Marco Belpoliti, la Stampa 3/9/2012, 3 settembre 2012
LA GUAINA “MOBILE”
Tra i giovani è uno degli oggetti più richiesti. Si tratta del copricellulare, un involucro di plastica di vari colori e fogge, dalle più semplici alle più sofisticate, di plastica fluorescenti oppure confezionate con materiali pregiati. Uno dei più utilizzati dai ragazzi ha due lunghe orecchie da coniglio. Lo usano per rivestire, come se fosse un abito, gli smartphone. Lo personalizzano; del resto, gli iPhone e i BlackBerry sono tutti uguali, solo vestendoli si differenziano. È probabile che il copricellulare discenda dai copritelecomandi che sono apparsi negli Anni Settanta; di plastica nera, servivano a impedire che cadendo l’oggetto si rompesse. La funzione è simile, anche se a rompersi più spesso sono i vetri del cellulare. Ma cosa sono esattamente gli involucri? Secondo i dizionari: «Tutto ciò che ricopre esternamente qualcosa»; il termine appare alla fine del Seicento. L’involucro avvolge tutto (dal latino «involutum»); per lungo tempo è stato in uso soprattutto in ambito botanico. Oggi gli involucri sono dappertutto. Due studiosi di design, Antonio D’Auria e Roberto De Fusco, distinguono tra involucri e invasi. Sono invasi i bicchieri, le tazze, le bottiglie; l’invaso può contenere, mentre l’involucro fascia e non contiene. Nella loro classificazione sia l’involucro che l’invaso appartengono poi alla categoria dei «contenitori», a sua volta divisi in «contenitori cavi» (la pentola e il copricellulare) e «contenitori pieni» (il computer e la lampada). Quella dei contenitori è la classe di oggetti più estesa nella nostra civiltà. Guardando i copricellulari ci si può domandare: ma non sono delle scatole? La scatola è letteralmente «un contenitore con coperchio a forma di cilindro o parallelepipedo, di limitate dimensioni, realizzato con materiali diversi, e destinato a contenere svariati prodotti». La scatola come l’involucro si differenzia dall’invaso. Che differenza c’è tra i due? L’involucro non è necessariamente chiuso; inoltre avvolge, ma non contiene. Più che un involucro il copricellulare è una guaina, un fodero, una membrana che preserva l’oggetto da urti o colpi che potrebbero lederlo. L’etimo di guaina è perfetto: dal latino vaginam, dove la parola di origine indoeuropea, per influsso del germanico, ha trasformato il va- in gua-. Spiegato tutto?