Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  settembre 02 Domenica calendario

LA TRAGEDIA DEL TALIDOMIDE E LE SCUSE DOPO MEZZO SECOLO —

Troppo poco e troppo tardi. Non sempre è possibile sintetizzare con una frase i sentimenti collettivi, ma le scuse dell’azienda farmaceutica tedesca Grünenthal, responsabile tra la fine degli Anni Cinquanta e l’inizio del decennio successivo delle terribili malformazioni subite da 10.000 bambini in tutto il mondo per gli effetti collaterali del farmaco Talidomide, non sono servite a mitigare il dolore e la rabbia delle vittime e dei loro familiari.
«Chiediamo perdono per i cinquanta anni nei quali non abbiamo trovato il modo di aprire un dialogo con voi da essere umano a essere umano e esprimiamo tutto il nostro più profondo rammarico per quanto è accaduto», ha detto l’amministratore delegato della Grünenthal, Harald Stock, a Stolberg, in Nord Renania-Vestfalia, dove si trova la sede della compagnia, nel corso di una cerimonia in cui è stata inaugurata una piccola scultura di bronzo, costata 5.000 euro.
È stata ricordata così la tragedia senza dubbio più grave della storia della medicina, ma a Stolberg non c’era quasi nessuno dei sopravvissuti tedeschi. «Si tratta di una vergogna che ci sia voluto così tanto tempo», ha detto a Liverpool il cinquantaduenne Freddie Astbury, nato senza braccia e senza gambe dopo che alla madre era stata prescritta il Talidomide per curare disturbi legati alla gravidanza. «Ho cercato a lungo senza successo di convincerli del loro comportamento criminale», ha dichiarato un’altra vittima britannica, Geoff Adams-Spink. In Australia, gli avvocati di Lynette Rowe, anch’essa priva dalla nascita di tutti gli arti, hanno definito le scuse della Grünenthal «piene di ipocrisia». «L’azienda tedesca — hanno aggiunto — sta portando avanti da sempre una strategia calcolata per mettersi al riparo dalle conseguenze morali, giuridiche e finanziarie che sono state il frutto della sua negligenza e delle sue decisioni».
La vicenda del Talidomide ha avuto un seguito per anni nelle aule dei tribunali di molti Paesi per il problema dei risarcimenti, che sono stati ritenuti largamente insufficienti (quando ci sono stati) da parte delle associazioni delle vittime. La Grünenthal, che non ha mai riconosciuto le proprie responsabilità, ha sostenuto di avere messo a disposizione un totale di 500 milioni di euro, ma non è mai stato chiaro come questi stanziamenti siano stati effettivamente ripartiti. Nel caso della Germania, per esempio, le persone colpite godono di un sussidio mensile di 1.116 euro pagato da un fondo al quale la compagnia tedesca contribuisce. In altre nazioni dove il farmaco è stato commercializzato l’attesa non è ancora finita.
«In Italia solo da pochi anni abbiamo visto riconosciuto un indennizzo da parte dello Stato, visto che le aziende a cui è stato venduto il brevetto sono fallite o scomparse, ma alcuni nostri associati stanno affrontando problemi burocratici. Dalla Grünenthal abbiamo visto per cinquanta anni solo un muro di gomma», spiega il presidente dell’Associazione Thalidomidici italiani, Vincenzo Tomasso. Secondo le cifre a sua disposizione le vittime italiane del Talidomide ancora in vita sono circa 300 su un totale di circa 6-700, molte delle quali sono morte proprio per le conseguenze delle malformazioni provocate dal farmaco. Come tutte le tragedie, anche questa ha portato con sé una lezione. «All’epoca non si pensava proprio che fosse possibile un simile effetto di una sostanza chimica sulla riproduzione — sottolinea il farmacologo Silvio Garattini — e fu proprio dopo la vicenda del Talidomide che è diventato obbligatorio fare dei test per vedere gli effetti in gravidanza. Questo, e l’introduzione della farmacovigilanza, hanno fatto sì che in cinquanta anni non ci siano più stati casi così gravi». Insomma, i controlli sono diventati più rigorosi. Sempre che le aziende farmaceutiche non agiscano fuori dai confini della legalità, magari nel Terzo Mondo, come immagina John Le Carré ne Il Giardiniere tenace.
Paolo Lepri