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 2012  settembre 03 Lunedì calendario

COM’È FINITO BIN LADEN?

L’anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle, che cade l’11 settembre, è un’occasione più che ghiotta per il lancio dell’ennesimo libro sul blitz di Abbottabad che ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden. Stavolta a fare il colpaccio è la Dutton, un marchio della Penguin Books, che sta per mandare in libreria No Easy Day, firmato con lo pseudonimo di Mark Owen dall’ex incursore della Marina americana Mark Bissonnette, di cui sono state già prenotate 420mila copie. Il libro promette scottanti rivelazioni sul colpo di mano che ha consentito di scovare ed uccidere il terrorista saudita in territorio pachistano. È abbastanza improbabile che tale promessa venga realmente mantenuta, anche se Bissonnette – che era il team leader del gruppo operativo dei Seals – è sicuramente un testimone diretto dell’azione di Abbottabad. A oggi la ricostruzione più accurata del blitz sembrerebbe quella pubblicata dal «New Yorker» nell’agosto del 2011, Getting Bin Laden, e firmata da Nicholas Schmidle che come si suole dire ha giocato in casa: l’autore è infatti figlio del generale dei marines Robert Schmidle, responsabile per diversi anni delle operazioni speciali della Marina americana da cui dipendono i Navy Seals. La lunga ricostruzione del «New Yorker» è stata letteralmente vivisezionata dai media e oggi se ne conosce con grande probabilità anche la fonte: il consigliere per il controterrorismo di Barak Obama, John Brennan. Insomma saremmo davanti a una fuga pilotata di indiscrezioni, peraltro molto utili alla Casa Bianca.
Nel novembre dello scorso anno la St Martin’s Press ha distribuito Seal Target Geronimo, firmato dall’incursore della Marina americana Chuck Pfarrer, che contesta profondamente la versione di Robert Schmidle. Ma neanche questo libro chiarisce gli aspetti più oscuri dell’azione di Abbottabad, anzi «Small War Journal» ne ha segnalato le molte incongruenze e le vistose inesattezze. Eppure il libro ha superato l’esame di un apposito ufficio del Pentagono preposto a vagliarne l’esattezza del contenuto e l’assenza di dati sensibili, insomma una sorta di imprimatur delle Forze armate. La novità vera è che negli ultimi anni i libri che raccontano le gesta delle forze speciali americane hanno conquistato una solida nicchia di mercato e travalicato i confini degli ambienti militari a cui in origine erano destinati. Seal Target Geronimo, ad esempio, è stato per diverse settimane fra i bestsellers nella categoria no-fiction, ma i grandi gruppi editoriali statunitensi cavalcano da tempo la tigre: sull’azione di Abbottabad sono usciti almeno quattro titoli e il colosso HarperCollins ha annunciato la distribuzione nei primi mesi del prossimo anno di The Trident, firmato da Jason Redman, l’ennesimo incursore della Marina che promette esplosive rivelazioni sulle azioni a cui ha partecipato.
La legislazione americana prevede pene molto severe per chi viola segreti militari e qualsiasi membro delle Forze speciali, prima di essere destinato alle operazioni sul campo, deve firmare un atto in cui si impegna a non rivelare alcun dettaglio sulle attività del reparto in cui verrà impiegato (il modulo lo si trova facilmente anche in rete). Nonostante queste premesse il Pentagono ha messo sotto accusa un solo libro, stampato da una piccola casa editrice, di cui ha sequestrato 9mila copie poi mandate al macero. Ma questo accadeva molti anni fa. Da quel momento in poi i grandi publisher sono corsi ai ripari facendo vagliare i manoscritti da legali specializzati nella violazione di segreti militari. No Easy Day, ad esempio, è stato passato al setaccio da due avvocati che hanno servito nelle Forze speciali, per cui certe anticipazioni della stampa americana – Bissonnette rischierebbe l’incriminazione con l’uscita del suo libro – sono molto probabilmente delle bolle di sapone. Questa ripulitura del testo operata dai legali ovviamente indebolisce fortemente la coerenza interna della ricostruzione, perché si omettono particolari "sensibili" al fine di schivare una eventuale incriminazione dell’autore. C’è poi il fatto, come dimostra molta letteratura scientifica sull’argomento, che i ricordi hanno una loro "plasticità", in special modo se sono recuperati per la narrazione. L’edificio di Abbottabad, ad esempio, era stato ricostruito nel Nevada e le due squadre dei Seals – poi impiegate nel blitz – avevano simulato l’attacco per una settimana di fila, anche se ogni volta alcune variabili cambiavano. A distanza di tempo l’azione reale sul terreno e quella simulata tendono a impastarsi, in specie se sono destinate a finire in un libro. Conta poco che gli incursori siano scesi sul tetto dell’edificio, come sostiene Chuck Pfarrer, oppure nel cortile interno, come sostiene il «New Yorker», perché il vero particolare che nessun libro potrà mai rivelare sono le regole di ingaggio del blitz: Bin Laden bisognava prenderlo vivo oppure eliminarlo? Se l’obiettivo era il primo gli incursori potevano utilizzare un gran numero di ordigni "incapacitanti" per annullare un’eventuale reazione, ma non sarà così: in ogni caso Osama non si arrende ma non offre neanche resistenza, nonostante l’assordante frastuono dei due elicotteri Black Hawks e gli interminabili minuti che i Seals impiegheranno per arrivare sino al terzo piano gli avessero dato tutto il tempo necessario per organizzare una difesa.
Fra il materiale sequestrato dalla Cia nell’edificio sono stati declassificati solo alcuni documenti – raccolti in Letters from Abbottabad – che sembrano dar ragione a quanti sostengono che Osama era stato escluso dalla catena di comando di al Qaida dai «giovani turchi» dell’organizzazione. Affetto da una insidiosa malattia renale non gli restava che ritirarsi a vita privata sotto l’ombrello protettivo dei servizi segreti pachistani. Se così è, ed è molto probabile che così sia, Osama non lo si poteva prendere vivo perché sapeva troppo e costituiva una pericolosa minaccia per le relazioni fra Washington e Islamabad. Le verità nascoste di Abbottabad sono quindi molte e non sarà certo No Easy Day a rivelarci quella definitiva.