Michele Bisceglia, Wired n. 43 9/2012, 4 settembre 2012
IDIOTA A CHI?
QUESTIONE DI TECNICA e allenamento: «Per esempio, associo determinate parole al numero della battuta. Oppure una certa sensazione, che potrebbe essere l’incazzatura, a un’altra determinata battuta. Altrimenti, senti qual è l’ultima parola pronunciata dall’attore prima di te ed è semplicissimo ricordare la tua parte».
Per Fabrizio Biggio, l’altra metà dei Soliti idioti, «quello del comico è un mestiere che impari faticosamente. All’inizio il cervello risponde a rilento. È un po’ come quando cominci a suonare la chitarra. Impari gli accordi, ma non ti vengono naturali: li guardi e li fai meccanicamente. Una volta che conosci la tecnica, però, non hai più bisogno di pensarci». Arrivati a un certo punto, quindi, «il cervello va in automatico. Con Francesco c’è stata subito sintonia. I nostri cervelli sono collegati tipo wireless. È per questo che riusciamo a improvvisare: capisco subito dove vuole andare a parare e lo accompagno, o viceversa. Ed è anche per questo motivo che lavoriamo insieme da 12 anni».
Biggio e il Nongio sono sul set di I 2 soliti idioti, sequel dell’exploit cinematografico dello scorso anno: «Il titolo è un’idea geniale, vero? Il prossimo lo chiamiamo I soliti idioti 3D». Intanto, in attesa dell’uscita del film, ovviamente a Natale, arriva a ottobre I soliti idioti - Il libro (Mondadori, pp. 180), dedicato alle gag di Buggero, Gianluca e le altre macchiette create dalle menti per nulla idiote di Biggio e Mandelli: «La nostra comicità, più che intelligente, è ragionata, mai fine a se stessa. La nostra regola è raccontare sempre qualcosa che esiste davvero».
Gisella e Sebastiano, i Fabio gay, il precario... «Tutti hanno un amico o un conoscente che assomiglia a uno dei nostri personaggi. E Ruggero è l’anti-cervello per eccellenza. La Bardot, Paul Newman, tutti i ricordi che racconta a Gianluca... Non è vero un cazzo!». Saranno gli anni che galoppano, saranno le troppe canne, «ma la sua memoria è piuttosto fumosa. Lui mette insieme cose vissute davvero e cose solo immaginate, e suo figlio non può fare altro che credergli».
«La memoria, cazzooo!», riattacca Francesco. «Quando facevo Squadra antimafia arrivavo sempre, come si dice nel cinema quando non hai studiato niente, “senza memoria”. Mi truccavo, mi vestivo, provavo mezza volta in camerino ed ero pronto. Ero così già da piccolo: mia nonna dice che mi bastava leggere una volta una poesia per ricordarla subito a memoria. Ognuno ha il proprio metodo per esercitarsi, per me rimane principalmente una questione di associazioni».
Infatti, se la domenica pomeriggio c’è l’automobilismo in tv, Biggio si addormenta sul divano. «Perché, quando ero piccolo, appena partiva il Gran Premio mio padre cominciava a ronfare. Il mio cervello ricorda quel rumore lì e si addormenta!» A proposito di sport, secondo Biggio una delle intelligenze più sorprendenti è quella di Magie Johnson: «Gioco a basket e posso dire che il cervello di un giocatore funziona come quello del comico. Pensate a Magie Johnson in azione. Ha solo due millesimi di secondo per capire che stanno arrivando un avversario da destra e uno da sinistra e decide di passare in mezzo e tirare la palla con un gancio! Non è che ci pensi, ti viene e basta. Stessa cosa per le battute».
Altro tipo di ginnastica per il cervello è la musica. Il Nongio suona in una band, gli Orange: «Per me i concerti sono puro divertimento. Però, anche in quel caso devo ricordare 20 canzoni: testi, accordi, note. Quindi, nel mio magazzino mentale ci sono anche associazioni musicali». «Io ho sempre cantato nanananana», dice Biggio, «ma ultimamente mi sto sforzando per imparare le parole delle canzoni. Ho fatto una fatica bestiale all’inizio perché non ero più abituato: le ultime cose che avevo memorizzato risalivano ai tempi della scuola».
Sono entrambi d’accordo sul fatto che la musica sia comunque diversa dagli spettacoli teatrali e dal cinema: «Perché, a meno che non hai un monologo lunghissimo, la tua memoria è sempre aiutata dalle battute dell’altro. Se a inizio scena uno non si ricorda un cacchio, l’altro dice la sua battuta e il resto viene da sé. Per il primo spettacolo a teatro pensavamo di non ricordarci niente. Ma con le prime prove ci è tornata la memoria». Non è un caso che, per Biggio: «Le cose più difficili da imparare sono le liste. Proprio perché manca quella consequenzialità che ti aiuta a ricordare la parola successiva». A proposito di parole, insegna il Nongio, la Settimana enigmistica può essere un ottimo esercizio per il cervello: «Fa strabene. Mi diverte molto di più del computer, anche perché scrivi a mano. Quando sono in viaggio faccio il cruciverba di Bartezzaghi».
Ma i due Soliti idioti come immaginano i rispettivi cervelli? Mandelli: «Una grande finestra dalla quale entrano un sacco di robe tutte assieme, creando a volte un’enorme confusione. Mi piace un casino vivere nel marasma più totale». Il cervello di Biggio invece è «pieno di cassetti con tantissimi ricordi stoccati: tic, nevrosi, personaggi osservati nel corso degli anni. E mi fa paura perché non riesco a controllarlo del tutto: mi fa dire cose che non penso!». Ultima domanda: ma Ruggero è davvero sconnesso? «Forse ci sta ancora dentro con la testa e si diverte a prendere per il culo il figlio. Ci piace lasciare il dubbio».