D.Ta, Corriere della Sera 1/9/2012, 1 settembre 2012
DAL NOSTRO INVIATO
JACKSON HOLE (Wyoming) — Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann è considerato un falco, rigido come l’acciaio nel difendere l’ortodossia monetaria teutonica. In realtà è una persona di enorme cortesia, in genere gentile e sorridente. Lo ha confermato ieri, a Jackson Hole, nel Wyoming, dove partecipava al simposio dei banchieri centrali mondiali. Mentre diceva di non volere commentare l’indiscrezione secondo la quale avrebbe minacciato più volte di dimettersi dalla banca centrale tedesca — riportata ieri dal quotidiano Bild — elargiva sorrisi tanto ai giornalisti quanto agli altri banchieri, compreso il presidente della Fed Ben Bernanke del quale presumibilmente (non lo dice) non condivide la linea di creazione forzata di massa monetaria.
L’indiscrezione, però, ha una forte dose di credibilità. Weidmann è contrario all’intervento della Banca centrale europea sul mercato dei titoli sovrani, in particolare all’acquisto di bond spagnoli e italiani, operazione che potrebbe essere annunciata da Mario Draghi il prossimo 6 settembre. Ciò costituirebbe a suo parere un finanziamento dei governi da parte della Bce, pratica vietata dai trattati europei, e sarebbe una droga che crea dipendenza, dalla quale sarebbe poi molto difficile rientrare. Su questa posizione, però, il presidente della Bundesbank è isolato nel consiglio della Bce e, soprattutto, non ha raccolto l’appoggio esplicito di Angela Merkel. Ieri un portavoce del governo di Berlino non ha commentato la minaccia di dimissioni — che sarebbe rientrata proprio grazie a un intervento di Frau Merkel e del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble — ma ha detto che la Cancelliera sostiene Weidmann e ritiene che egli e la Bundesbank dovrebbero avere «la maggiore influenza possibile» nella Bce.
A causa delle operazioni di acquisto di titoli di Paesi europei in crisi, due banchieri centrali tedeschi si erano già dimessi nei mesi scorsi, l’ex presidente della Bundesbank Axel Weber e il membro del direttorio della Bce Jürgen Stark. A dimostrazione di quanto sia sensibile il tema per l’impostazione tedesca in fatto di stabilità finanziaria. Ora, le dimissioni minacciate da Weidmann aumentano la pressione su Draghi, impegnato a trovare un difficile equilibrio su tempi e modi dell’intervento sui mercati: l’opposizione della Bundesbank non può essere presa con leggerezza.
Ieri, Weidmann non è intervenuto nel dibattito di Jackson Hole, anzi si è assentato in anticipo. La sua convinzione è però sempre la stessa: l’Italia ce la può fare da sola e, in ogni caso, ci sono altri modi che non coinvolgono la Bce per aiutare i Paesi in difficoltà.
D. Ta.