuovo orientamento adatto alle circostanze della nuova vita democratica; aveva accettato e portato i suoi seguaci ad accettare realisticamente la realtà politico-sociale del suo tempo; aveva insegnato alle classi superiori a non ritirarsi sotto la loro tenda per ruminare il dispetto dei privilegi perduti, ma scendere fra le gente, fare leva sul suo senso patriottico, additarle i suoi interessi imperiali. Gli sbagli di Gladstone nel Sudafrica e in Egitto nel decennio che seguì, e la sua proposta di dare l’autonomia all’Irlanda (Home Rule) fornirono ai conservatori dell’ottimo materiale per questo genere di propaganda. Il principio insito nel sistema degli appelli delle classi più elevate alle classi inferiori — fatti in nome dell’identità degli interessi al livello nazionale — dopo la morte di Disraeli trovò espressione nella Primrose League fondata in suo onore, e nella rete nazionale di associazioni e clubs conservatori. Dopo il 1880 l’idea del « conservatorismo democratico » doveva avere una nuova infusione di vita nella breve, meteorica carriera di Lord Randolph Churchill. Gli stessi anni videro nascere e organizzarsi la Federazione nazionale liberale delle Associazioni locali (National Liberal Federation of Local Associations), soprannominata « Caucus » (8) ad opera dell’altro partito mediante l’energica iniziativa del leader liberale Joseph Chamberlain (il cui potere politico aveva radici nel suo controllo personale sulla vita politica di Birmingham). La cura di fare appello allo spirito democratico della massa, e una complessa e accurata organizzazione, stavano insediandosi nella tecnica elettorale e nei piani di propaganda di tutt’e due i partiti. Nuove forme di influenza e di corruzione velata prendevano il posto della corruzione all’antica; e nascevano anche nuove forme di idealismo e di onesta dedizione al bene pubblico. L’accuratezza sistematica dell’organizzazione e della propaganda di partito moderna portarono per lo meno questo frutto : che a partire da allora il sistema di governo parlamentare in Gran Bretagna non avrebbe sofferto le conseguenze del disinteresse popolare alle questioni del giorno. Il fatto che veramente dei principi contrastanti si affrontavano nella lotta tra le due parti, la forza degli interessi di classe in lizza, la presenza di questioni rilevanti come fu quella dell’autonomia irlandese, impedirono al sistema perfezionato dei due partiti di diventare in Inghilterra un puro meccanismo tenuto in moto dalla rivalità degli aspiranti alle pubbliche cariche. (9) GLADSTONE, EGITTO, HOME RULE Il secondo periodo di governo di Gladstone (1880-85) non fu felice come il primo. Nel 1880 il partito liberale non aveva come nel 1868 una precisa e originale concezione politica nè un programma di azione politica veramente concorde. A riportarlo al governo erano state una reazione allo sciovinismo di Disraeli, e certe vaghe aspirazioni democratiche non ancora tradotte in programma di riforme sociali. Il nuovo governo si trovò subito alle prese con le immancabili complicazioni in Irlanda e coi problemi egiziani e sud-africani, di cui nel 1880 i liberali, come il resto degli Inglesi, sapevano poco e si curavano ancora meno. Gladstone personalmente capiva e aveva a cuore il problema irlandese, e la sua legge agraria (Land AcT) del 1881 vi portò un certo alleviamento assicurando ai fittavoli irlandesi degli affitti equi e la sicurezza di poter continuare a lavorare la loro terra. Ma questa legge che non risolveva a fondo il problema agricolo irlandese, tanto meno poteva rompere la formidabile unione avvenuta tra l’agitazione dei contadini e l’esigenza politica del Home Rule: esigenza che la nuova politica ostruzionistica di Parnell metteva per forza sotto gli occhi della Camera dei Comuni. L’atto più rilevante del secondo ministero Gladstone consistè nel terzo Reform Bill del 1884, con cui il suffragio elettorale veniva esteso alle circoscrizioni agricole. Finalmente erano ammessi al voto anche i braccianti e la parte dei minatori che ne era ancora rimasta esclusa. Fino allora le loro condizioni di vita avevano ricevuto ben poca attenzione. Nel decennio precedente il tentativo di Joseph Arch di creare delle Trade Unions di lavoratori agricoli era fallito per mancanza di una forza politica alle spalle. I diritti del bracciantato, che erano stati ignorati anche nei periodi di maggior prosperità, tanto più furono soffocati negli anni magri dell’agricoltura, dato l’aumento notevole segnato negli anni verso il 1880 dall’importazione di derrate agricole americane. (10) La concessione del suffragio ai lavoratori agricoli nel 1884, insieme ad altri fattori economici e sociali, doveva avviare un lento ma continuo miglioramento del loro stato ; ma non prima che i villaggi fossero ridotti a un grado estremo di spopolamento dall’esodo della manodopera verso le città. La storia sociale della campagna inglese nell’Ottocento è sotto più aspetti la storia di un disastro. La concessione del suffragio politico ai lavoratori agricoli portò con sè a breve distanza di tempo l’estensione del sistema elettivo anche alle amministrazioni locali nei distretti di campagna. Fino allora non solo l’amministrazione della giustizia ma anche quella civica ordinaria era rimasta affidata, patriarcalmente, ai Giudici di pace. Il sistema dei Consigli di contea eletti venne instaurato dal governo conservatore nel 1888; il governo liberale che lo seguì, provvide a completare la democratizzazione della campagna istituendo i Consigli distrettuali (urbani e rurali) e i Consigli di parrocchia. Ai Giudici di pace rimase la loro funzione di magistrati, e l’autorità in materia di licenze di esercizio pubblico, ma i loro grandi poteri amministrativi passarono ai nuovi organismi. Fu la trascuratezza del ministero Gladstone nei confronti del problema sudafricano a causare la tragedia di Majuba. (11) La crisi egiziana ebbe un inizio più brillante. Il collasso del potere ottomano e del governo locale in Egitto, dove alcuni paesi europei avevano forti interessi finanziari e personali, portò all’occupazione dell’Egitto da parte delle truppe britanniche al comando di Wolseley, che nel 1882 battè Arabi a Tel-el-Kebir. Benchè fino allora l’Egitto fosse stato più sotto l’influenza francese che sotto quella inglese, al momento critico la Francia aveva rifiutato di partecipare all’occupazione. Cominciò così l’epoca del controllo britannico in Egitto, che doveva portare dei forti benefici alla classe contadina egiziana. La valla del Nilo fiorì governata dagli onnipotenti « consigli » che Sir Evelyn Baring, Lord Cromer, offriva quotidianamente al governo khediviale. La presenza degli Inglesi in Egitto era vista con gelosia dai Francesi, e di qui sortì una serie di sgradevoli incidenti a cui mise fine l’importante accordo del 1904 con la Francia sull’Egitto e su altre questioni, opera di Lord Lansdowne. Ma strettamente collegato al problema egiziano era quello del Sudan, e fu qui che Gladstone si mise nei guai. Mentre il corso inferiore del Nilo attraversava un paese di alta e antica civiltà come l’Egitto, le regioni dell’Alto Nilo erano abitate dalle tribù sudanesi ancora allo stato barbarico. Organizzate dal Mahdi e dai suoi successori, che nel Sudan avevano fatto il centro di una tratta di schiavi alimentata da razzie nell’Africa interna, queste tribù rappresentavano una costante minaccia per l’Egitto. Chiunque governasse con coscienza l’Egitto, e in genere ogni potenza schiettamente interessata al destino dell’intero continente africano, doveva necessariamente aspirare a metter fine a quel flagello. Ma non era ancora il momento di agire. Prima bisognava che l’Egitto si riassestasse politicamente e consolidasse le sue finanze e le sue forze militari. Il governo di Gladstone commise dei gravi errori quando si trattò di venire al ritiro dal Sudan delle guarnigioni egiziane, ritiro che varie ragioni rendevano necessario. Spinto da William Stead, il padre del moderno giornalismo « sensazionale », il governo si affidò a Charles Gordon, uno strano e semplice eroe che era adatto ad ogni compito fuorchè a quello di impostare una ritirata. Anzichè svolgere felicemente le operazioni di ritiro egli si trovò presto assediato a Khartoum dalle orde mahdiste. Una spedizione britannica di soccorso fu organizzata troppo tardi. Gordon morì (nel gennaio 1885) e con lui morì gran parte del prestigio di Gladstone in Inghilterra. Nel quadro degli avvenimenti africani quello scacco fece poca differenza. In ogni caso, il Sudan a quel punto doveva essere evacuato. E solo una volta che Cromer ebbe compiuto il suo lavoro di riorganizzazione in Egitto, il governo di Lord Salisbury potè conquistare il Sudan con una spedizione compiuta nel 1898 da forze inglesi ed egiziane sotto il comando di Kitchener. I MINISTERI SALISBURY In buona misura a causa di Gordon e di Khartoum, nelle elezioni generali del 1885 i liberali patirono una grave sconfitta in tutte le circoscrizioni urbane. Invece i contadini ammessi di recente al diritto di voto votarono per il partito a cui dovevano quella loro franchigia e da cui speravano di ottenere dei miglioramenti concreti al loro misero tenore di vita. Così Lord Salisbury salì al governo senza disporre di una maggioranza di seggi conservatori sufficiente per dargli le redini della cosa pubblica. Una conseguenza importante di questa situazione fu che l’equilibrio delle forze politiche a Westminster finì nelle mani di un estraneo alla vita inglese, benché fosse di origine anglosassone; un uomo che odiava imparzialmente i liberali e i conservatori inglesi. Charles Stewart Parnell governava con l’ascendente personale e con un pugno di ferro il partito autonomista irlandese che contava ottantacinque membri nel nuovo Parlamento. Da quel momento, e finchè durasse l’unione dell’Irlanda all’Inghilterra nella forma istituita nel 1801, la questione irlandese era destinata ad essere determinante in tutta la vita politica inglese. Questa situazione non si era mai presentata nei decenni precedenti di vita parlamentare, quando i rappresentanti dell’Irlanda in Parlamento appartenevano in gran parte all’uno o all’altro dei due partiti inglesi. Ora i fatti avevano creato una nuova alternativa: o i due partiti britannici si univano contro Parnell, o uno dei due doveva venire a patti con lui. Gladstone venne a patti con Parnell, e nel 1886 presentò al Parlamento un progetto di legge per l’autonomia dell’Irlanda (Home Rule Bill). Alla luce dei fatti che seguirono, oggi molti di noi possono trovare naturale e anzi ovvia la decisione presa da Gladstone, e possono rammaricare che non venisse risolta pacificamente in quell’occasione la questione dell’autonomia irlandese che invece si risolse solo nel 1921 dopo una serie di catastrofi. Ma è difficile stabilire se il successo della causa irlandese venne ritardato o facilitato dal gesto di Gladstone. Comunque la rapidità del suo volte-face in un capitolo di così grande importanza stupì e adirò l’elettorato inglese. La questione dell’autonomia irlandese ruppe l’unità del partito liberale e lo indebolì per vent’anni; il partito conservatore venne identificato da quel momento con la corrente unionista, quella cioè che voleva conservare i legami in atto dell’Irlanda col resto del regno. Fu soprattutto un grave errore tattico di Gladstone consentire anche alla pretesa di Parnell che nella nuova Irlanda autonoma venisse incluso l’Ulster protestante. Una simile concessione era una sfida a ogni possibilità di successo sia di ordine etnico che di ordine politico. Il partito conservatore nelle elezioni del 1885 aveva fatto la corte agli elettori irlandesi, e non senza successo. Ma approfittò del destro che gli offriva l’alleanza di Gladstone con Parnell per fare appello al patriottismo degli Inglesi. Il progetto dell’autonomia irlandese fu considerato alla luce del disastro di Khartoum. Il sentimento imperialistico che in quello scorcio di secolo stava rapidamente fiorendo, non era abbastanza illuminato per ravvisare nel Home Rule per l’Irlanda un fatto conforme al nuovo spirito dell’Impero e per tener conto del notevole favore di cui godeva la causa irlandese nei Dominions autonomi di oltremare. Le passioni estreme prodotte tra gli Inglesi dalla controversia, sull’Irlanda, passioni di cui diede un segno la pubblicazione avvenuta nell’87 di una serie di lettere apocrife di Parnell nel Times, resero impossibile un’intesa tra i due partiti: che era la sola misura adatta a far fronte alla situazione. Nelle nuove elezioni del 1886 la forte reazione del paese contro Gladstone e l’autonomismo irlandese ebbero l’effetto di dare ai conservatori la maggioranza di fronte alla coalizzazione dei liberali di Gladstone e degli Irlandesi. Così ebbe inizio il periodo del governo fortemente conservatore di Lord Salisbury alleato coi liberali « unionisti » e in particolare con Joseph Chamberlain che diventò il campione del nuovo imperialismo. Questo regime durò fin dopo la conclusione della guerra boera alla fine del secolo, col solo intervallo liberale del 1892-95. Durante il governo di Gladstone i liberali e gli Irlandesi presentarono un Home Rule Bill e riuscirono a farlo votare dai Comuni con una maggioranza di trentaquattro voti; ma il Bill venne bocciato dalla Camera dei Pari; e nel 1895 il paese sanzionò quella bocciatura coi suoi voti. L’episodio ispirò ai capi del partito conservatore una nuova concezione del compito spettante alla Camera alta nella politica moderna, più ambiziosa di quella alla quale avevano aderito in pratica i più cauti Peel e Disraeli. Ciò ebbe una conseguenza rilevante nel secolo che stava per aprirsi: al primo cambiamento importante nell’indirizzo dell’opinione democratica nacque un contrasto fra le due Camere, e da questo sortì una crisi costituzionale di una gravità che non si era più verificata dopo il 1832. La sconfitta subita nelle elezioni del 1895 dalla causa del Home Rule irlandese fu definitiva per diversi anni a venire e per un certo tempo gli affari irlandesi subirono una stasi. Il governo conservatore che prima aveva contato sulla maniera forte per tenere in rispetto gli Irlandesi, ora adottò la politica di « uccidere l’Home Rule col guanto di velluto »: ampliò l’autonomia delle amministrazioni locali, e riscattando le terre dai proprietari inglesi risolse il problema agrario in Irlanda, per lo meno nella forma in cui esso si era profilato fin dal tempo di Cromwell. Ma gli Irlandesi non rinunciarono per questo alla richiesta dell’autonomia, quando non anche dell’indipendenza totale. All’avvicinarsi del XX secolo quel loro ideale era così profondamente radicato nell’animo dei Celti irlandesi che sopravvisse non solo alla caduta e alla morte di Parnell (1890-1891), ma anche alla successiva soluzione delle rivendicazioni agricole: l’uomo e la questione che per primi avevano acuito quel desiderio al punto di disturbare seriamente la politica dell’Impero britannico. Gladstone morì ottantanovenne nel 1898, quattro anni dopo essersi ritirato dalla vita politica. Gli anni di lotta appassionata del « Grande Vecchio » per dare all’Irlanda l’autonomia avevano formato il capitolo più grandioso e più suggestivo della sua carriera, ma anche il più sfortunato. Probabilmente se avesse ceduto diversi anni prima le redini del partito liberale e le sue responsabilità di governo in materie di importanza imperiale ad elementi della giovane generazione, avrebbe visto avvicinarsi di più alla realizzazione i suoi programmi e quelli del suo partito. Il suo dinamismo eccezionale gli aveva permesso di soverchiare avversari e seguaci forzandoli a prendere delle posizioni che non erano le loro. Ma a voler considerare la vita politica di Gladstone nella sua intera durata, più d’uno può essere ragionevolmente indotto a concludere che nessun altro ebbe tanta parte nell’adattare il congegno della vita politica britannica e la mentalità degli uomini politici inglesi alla realtà democratica dei nuovi tempi; e che egli riuscì a fare quest’opera di aggiornamento senza privare la Gran Bretagna di tutto quanto essa aveva ereditato di buono dal suo passato. Gran parte delle riforme che adeguarono le istituzioni inglesi ai nuovi tempi, furono impostate durante il suo primo periodo di governo. Il secondo e il terzo Reform Bill furono anch’essi in buona misura il frutto dell’indirizzo dato da Gladstone alla vita pubblica inglese dopo la morte di Palmerston. Egli impresse nella nuova mentalità democratica inglese il senso del valore del sistema parlamentare; e lo fece appellandosi costantemente non all’egoismo nè al gusto per il sensazionale del popolo ma all’intelligenza dei suoi concittadini e al loro senso di giustizia. Può darsi che il suo genio avesse delle lacune, e che egli ricorresse con troppa frequenza e facilità all’appello alla coscienza morale dei suoi simili; ma tutto compreso, portando le questioni rilevanti della vita pubblica — nei loro aspetti più seri — davanti al tribunale della pubblica opinione, egli diede un esempio nobile ed utile, e tanto più utile in quanto la nazione viveva un momento di complesse trasformazioni. I due periodi di governo conservatore (in alleanza cogli unionisti liberali) sotto la guida di Lord Salisbury (1886-92 e 1895-1902) caddero in anni di prosperità commerciale e, nel tratto fino allo scoppio della seconda guerra boera, (12) di convivenza pacifica col resto del mondo civile. I nostri buoni rapporti con le altre potenze europee erano basati sulla formula dello « splendido isolamento » della Gran Bretagna. Le potenze continentali, che di lì a non molti anni si sarebbero gettate in una lotta tremendamente distruttiva, si stavano già dividendo in due campi e stavano già gareggiando febbrilmente negli armamenti. Un campo era quello della Triplice Alleanza (Germania, Austria e Italia), l’altro era quello della Duplice Alleanza della Francia e della Russia. La Gran Bretagna rimase estranea a tutt’e due le combinazioni; ma data l’ostilità della Francia per l’Inghilterra sua rivale nei settori asiatico e africano e data la minacciosa incognita della presenza russa ai confini dell’Afganistan e dell’India, nell’insieme la politica di Lord Salisbury fu piuttosto una politica di amicizia coi due Imperi dell’Europa centrale. C’era però un elemento di inquietudine fondamentale nei rapporti tra un governo basato sul mandato del Parlamento e sui diritti dell’uomo, e la grande burocrazia militarista creata da Bismarck. I nuovi arbitri del destino tedesco avevano ereditato da lui una diffidenza istintiva per le istituzioni politiche britanniche. Però l’orientamento generale della nostra politica estera non subì gran che l’effetto di questa reciproca sfiducia fimo al giorno in cui l’ammirazione dell’imperatore Guglielmo per la Marina britannica non lo indusse a procurarsene una uguale: un’ambizione il cui frutto si vide solo all’inizio del nuovo secolo quanto era pericoloso. Sotto la direzione di Salisbury, le grandi potenze si divisero pacificamente il continente africano. Gli europei forniti dei mezzi di trasporto moderni e protetti dalle nuove conquiste nel campo della medicina tropicale procedevano alla rapida valorizzazione del Continente Nero. RIFORMA SOCIALE E IMPERIALISMO In Inghilterra l’ultimo ventennio del secolo XIX e del regno di Vittoria, in un alternarsi di governi conservatori e liberali, fu un periodo di progresso nel campo sociale e amministrativo e specie nel settore e nella direzione di quello che fu chiamato il « socialismo municipale ». (13) Bagni pubblici, lavatoi, musei, pubbliche biblioteche, parchi, giardini, zone verdi, case operaie, venivano creati e mantenuti col pubblico denaro. In buona parte del paese i tram, il gas, l’elettricità e l’acqua furono municipalizzati. Questo periodo si distinse anche per le notevoli iniziative di portata collettiva e natura privata, per la nascita di Settlements come quello di Toynbee Hall, (14) per un risveglio della coscienza di tutte le classi sociali di fronte al terribile pericolo costituito dall’ambiente morale degli slums in un paese che era o si riteneva « il più ricco del mondo ». Il cristianesimo inquadrato dallo spirito scientifico nella predicazione del canonico Barnett, le inchieste statistiche sulle condizioni di vita a Londra condotte da Charles Booth e dai suoi collaboratori e la motivata campagna di Booth per le pensioni alla vecchiaia; la parte sociale dell’opera di apostolato condotta dal « generale » William Booth attraverso l’Esercito della Salvezza, e l’opera affine della Chiesa anglicana; il patriottismo della nuova Londra e il modo in cui lo organizzarono John Burns di Battersea e il partito progressista nei primi anni di vita del Consiglio di Contea di Londra; gli studi e le tattiche « fabiane » dei coniugi Webb diretti a estrarre degli anticipi di socialismo dai governi e dai partiti conservatore e liberale; lo spirito militante insufflato nel socialismo da Progress and Poverty di Henry George e dalla Federazione socialdemocratica di Hyndman; l’estendersi dell’attività delle Trade Unions alle categorie operaie meno altamente specializzate e peggio pagate, a cui diede il via lo sciopero dei portuali nel 1889: tutte queste realizzazioni e queste forze in atto erano il segno chiaro che il problema sociale non era sul punto di venir superato ma si stava ancora formulando e che nel secolo seguente esso poteva addirittura divorare tutti gli altri aspetti della vita nazionale. Oltre all’influsso deliberato degli uomini politici e dei riformatori sociali, frattanto, il progredire a ritmo via via accelerato della rivoluzione industriale si rifletteva silenziosamente in una continua trasformazione del costume sociale, togliendo di mezzo delle antiquate distinzioni di rango o di confessione, e tramutando una nazione di lettori della Bibbia i cui ideali si erano basati sulla reminiscenza di una antica vita rurale e comunale e di un’antica gerarchia sociale, nella popolazione che abbiamo sott’occhio nelle città inglesi. Un fenomeno altamente rappresentativo del momento fu la fortuna del Daily Mail di Harmsworth, un giornale che provvedeva a orientare e informare la nuova democrazia semi-letterata, fatta di apporti di tutte le classi, in uno stile ben diverso da quello dei solenni organi politici che avevano reso lo stesso servizio alla bourgeoisie vittoriana. Nel gennaio 1901 morì il personaggio che aveva presieduto dall’alto alle vicende della vita pubblica britannica in un periodo di transizione più lungo e non meno importante del regno di Giorgio III. « La regina » aveva regnato così a lungo che nelle menti dei suoi sudditi il regime monarchico era ormai diventato un’istituzione femminile. In tutto il suo regno — tanto prima che durante e dopo il matrimonio, tanto nel suo periodo di preferenza per i Whigs quanto in quello di inclinazioni conservatrici, quando aveva a che fare con ministri a cui era affezionata e quando aveva a che fare con ministri che detestava o di cui detestava la politica — Vittoria era rimasta ferma in una sua maniera di essere una regina costituzionale. Voleva sapere sempre tutto quello che c’era da fare; ogni atto di governo lo confrontava con quello che si era fatto in passato, attingendo al vasto archivio della sua memoria e della sua esperienza; quando non era d’accordo protestava; se il ministro rimaneva fermo nel suo proposito, si arrendeva. Ma non avveniva sempre che i ministri seguitassero in un proposito iniziale, specie quando si trattava di cariche da far ricoprire o di formule da adoperare negli atti ufficiali. La costante adesione della regina al suo metodo, in un tempo che aveva coperto due generazioni, aveva delineato in modo preciso e stabile la posizione costituzionale della Corona ; ed è per questa ragione che le tempeste del XX secolo, che imperversarono e imperversano su tante altre istituzioni, hanno lasciato intatta la Monarchia. I successori di Vittoria praticando una ancora più attenta neutralità di fronte ai partiti hanno reso ancora più agevole il cammino al moderno istituto monarchico inglese. Allo stesso tempo, non essendosi tradotta in realtà l’idea di una federazione dei Parlamenti dell’Impero, la Corona è diventata il solo legame ufficiale tra i paesi del Commonwealth. Anche qui la regina Vittoria si trovava nel suo elemento. Negli ultimi anni di regno essa sostenne impeccabilmente, e con personale soddisfazione, la sua nuova figura di imperatrice dell’India e di capo di una grande associazione di popoli liberi: una doppia figura che fu esaltata davanti alle fantasie dal complesso di imponenti cerimonie dei suoi due giubilei: quello del 1887 e quello del 1897. In Vittoria la dignità, l’istinto della regalità che possedeva in grado estremo, erano ammorbiditi ed erano messi alla portata popolare dalla grande semplicità della sua mente e della sua natura emotiva. La sua personalità privata non era gran che diversa da quella di tante sue suddite di condizione sociale modesta; ma Vittoria oltre ad essere una donna qualunque era anche una grande regina. La sua mentalità non era quella di un’aristocratica; in particolare i passatempi e in genere lo stile di vita degli aristocratici inglesi e della gente che ruotava intorno a loro non avevano alcun interesse ai suoi occhi. Non apparteneva all’aristocrazia ma era ben più in alto. Nell’altra metà della sua persona, quella privata, fu una moglie e una vedova come tante altre, il genere di donna che si sarebbe trovata perfettamente al suo posto in qualsiasi casetta di campagna. Le correnti intellettuali e artistiche della sua epoca fluirono senza far sentire il minimo mormorio al suo orecchio — almeno quando non era al suo fianco il principe Alberto ad istruirla; e la gente dei ceti più modesti riuscì sempre a comprenderla e a comprendere i suoi stati d’animo più di coloro che si trovavano tra lei e loro: i membri cioè dell’aristocrazia tradizionale e di quella intellettuale. Così, per motivi che avevano a che fare con la realtà politica del tempo e per altri che riguardavano la persona della regina, la nascita della democrazia britannica coincise, contro ogni aspettativa, con un intensificarsi dell’affezione popolare alla Corona che ormai aveva rinunciato ad ogni diretto potere politico. NOTE 1 V. p. 743. 2 V. pp. 586-589. Per la storia della Chiesa fra il 1830 e il 1850, v. DEAN CHURCH, The Oxford Movement e W. MATHIESON, English Church Reform 1815-40. 3 V. pp. 747-748. 4 L’opera a cui si accenna porta il titolo The State and its Relations with the Church. (n.d.t.) 5 Sir Charles Trevelyan, in qualità di funzionario civile indiano e inglese, ebbe una parte importante nell’origine di entrambi questi movimenti. 6 A ragione è stato scritto: «Il secolo XIX non attaccò deliberatamente la bellezza. Semplicemente la calpestò. Ed è la ragione per cui la democrazia moderna inglese nacque atrofizzata, ed ora deve faticosamente ritrovare quell’amore delle forme significative che aveva accompagnato la vita dell’uomo civile dall’età del bronzo a quando venne la rivoluzione industriale a sopprimerlo temporaneamente. » Times Litterary Supplement, 25 aprile 1924. 7 V. pp. 710-711. 8 Parola americana introdotta nello slang del mondo della politica inglese e resa popolare da Joseph Chamberlain intorno al 1878. Veniva usata, con tono dispregiativo, per indicare un comitato o un’organizzazione il cui intento è quello di manovrare alle spalle del suo partito. (n.d.t.) 9 Uno studio lucido e severo dei cambiamenti avvenuti nella vita politica inglese negli anni qui in esame, si troverà in OSTROGORSKI, Democracy and the Organization of Political Parties, vol. I. 10 V. p. 735. Fra il l88l e il 1921 la parte della popolazione dedita alle occupazioni agricole scese da circa il 12 a circa il 7%. 11 V. p. 760. 12 V. p. 761. 13 Nel 1888 il ministro conservatore Ritchie fece approvare il suo progetto di legge sui consigli di contea che oltre a istituire organismi eletti localmente per il governo delle contee, ampliò il sistema già in atto nell’amministrazione democratica urbana trasformando in County Boroughs anche le grandi città e creando anche per Londra un consiglio elettivo di contea che doveva amministrare l’intera capitale all’infuori della « City ». 14 Toynbee Hall deve il suo nome a Arnold Toynbee, famoso riformatore sociale e promotore di numerose opere di carità. Questo settlement, a somiglianza degli altri che sorsero in questo periodo, era destinato a essere un centro di ritrovo tra ricchi e poveri per promuovere un miglioramento della vita sociale nei quartieri più miseri, (n.d.t.) BIBLIOGRAFIA Queen Victoria’s Letters; MORLEY, Gladstone (2 voll.); BUCKLE, Disraeli (6 voll.); WINSTON CHURCHILL, Lord Randolph Churchill (2 voll.); JOHN BAILEY, Some Political Ideas and Persons (sulla regina Vittoria e Disraeli); JOHN STUART MILL, Autobiography; FRANCIS DARWIN, Charles Darwin; LYTTON STRACHEY, Queen Victoria; REDLICH e HIRST, Local Government in England (2 voll.); LADY GWENDOLEN CECIL, Lord Salisbury; Mrs. DUGDALE, Balfour; BARRY O’BRIEN, Parnell; STEPHEN GWYNN, History of Ireland; WEBB, History of Trade Unionism; BEATRICE WEBB, My Apprenticeship; WARRE CORNISH, The English Church in the Nineteenth Century (2 voll.); HERBERT PAUL, History of Modern England (5 voll.); J. A. SPENDER, A Short History of Our Times; R. C. K. ENSOR, England 1870-1914 (Oxford Hist. of Eng.), 1936. E. HALÉVY, History of the English People, per tutto il secolo XIX; CLAPHAM, Economic History of Modern Britain.