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 2012  agosto 31 Venerdì calendario

«IL GIOCO AMBIGUO DEL GEMELLO»

Ora è di nuovo innamorata, «sì, tanto». Di un amore che per lei, ogni volta, dev’essere «divertente e spensierato».
«Se invece ti appesantisce l’esistenza, non ha senso». La prima folle passione di Delfina Delettrez, figlia di Silvia Venturini Fendi e mamma di Emma, 5 anni, avuta dall’ex compagno, l’attore Claudio Santamaria «ci siamo lasciati ma l’affetto che ci lega è più intenso di prima», fu Jean Paul, lo skipper dello yacht di famiglia. «Avevo tre anni e ricordo ancora l’emozione quando in Grecia mi addormentai in un ristorante dove i mei erano andati a cena e mi risvegliai tra le sua braccia sulla passerella per risalire in barca». Dell’ultimo amore, non vuole dire nulla, ma la fa «star bene». In mezzo, alcune storie importanti, «sempre attenta a non cedere alla tentazione di volersi "fondere" con l’altra persona ma immaginando soltanto due percorsi che si avvicinano, si sfiorano, ma non diventano mai una sola cosa».
Un’infanzia vissuta tra Roma e Buzios, 50 km a Nord di Rio De Janeiro, Delfina è una fanciulla dai contrasti forti: un po’ adulta un po’ bambina, trasgressiva e un po’ dark, ma anche solare e romantica. Mani d’oro con cui creare preziosi e ironici gioielli, come l’anello con teschio in argento notato al dito di Carla Bruni o le collane, sempre in tema «scheletro», indossate da Rihanna, e una testa brillante dove il racconto del suo breve ma intenso passato è punteggiato di sorprese, emozioni, ricordi di dettagli e di immagini evocative, a volte sorprendenti. Come quelle, nitidissime, del suo «primo bacio» a tredici anni. «Il primo amore è arrivato direttamente a casa, quindi comodissimo — ricorda l’erede Fendi di quarta generazione — l’amico del cuore di mio fratello Giulio Cesare, tre anni più grande di me, un ragazzo belga che stava sempre a casa nostra, come uno di famiglia. E a volte, ai due, si aggiungeva anche il suo fratello-gemello, chiamiamolo Sean. Io in quel periodo mi sentivo molto femminile, ma ero anche piuttosto chiusa e rimanevo ore in camera da sola a leggere o a sentire la musica: una mini depressione precoce».
Però quel tipo l’attraeva parecchio e passava ore a guardare quei «maschiacci» dalla finestra mentre giocavano in giardino a interpretare «missioni speciali» con nomi in codice, tute mimetiche, anfibi e pistole ad aria compressa. «Ci credevano davvero, era proprio un gioco "serio". Così, per farmi accettare e condividere le loro "ossessioni", non mi sono tirata indietro nemmeno di fronte a notti in sacco a pelo d’inverno, assalti all’alba e battaglie tra gli arbusti. I due gemelli però, due gocce d’acqua per aspetto fisico, erano opposti di carattere: quello che piaceva a me, l’amico di Giulio Cesare, era irrequieto e scanzonato, l’altro molto più tranquillo. E spesso "spariva" per andare a leggere Diabolik appoggiato a un albero proprio sotto la mia finestra. A un certo punto si era creata una sorta di catena i cui io cercavo di piacere al più ribelle, ma innescavo una rezione nell’altro».
Un giorno, tutti pronti all’azione: oltre a corde, scarponi e pistole, anche passamontagna fatti con le calze della mamma, ognuno di un colore diverso: Giulio rosso, Sean arancio, Delfina nero, l’altro gemello verde. «Ci andiamo a nascondere e all’improvviso sento qualcuno alle spalle che, ancora con la calza verde in testa, mi bacia energicamente. Resto qualche minuto sotto shock nella casetta del cane, seguo con l’occhio il mio spasimante e vedo che...si era andato a ripiazzare sotto l’albero. Ho capito all’istante: Sean, all’ultimo momento, si era cambiato il passamontagna con il gemello. Comunque mi era piaciuto e ricordo ancora il batticuore per quello che era successo: il bacio, ma anche scoprire che era lui! È incredibile come a tredici anni possa scattare come niente un nuovo interesse, come basti poco a farti cambiare direzione. Poi la storia è durata qualche mese e ci siamo divertiti. Ho superato anche quel momento di malinconia perché sentirsi amati, a quell’età, è importante».
Ieri come oggi, perché Delfina lo ammette: «l’amore condiziona anche le scelte stilistiche e la realizzazione dei miei gioielli: nei materiali, nelle pietre, nei colori. Non mi reputo una romantica, ma associo sempre l’amore al dolore, perché sono legati, indissolubili: chi ama, soffre». Forse per questo, quando nelle sue creazioni ha raffigurato dei cuori, erano sempre trafitti da frecce insanguinate.
Flavia Fiorentino