Isidoro Trovato, La Lettura 2/9/2012, 2 settembre 2012
UN GRECO LAVORA (QUASI) COME DUE TEDESCHI
Contro ogni luogo comune. L’Italia straccia la Germania nello «spread del lavoro» con un vantaggio di 361 ore. Il nostro infatti (secondo i dati Ocse) è uno dei Paesi in cui si passa più tempo al lavoro con 1.774 ore all’anno contro le 1.413 ore della Germania. Ma la «rivincita» avviene anche con Paesi come la snob Finlandia oppure l’Olanda dove si lavora solo 1.379 ore l’anno (anche se sono previsti solo 20 giorni di ferie). Il mappamondo del lavoro tiene conto di due elementi: il numero di ore lavorate in un anno e il numero di giorni di ferie. Ed è proprio quest’ultimo il punto debole italiano. Il nostro infatti è uno dei Paesi industrializzati che prevede più giorni di ferie retribuite obbligatorie: sono 20 all’anno a cui se ne aggiungono altri 13 di festività.
Ma la sorpresa più eclatante del grafico è rappresentata dalla Grecia, il vituperato fanalino di coda dell’Unione europea sempre in bilico tra la bancarotta e la sopravvivenza. Sarà anche vero che in Grecia hanno troppi dipendenti pubblici, un’età pensionistica troppo bassa e delle retribuzioni troppo alte, ma forse il premier greco Samaras potrebbe presentarsi alla sua collega Merkel e dimostrare che un greco lavora mediamente il 40 per cento in più di un lavoratore tedesco. Chissà, magari potrebbe servire ad alzare il rating della reputazione greca in Europa.
Un problema, quello della reputazione produttiva, che non hanno i Giapponesi, da sempre considerati i degni eredi di Aleksej Stachanov, il minatore russo nominato «lavoratore modello» dal governo sovietico. I lavoratori giapponesi ne seguono le orme concedendosi solo 18 giorni di ferie l’anno e usandone (in media) la metà. Però il vero modello stachnovista sono proprio gli Usa ad adottarlo: sono infatti l’unico Paese industrializzato a non garantire ferie retribuite (ne fanno in media 15 giorni l’anno e lavorano quasi 1.800 ore). Un incrocio tra Est e Ovest ampiamente previsto da John Steinbeck nel suo romanzo La battaglia (tradotto in italiano da Eugenio Montale per Bompiani nel 1940), storia di uno sciopero di lavoratori Usa organizzato da un attivista del Partito comunista americano. Il New York Times di allora lo definì «il miglior romanzo sul lavoro e gli scioperi ad essere stato pubblicato nella nostra attuale situazione di tensione economica e sociale». Era il 1936 ma somigliava tanto ai nostri giorni.