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 2012  settembre 03 Lunedì calendario

TRA GLI ETERNI RIVALI D’ALEMA-VELTRONI ALLA FINE SCOPPIÒ LA PAX LETTERARIA

FRA i danni collaterali dell’odierna politica, oltre a una sensazione di stanchezza di fronte al perenne riapparire dei soliti personaggi, c’è che di questi ultimi non si osserva più ciò che fanno, ma perché lo fanno, e come (spesso lo fanno male, e quasi sempre lo fanno per non confessate e ormai automatiche smanie di protagonismo).
Questa desolante e desolata premessa vale purtroppo anche per i politici che, dismessa in via provvisoria la loro vocazione, com’è nel loro diritto scrivono romanzi, e in buona fede li presentano, o con la massima diligenza se li recensiscono, pure tra di loro, sulla base di spazi, aggettivi, allusioni e messaggi che per forza di cose suscitano giudizi più o meno maliziosi. Con il che si annuncerebbe, con il dovuto entusiasmo, che D’Alema e Veltroni stanno per fare pace, o forse l’hanno già fatta.
Comunque pace letteraria. Lo si deduce dalla recensione, apparsa ieri in prima pagina dell’Unità, che il primo ha firmato sull’ultimo romanzo del secondo, “L’isola e le rose” (Rizzoli), avventurosa storia e proto-sessantottesca di una piattaforma “liberata” nelle acque dell’Adriatico.
A giudicare dai toni D’Alema, culturalmente piuttosto schizzinoso e notoriamente caustico a proposito di certi languori veltroniani,
l’ha molto gradito. Fino a sottolineare, incredibile a dirsi, un “simpatico” riferimento dell’autore alle figurine Panini.
Il libro, “che ha il sapore della nostalgia”, ha avuto il potere di riportarlo “in un tempo cruciale” della sua gioventù, considerazione che peraltro gli ha stimolato, in apertura, un capoverso di sommari ma significativi cenni autobiografici, da Praga a Francoforte. D’altra parte Veltroni
racconta la vicenda “con molto garbo e affettuosa partecipazione”; egli narra “con freschezza” questa “incredibile storia vera” di ragazzi. Di più: “E’ straordinario come Walter sappia raccontare” la vita di una generazione. Sia pure attenuato da un “forse”, si spinge a scrivere D’Alema che dal romanzo “traspare un amore profondo verso il nostro Paese e una fiducia nelle sue potenzialità”. Impegnativo il titolo dell’Unità,
quotidiano che sia l’uno che l’altro hanno diretto: “Un sogno può riunire i figli con i padri”. Ora, se l’inesausta rivalità tra i due leader non fosse ampiamente documentabile, in uno sfinimento psico-relazionale che oltretutto non ha mai recato speranza né fortuna al Pds, ai Ds e ora al Pd, nella recensione passerebbe probabilmente inosservato il passaggio in cui con iniziatico richiamo a Pajetta che di
Berlinguer disse che si era iscritto giovanissimo alla direzione del Pci, Massimo fa notare che Walter “si è iscritto giovanissimo” (anche) al sessantotto, avendo non più di 13 anni quando scoccò la fatale scintilla.
E’ noto che a essere malignetti si fa peccato, ma la lettura del paginone riporta irresistibilmente alla memozia quello che nel suo “Millecinquecento lettori” Enzo Forcella (Donzelli,
2004) definì “l’atmosfera delle recite in famiglia, con protagonisti che si conoscono fin dall’infanzia, si offrono a vicenda le battute, parlano una lingua allusiva e, anche quando si detestano, si vogliono bene”. Pure confermato nello specifico post-comunista da Andrea Romano in “Compagni di scuola” (Mondadori, 2007), tale ventennale alternarsi di picche e ripicche, riavvicinamenti e riconciliazioni, non appare al momento ciò di cui ha bisogno un centrosinistra in ansia di svecchiamento.
Se nel 1994, agli albori dell’annoso e superbo antagonismo, i due si presentarono ai rispettivi figlioli come lo zio Massimo e lo zio Walter, nel frattempo sono
entrambi anagraficamente candidati a diventare nonni. E senza nulla togliere all’Isola delle rose e all’alata recensione dell’Unità, viene il sospetto che siano i tempestosi venti e i minacciosi eventi in arrivo, più che la strategia e la nostalgia, a spingerli oggi a stare insieme. In un modo e per obiettivi che, considerati gli ideali della loro gioventù, rischiano di fare torto a entrambi.