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 2012  settembre 02 Domenica calendario

L’INDUSTRIA CINESE RALLENTA ANCORA

L’industria cinese rallenta ancora. L’indice Pmi che raccoglie le risposte dei direttori acquisti di 820 società cinesi in 31 settori è sceso in agosto da 50,1 a 49,2, dunque al di sotto della soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione. È il dato peggiore degli ultimi nove mesi e conferma la frenata di Pechino, già messa in evidenza da una crescita del Pil del 7,6% nel secondo trimestre, la più bassa degli ultimi tre anni.
La Cina dunque frena e gli analisti si interrogano sulle prossime mosse delle autorità per cercare di rimettere in moto l’attività economica. La Banca centrale ha tagliato i tassi in giugno e luglio portandoli al 6% mentre la riserva obbligatoria delle banche è stata ridotta più volte per cercare di riattivare il credito. L’attesa è per ulteriori manovre espansive dal momento che sul fronte della politica economica non sono previsti grandi cambiamenti. Difficile infatti che le autorità politiche annuncino grandi piani alla vigilia di un autunno nel quale il diciottesimo Congresso del partito (la data non è ancora stata resa nota) sancirà l’avvento di una nuova classe dirigente e l’uscita di scena dopo dieci anni del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao.
Il momento di difficoltà della Cina in realtà si estende a tutti i Paesi emergenti, che risentono della crisi politica dell’area euro e della ripresa lenta negli Stati Uniti. Nei giorni scorsi nuovi dati provenienti da Brasile e India hanno confermato che questi due Paesi stanno attraversando una fase ancora più critica della Cina. Il Brasile ha messo a segno una crescita modesta nel trimestre aprile-giugno (+0,4% sui tre mesi precedenti). Il dato più preoccupante è la debolezza degli investimenti, scesi ormai al 17,9% in rapporto al Pil, la percentuale più bassa dell’America Latina. La prospettiva del doppio appuntamento sportivo (Mondiali di calcio 2014, Olimpiadi 2016) e il piano di rilancio delle infrastrutture da 66 miliardi di dollari annunciato a metà agosto dal presidente Dilma Rousseff dovrebbero però ridare slancio agli investimenti nei prossimi mesi.
Anche l’India sta peggio della Cina. La crescita intorno al 5% è troppo bassa per un Paese che ambisce a recuperare il divario con Pechino ma l’instabilità politica e le debolezze strutturali (fisco, burocrazia, infrastrutture) restano handicap formidabili.
Problemi interni a parte, è l’export che sta soffrendo un po’ ovunque. In Corea del Sud le vendite all’estero sono scese del 6,2% su base annua in agosto, sesto mese su otto di contrazione nel 2012. Il «made in Korea» accusa il colpo nell’Unione europea (-9,3%) ma anche in Cina (-5,6%). Stesso copione per la Turchia, dove l’export è sceso del 4,6% annuo in agosto dopo un primo semestre positivo.