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 2012  settembre 01 Sabato calendario

Non è una sorpresa: ora, però, che la Germania non voglia che la Bce vigili su tutte e seimila le banche europee - e soprattutto gli istituti regionali tedeschi -, lo ha messo in nero su bianco il ministro delle Finanze di Berlino, Wolfgang Schaeuble

Non è una sorpresa: ora, però, che la Germania non voglia che la Bce vigili su tutte e seimila le banche europee - e soprattutto gli istituti regionali tedeschi -, lo ha messo in nero su bianco il ministro delle Finanze di Berlino, Wolfgang Schaeuble. Lo ha fatto con una lettera al Financial Times , pure a costo d’uno scontro con la Commissione che invece invoca un controllo coordinato, globale e totale. I tecnici del responsabile per i mercati finanziari, Michel Barnier, stanno limando la proposta che l’esecutivo intende approvare il 12. E’ il grande E-Day, il cui portoghese leggerà il discorso sullo Stato dell’Ue. Barnier ha spiegato a Il Sole24Ore che tutte le banche devono essere «assolutamente» vegliate dal centro. Consapevole della difficoltà, vede un processo graduale: da gennaio, faro sugli istituti sostenuti dal fondo salvastati Esm; da giugno quelli considerati sistemici, dal 2014 nessuno dovrà essere escluso. «In un mondo dove la vigilanza è coordinata solo per quelle transfrontaliere, ci saremmo persi Bankia», spiega una fonte europea. A proposito. Mentre Madrid annunciava la creazione (gradita da Bruxelles) di una “bad bank” farà affluire il peggio del credito iberico, Bankia ha fatto sapere di aver perso 4 miliardi nel primo semestre. Un’iniezione di capitale è inevitabile e il fondo di garanzia spagnolo Frop si impegna a effettuare immediatamente un versamento ponte, in vista dell’intervento del’Ue. Un comunicato dell’Eurogruppo ha precisato che le autorità spagnole intendono ristrutturare Bankia entro ottobre come previsto dal Protocollo legato al pacchetto di 100 miliardi costruito dall’Eurogruppo. Dato l’ok dalla Commissione, in novembre potrà aprirsi il salvadanaio senza che la dote preventiva di 30 miliardi di luglio sia stata toccata. Dovrà ragionare su questo Schaeuble, che vuole difendere i gioielli di casa in vista delle elezioni. «Dobbiamo fuggire per sempre dall’approccio leggero di una volta e dotare il supervisore di responsabilità chiare e reali, nonché di poteri coercitivi e risorse adeguate», attacca il ministro tedesco. Per questo, «esso deve focalizzarsi sulle banche che possono creare problemi a livello sistemico (20-25, ndr): non possiamo attenderci che sappia vigilare su tutte». La Commissione Ue sarà sottoposta a un test politico di rilievo e ad ogni sorta di pressione. Per difendere la propria credibilità dovrà resistere. Martin Schulz, presidente dell’Europarlamento, sta con la cancelleria su Landesbank e Sparkasse. «In Germania il sistema è molto specifico - ha detto a La Stampa -. Sinora le grandi banche hanno presentato le piccole come concorrenti e chiesto norme omogenee. Però sono loro che hanno speculato e perso miliardi. Le regionali non vogliono pagare il conto ed è comprensibile». Un portavoce dell’esecutivo europeo ha confermato la strategia di Barnier, ricordando che il ruolo delle vecchie autorità nazionali deve ancora essere definito. Potrebbe essere una via di uscita, visto che la nuova vigilanza «avrà la Bce come pivot dei guardiani locali». Intanto pare scontato che sarà proposta la centralizzazione per i diciassette dell’Eurozona più chi vorrà; che la licenza bancaria potrebbe dipendere dalla Bce; che tutto sarà completato da uno schema di garanzia comune dei depositi e da un fondo per le crisi. L’arrivo alla supervisione unica permetterà all’Esm di intervenire direttamente per ricapitalizzare le banche in crisi. Il direttore del Fondo, Klaus Regling, ha detto ieri che lo strumento salvastati «diverrà operativo con tutta probabilità a ottobre». Notizia quasi scontata se la Corte di Karlsruhe darà il suo assenso nell’E-day del 12 settembre. Un sogno che si trasforma in incubo, nel caso contrario. TONIA MASTROBUONI In queste settimane cruciali si sta definendo la nuova vigilanza bancaria europea. E si potrebbe pensare, visti gli eccessi di protagonismo di qualche banchiere centrale, che alcuni governatori si stiano predisponendo a una guerra di posizione per non perdere una funzione fondamentale. In fondo, ceduto tredici anni fa lo scettro della moneta a Francoforte, per molte delle 17 banche centrali dell’euro il compito di supervisionare il sistema creditizio era diventato quello più importante. Una delle maggiori storie di successo, in questo senso, è quella della Banca d’Italia, che ha monitorato su un sistema che si è rivelato tra i più solidi dell’area euro e molto più efficiente di altri, dove la supervisione si è dimostrata lacunosa o addirittura lassista - si pensi alla Spagna (dove la catastrofica storia delle Cajas parla da é) ma anche alla Germania (dove la supervisione è divisa tra Bundesbank e Bafin e non ha scongiurato i disastri delle Landesbanken e il dissesto di Commerzbank). Ma chi pensa che Ignazio Visco stia resistendo per questo a una vigilanza bancaria europea, si sbaglia di grosso. È vero il contrario, come dimostrano anche gli scambi riservati con Draghi. E in queste ore in cui è in costante contatto con il commissario al Mercato unico Barnier ma anche con il presidente della Commissione Ue Barroso e i leader europei per contribuire alla definizione della proposta sulla vigilanza, il presidente della Bce ha in testa proprio il modello italiano. Nelle convulse settimane estive di consultazione tra “centro” e “periferia”, anche via Nazionale ha fatto pervenire a Draghi la sua posizione sulla riforma. La Banca d’Italia condivide in pieno l’idea che la vigilanza bancaria e la politica monetaria possano «convivere sotto lo stesso tetto». Perché l’indipendenza della banche centrali, scolpita negli statuti e ormai indiscussa, può «supportare fortemente l’indipendenza delle autorità di vigilanza» che è naturalmente una precondizione per un buon funzionamento della futura vigilanza. Lo scambio di informazioni tra i due settori, oltretutto, può potenziare significativamente le funzioni di entrambi, nella testa di Visco. Come a dire che se la Bce conosce bene la situazione finanziaria delle banche, può anche intervenire più efficacemente sul mercato. E, come a rispondere alle obiezioni che ci sia un potenziale conflitto di interessi tra le due funzioni, via Nazionale fa notare che le azioni straordinarie intraprese nei mesi e anni scorsi (come le mega iniezioni di liquidità) non hanno mai interferito con la capacità della Bce di mantener sotto controllo l’inflazione. Resta aperta anche una questione rimasta un po’ sottotraccia, dal vertice del 28-29 giugno che ha partorito l’accordo per la riforma. Che fine farà l’Eba, l’autorità di regolazione degli istituti di credito istiuita appena due anni fa? Per Bankitalia la soluzione migliore sarebbe una divisione dei compiti tra Bce e Eba. Alla prima spetterebbe la vigilanza sull’eurosistema, alla seconda resterebbe il compito della regolazione, cioè di formulare le regole. Via Nazionale non si esprime su una delle questioni più dibattute tra Berlino e Bruxelles: quale debba essere il perimetro delle banche, se la vigilanza debba essere cioè confinata a quelle sistemiche o a tutti gli istituti. Ma sostiene che non si possa assolutamente fare a meno di un «fondo comune» europeo e a un «fondo di liquidazione» adeguati che facciano da cuscinetto nel caso di fallimenti. Infine, sui poteri della vigilanza europea Visco è stato chiaro anche nei suoi discorsi pubblici: il «soft touch» di alcuni paesi «è inappropriato». Il poteri di intervento devono essere trasparenti e severi.