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 2012  agosto 31 Venerdì calendario

CHE SPRECO DI CARTA

Mettetevi la sanità in tasca. Era questo il grande disegno di Roberto Formigoni, mirabilmente sfruttato come spot di propaganda nelle campagne elettorali di questo e dell’altro secolo. Un progetto nobile, nulla a che vedere con i quattrini finiti nelle tasche dei suoi compagni di vacanze, che gli sono costati l’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione. Stiamo parlando infatti della smart card lombarda che ha rimpiazzato la tessera sanitaria nazionale: un gioiello di tecnologia, con tanto di microchip e il burocratico nome di Carta regionale dei servizi (Crs). Un gadget prodigioso costato alle casse del Pirellone oltre un miliardo e mezzo di euro, tra la spesa per le card e quella per la rete informatica con cui si dovrebbero interfacciare. Peccato che quasi nessuno sfrutti i superpoteri della Formi-card: oggi viene utilizzata come la banale tesserina nazionale in plastica, per prendere farmaci con la ricetta della Asl o per dimostrare la maggiore età nel comprare sigarette dai distributori automatici. E la possibilità di connettersi da casa per prenotare visite ed esami, saltando miracolosamente code e attese telefoniche? O per scegliere il medico di base o accedere a tanti altri servizi regionali, come i sussidi per la disoccupazione?
Si è rivelata troppo complessa, macchinosa e astrusa. Tanto che su 9 milioni e mezzo di lombardi dotati della tecno-carta, solo una esigua minoranza la impiega per "mettersi in tasca la sanità". Il problema sta proprio all’origine. La Formi-card richiede una macchinetta a parte, un lettore da installare accanto al computer domestico. E non a tutti piace ingombrare la scrivania con un altro apparato. Il lettore, poi, non è gratuito. In passato venne offerto assieme a un quotidiano al prezzo di 7,5 euro, adesso ne costa trenta. Inoltre l’uso del dispostivo non è semplice: basta leggere la mole di spiegazioni sul sito regionale per farsi un’idea. La complessità del sistema scelto dalla Regione ha vanificato l’investimento record per lanciare la Crs, partita in via sperimentale nel lontano 1999. Da allora soltanto 400 mila lettori sono stati distribuiti. Doveva essere uno «strumento innovativo per facilitare e agevolare nel quotidiano il rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione». Si è rivelato un flop, di dimensioni colossali.
L’assessore alla Digitalizzazione Carlo Maccari spiega che «è sbagliato considerare il miliardo e 600 milioni come solo costo della carta. La maggior parte della spesa è servita a dare alla sanità regionale un avanzatissimo sistema di informatizzazione che mette in rete tutti gli operatori sanitari». A fare i conti dello spreco è però il consigliere regionale del Pd Alessandro Alfieri, che abbassa ulteriormente il numero di "utilizzatori finali": «Su oltre nove milioni di badge distribuiti solo 200 mila vengono usati per gli scopi per la quale è nata. Il progetto ha comportato un investimento enorme e i dati sono molto deludenti. I lombardi sul Web fanno acquisti, prenotano le vacanze, gestiscono il proprio conto corrente ma non usano la carta dei servizi regionale, perché è molto complicato farlo».
Così le pompose smartcard "made in Lombardy" si sono arenate tra gli scogli di una pessima gestione, limiti tecnologici e speculazioni politiche. Singolare la sua massiccia distribuzione nella primavera del 2005: in piena campagna elettorale, il governatore la fece piovere in tutte le abitazioni, con tanto di lettera firmata di suo pugno nella quale si spiegavano le "meraviglie" del tesserino, l’eccellenza della sua politica sanitaria.
L’assessore leghista alla Sanità, Luciano Bresciani, aveva garantito che grazie al sistema tecnologico «non c’è più bisogno di fare code». Ma la Formi-card rimasta inutilizzata non ha influito sulle file e le liste d’attesa. Mentre ha arricchito i fatturati di Lombardia Informatica, la società regionale di e-government: con 635 dipendenti e un bilancio 2010 di 192 milioni, è sempre stata considerata un modello di lottizzazione. Il presidente Lorenzo Demartini, ex consigliere regionale della Lega Nord, e lo stesso Formigoni guida il consiglio di sorveglianza.
I costi per la gestione e la manutenzione di tutta la rete dell’informatica sanitaria varata con la carta sono pesanti: 162 milioni di euro nel 2011, 170 milioni nell’anno precedente, fino ad arrivare alla cifra astronomica di un miliardo e 532 milioni di euro nei dodici anni di vita del progetto. E per il solo tesserino color giallo, negli ultimi due anni il braccio informatico del Pirellone ha sostenuto spese per 27,5 milioni di euro sotto la voce "progettazione, sviluppo e attivazione". Non solo. A Lombardia Informatica le casse lombarde versano un canone annuale di 11,25 euro per ogni tessera distribuita attivata e - cosa alquanto illogica - otto euro per ogni invio non arrivato a destinazione. In pratica finora sono stati spesi 160 euro per ogni cittadino lombardo, neonati inclusi. Senza che tanti dei servizi promessi siano mai stati resi operativi, come l’accesso al sito dell’Agenzia delle Entrate, ai corsi di formazione online di italia.gov, ai siti delle amministrazioni locali fino all’uso come bancomat dei ticket sanitari.
Tutto finito su un binario morto e anche gli utenti attivi sono solo il 2 per cento: soltanto un lombardo su 50 la usa per prenotare le visite o consultare la cartella clinica. E pensare che Formigoni la presentava come «le grandi società ci hanno detto che nessuno al mondo ha mai avuto un’ambizione così grande, entro il 2006 tutti i nove milioni di cittadini lombardi ne avranno una». Sì, ma i lettori? Sono arrivati tardi, pochi e quando ormai la concezione era obsoleta. Nel 2006 Lombardia Informatica ha bandito una gara per acquistarne un milione per un valore massimo di 4,8 milioni di euro. Ad aggiudicarsi l’appalto al ribasso è una piccola società di Roma, per 1,7 milioni di euro. Ma gli apparecchi non avevano superato i test e non funzionavano su tutti i sistemi operativi così il ricorso al Tar ha annullato tutto. Due anni dopo la fornitura di 600 mila pezzi è stata assegnata all’azienda Bit4Id di Napoli, per 2,85 euro a macchinetta: il conto finale scende a 1,7 milioni.
Rispetto al 1999, però, la tecnologia è andata molto più avanti della Regione e i lettori domestici si sono rivelati quanto di meno friendly user esista. Ora il Pd chiede di adeguarsi ai tempi: mandare in pensione la lettura delle card fai-da-te ed affidarsi all’accesso on line - come per l’home banking ormai diffusissimo - per non far finire nelle secche dello spreco l’intero sistema. Roberto Formigoni continua a descriverlo come un successo (quasi) personale e anche nello scorso luglio proclamava: «Abbiamo una Carta regionale ricca di funzionalità e potenzialità molte delle quali saranno presto attivate». I lombardi pazientemente aspettano.