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 2012  agosto 31 Venerdì calendario

C’È UN SUPER RISO CHE PARLA ITALIANO

Per giorni, la notizia è passa­ta sotto silenzio. Colpa di quella introgression geneti­ca che suonava tanto Ogm, argo­mento tabù nelle redazioni. Inve­ce, il gene PSTOL1 può essere in­trodotto nelle varietà coltivate con procedimenti tradizionali ed è precisamente questo che av­verrà, in virtù di una scelta dell’Ir­ri, l’istituto di Manila che guida il progetto di ricerca e che ha scopi umanitari. Quindi, come attesta la prestigiosa rivista scientifica Nature, gli italiani dell’Università di Milano hanno partecipato alla scoperta di un meccanismo natu­rale che aumenterà del 20% la produttività del riso, contribuen­do a combattere la fame nel mon­do. Senza transgenesi.
«Le varietà coltivate oggi non pre­sentano più questo gene che agi­sce sullo sviluppo radicale e per­mette di massimizzare l’assorbi­mento del fosforo e di altri nu­trienti - spiega Paolo Pesaresi, uno dei ricercatori italiani che hanno partecipato al progetto - . Il nostro compito è stato quello di indivi­duare, nell’ambito di una sequen­za genomica scoperta dieci anni fa in una specie originaria dell’India, il gene PSTOL1 (Phosphorous Starvation TOLerance 1) che con­sente alla pianta di sviluppare un apparato radicale molto più esteso e quindi di assorbire con maggior efficienza il fosforo, la cui carenza, in alcune aree del pianeta, limita la produttività».
La ricerca è internazionale, lo staff italiano è guidato dal professor Martin Kater e le cultivar selezio­nate saranno offerte gratuitamen­te ai paesi in via di sviluppo, per i quali il riso rappresenta la prima fonte di nutrimento. Diffondere varietà più produttive significa ri­durre i costi dei contadini poveri: dal 2006 i prezzi dei concimi sono triplicati. La Fao stima che per sfa­mare nove miliardi di persone en­tro quarant’anni si debba aumen­tare la produttività del 70% e l’on­da lunga della rivoluzione verde ­tutta breeding tradizionale e agro­chimica - si sta esaurendo: in alcu­ne specie vegetali, i frutti assorbo­no già il 50% del peso della pianta e lo stesso Norman Borlaug, il pa­dre della rivoluzione verde, ha am­messo che per superare queste so­glie bisognerà rivolgersi agli Ogm. Si comprende allora l’importanza di un balzo del venti per cento.
«Nel lavoro si dimostra come lo stesso risultato possa essere otte­nuto in tempi molto più rapidi con la transgenesi - spiega Pesaresi, che ha lavorato al progetto con Ludovico Dreni, della stessa uni­versità - ma si è deciso di non ri­correre a organismi geneticamen­te modificati per portare il gene PSTOL1 nelle nuove cultivar. Ciò implicherà tempi di riproduzione maggiori, ma permetterà l’ampia diffusione delle nuove cultivar senza restrizioni di sorta». Il geno­ma della pianta, infatti, non viene modificato con tecniche di inge­gneria genetica: il gene ’fosforife­ro’ passa dall’antico riso Kasalath alle nuove varietà attraverso il me­todo tradizionale dell’incrocio. La scelta di escludere la transgenesi da questa ricerca - i cui risultati potranno comunque essere appli­cati in agricoltura entro un decen­nio - si spiega con il fatto che la campagna anti-Ogm ha già fatto una vittima illustre in campo risi­colo. Il golden rice, un cereale ar­ricchito con betacarotene per cu­rare l’avitaminosi delle popolazio­ni povere, è nato dodici anni fa e nessuno accetta ancora di colti­varlo, neppure nei Paesi in via di sviluppo. Anche i consumatori eu­ropei sono contrari agli Ogm e nel­l’Ue la produzione agrobiotech è vietata.
La nuova scoperta conferma che esiste un’alternativa. «Il PSTOL1 ­dice il professor Kater - apre im­portanti prospettive per il miglio­ramento genetico del riso e potrà contribuire alla creazione di nuove varietà altamente produttive», che consentiranno di limitare l’uso di fertilizzanti e potranno crescere anche in terreni carenti di fosforo, come quelli delle Filippine e del­l’Indonesia. Potrà essere utilizzato anche in Italia per produrre più Carnaroli? «Non è in agenda, ma non è escluso» è la risposta di Pe­saresi.