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 2012  agosto 28 Martedì calendario

SE IL GRANDE FIUME UMILIATO TORNA A DIVIDERE L’EUROPA —

Il fiume più lungo e fascinoso d’Europa, «il Danubio, Babele del mondo» (così lo ha raccontato Claudio Magris), arranca, quasi si trascina da Belgrado fino al Mar Nero. Attraversa campi di mais carbonizzati da settimane a 40 gradi; si ritira fino a mostrare le rocce del fondale; timido, fatica a doppiare l’attracco di Calafat, in Romania, o di Belene, in Bulgaria, dove nei giorni scorsi numerose chiatte da centinaia di tonnellate di cereali hanno atteso per ore lo slancio perduto della corrente. Da queste parti la siccità ha umiliato la leggenda del grande fiume e ha prostrato i coltivatori di granoturco, segale, orzo, avena, barbabietola. In Romania l’agricoltura è quasi azzerata. Il 47% del mais è perso. Il 15% del grano è da buttare. Risalendo i Balcani, seguendo la scia dei girasole bruciati, si arriva alle secche di Novi Sad, in Serbia. Da lì, poco più a Nord, i contadini della Vojvodina, il granaio del Paese, contano le perdite: un milione di ettari rovinati; ricavi dimezzati. A Belgrado il governo prova a quantificare: danni equivalenti a un miliardo di euro, cifra enorme per la contabilità serba. Scendendo dall’altra parte del Danubio, le cose non cambiano. Croazia, Bosnia, Montenegro, Kosovo compilano lo stesso rovinoso bollettino: ammanchi tra il 20 e il 50%.
La grande secca è un’emergenza europea. A Bruxelles, i portavoce del commissario all’Agricoltura Dacian Ciolos, rispondono che è ancora troppo presto per avere il «quadro complessivo dei danni». Una prima stima forse arriverà la prossima settimana. Le organizzazioni di categoria, invece, stanno già studiando le tabelle. Gli uffici di Coldiretti forniscono cifre su cui iniziare a ragionare. Il mais, innanzitutto, prodotto fondamentale, l’equivalente del petrolio per l’industria, perché entra nell’alimentazione base di bovini e suini e quindi condiziona una lunga filiera di prezzi, dal latte alla carne, dai formaggi ai salumi. La produzione Ue calerà del 13% e la quotazione alla Borsa delle merci di Chicago ha già toccato il livello record di 8,3 dollari al bushel (25,4 chili). Ancora due flash: la vendemmia sarà forse la peggiore della storia, con il disastro francese (-13%) e la flessione italiana (-4%). Il raccolto di mele, sempre su scala europea, diminuirà del 9%.
La mappa della siccità è trasversale. Lungo il corso spagnolo del Tago, a Toledo, a fine giugno l’acqua non è bastata neanche per tenere in vita i pesci. Nella Francia meridionale, ancora domenica scorsa, il Cagne, diventato un rivolo dalle parti di Nizza, non veniva più rifornito dagli affluenti. E così via, passando naturalmente anche per l’Italia. Trasversale e dunque universale. Proprio ieri a Stoccolma è iniziata la «Settimana mondiale dell’acqua», affollato seminario con 2.500 uomini politici, organizzazioni non governative ed esperti provenienti da 120 Paesi. Il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, ha chiesto un uso diverso delle acque, soprattutto in agricoltura che, ha detto, «rappresenta il 70% del consumo mondiale».
Ma in Europa la secca sta allargando il divario tra le due agricolture. Quella dei grandi Paesi, come Francia e Italia, dove le organizzazioni di categoria hanno già cominciato a chiedere risarcimenti all’autorità pubblica (Stato e Regioni) o alle assicurazioni. Sul lato opposto c’è, invece, quella dei «danubiani», i nuovi arrivati nel club Ue. Qui, di frequente, la meccanizzazione non va oltre la zappa. Qui i contadini non sono difesi da sindacati e spesso fanno fatica persino a leggere, figuriamoci a compilare una polizza con una compagnia assicurativa per altro non esattamente a portata di mano. L’Unione europea penserà anche a loro. Ma più avanti. Adesso è il momento dei governi locali. In Romania, dopo lunghe discussioni, il ministro dell’Agricoltura, Daniel Costantin, ha annunciato che saranno versati a titolo di risarcimento tra i 20 e i 70 euro all’ettaro. In Italia sarebbe considerata una ridicola mancia. E nei villaggi lontano da Bucarest? Certo qualcosa di più importante, ma non sufficiente. Per fare un confronto: a partire dall’autunno saranno erogati i finanziamenti ordinari e già previsti, alimentati dai fondi europei, per un importo di 160 euro a ettaro.
Giuseppe Sarcina