Michele Brambilla, la Stampa 31/8/2012, 31 agosto 2012
ALLA STORIA NON SERVONO GLI ULTRA’
In Italia i conti con la storia sono sempre difficili e così le interviste del nostro Maurizio Molinari sul ruolo degli Stati Uniti durante Mani pulite hanno provocato una serie di reazioni a dir poco sopra le righe. D’altronde in un Paese in cui si litiga ancora sui morti, da Mussolini al Risorgimento, figuriamoci che cosa può succedere quando una ricostruzione tocca i nervi scoperti dei vivi.
Vivi, oltretutto, che dai fatti di cui si parla hanno avuto la carriera stravolta, chi in peggio e chi in meglio.
Dunque: Molinari ha prima pubblicato un’intervista (di cui c’è documentazione scritta) con l’ex ambasciatore Usa a Roma Reginald Bartholomew, morto domenica scorsa; poi ne ha fatta seguire un’altra con Peter Semler, ex console americano a Milano (e prima ancora consigliere militare-politico che gestì l’arrivo dei missili Cruise a Comiso: così, lo ricordiamo tanto per sottolineare che i due intervistati non sono proprio figure di secondo piano).
In stringata sintesi, i due hanno detto questo. Semler che frequentava Di Pietro; che aveva saputo da lui con qualche mese di anticipo di importanti inchieste che avrebbero coinvolto i vertici del Psi; che a Milano era tangibile la sensazione che «in Italia stava per cambiare tutto». Bartholomew, invece, ha detto che, arrivato a Roma a inchiesta di Mani Pulite già iniziata, a un certo punto si preoccupò per i suoi eccessi e soprattutto per il rischio che la transizione italiana fosse gestita esclusivamente dai magistrati, senza che fosse pronta una nuova classe politica dirigente.
Tutto questo ha ridato fiato agli opposti estremismi nati proprio allora. Da un lato le vedove inconsolabili della Prima Repubblica, le quali da quei giorni urlano al complotto, alla mitica riunione dei poteri forti sul panfilo Britannia, insomma a un Di Pietro burattino e agli americani burattinai. Dall’altra parte, i nostalgici dei bei tempi delle manette facili vedono nelle interviste a Semler e Bartholomew un tentativo di delegittimare il Di Pietro di allora e, per estensione, la magistratura di oggi.
Elucubrazioni e dietrologie. Chi crede alla teoria del complotto ha evidentemente una fiducia smisurata nelle capacità degli uomini. Mani Pulite esplose, e la Prima Repubblica implose, per una serie di fattori che vennero a coincidere nel tempo: primo fra tutti il logorio di una classe politica da troppo tempo al potere; poi, sì, anche la fine della guerra fredda; l’esasperazione di una classe imprenditoriale che era stufa di pagare tangenti e che per questo si mise in fila all’ingresso della Procura di Milano; e, ancora, l’abilità investigativa (perché sottovalutare anche questi aspetti?) di un formidabile poliziotto-magistrato che si chiamava Antonio Di Pietro. Tutto questo e molto altro ancora. Chi crede al complotto dimentica soprattutto che Mani Pulite decollò davvero solo dopo lo straordinario successo della Lega alle politiche dell’aprile 1992: e il successo di un movimento guidato da un uomo in canottiera che parla in dialetto e che aveva fatto due finte feste di laurea non è prevedibile, né tantomeno pianificabile, da nessuna Cia e da nessuna massoneria del mondo, neanche se imbarcata sul Britannia.
Dopo di che, succede che quando un cambiamento è in corso, molti cercano di indirizzarlo, di cavalcarlo, di gestirlo. E in questo le interviste di Molinari sono illuminanti. Intanto ci fanno capire che «gli americani» non sono un blocco monolitico. Semler, che stava a Milano, vedeva quel che tutti a Milano vedevano: e cioè che un uragano stava abbattendosi sull’Italia. Bartholomew - e ancor di più, prima di lui, Secchia da Roma la vedeva invece come la vedevano i politici romani: cioè non vedevano, chiusi com’erano (e purtroppo come sono ancora) nel loro mondo fuori dal mondo. Poi, a bufera scoppiata, si tentò di intervenire con realismo: e il realismo portava a capire che il tempo dei vecchi partiti era sì finito, che l’inchiesta contro la corruzione era sì stata un bene, ma che a quel punto bisognava evitare che il Paese fosse governato dalle Procure. Neppure i procuratori - almeno quelli non accecati - lo volevano.
Di tutto questo dovrebbero tenere conto gli ormai un po’ patetici ultrà pro o contro Mani Pulite. Così come fa sorridere la tesi del complotto a tavolino, fanno quasi tenerezza coloro che ancora oggi negano che la carcerazione preventiva fu usata come mezzo per ottenere confessioni. La verità è che tutti sapevano che Di Pietro interrogava come interrogava Tex Willer: ma a tutti, ai primi tempi, andava bene così. Poi è cominciata la stagione delle riflessioni.
Ecco. A questo dovrebbero servire le ricostruzioni storiche. A ragionare, a freddo, sul passato, per capire meglio il presente. Molti, in Italia, evidentemente non sono ancora pronti. Ma bisogna cominciare lo stesso.