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 2012  agosto 28 Martedì calendario

GALLERIE LAFAYETTE I VENDITORI DI SOGNI COMPIONO 100 ANNI


Splendori e miserie dei grandi magazzini parigini. Mentre le Galeries Lafayette festeggiano i cent’anni della celebre cupola a vetri, la Samaritaine aspetta la trasformazione in hôtel e intanto fa da scenario al suicidio di Kylie Minogue in «Holy Motors», il film rivelazione dell’ultimo Cannes. Il regista, Leos Carax, dice che «è un Titanic: un vecchio mondo arenato sulle rive della Senna. Amen.

Sono le vite parallele di due simboli della grossa grassa borghesia ottocentesca, cattedrali al Dio Consumo per la prima volta a portata di (quasi) tutti, modelli di lusso e opulenza a buon mercato come le donne poppute che, negli stessi anni, raffiguravano l’Industria o l’Impresa sulle facciate degli edifici pubblici. Con anche intenti «sociali». Théophile Bader, fondatore delle Lafayette, voleva «rendere il bello e il buono accessibili a tutti»; i Cognac-Jaÿ inventarono insieme la Samaritaine e la formula che le diede il successo: «Vendere a buon mercato per vendere molto e vendere molto per vendere a buon mercato». Sono gli anni delle libera impresa trionfante e commerciante, fra il Secondo Impero e la Terza Repubblica. Nella «capitale del XIX secolo», il Bon Marché e il Bazar de l’Hôtel de Ville aprono nel 1852, i Grands Magazins du Louvre nel 1855, la Samaritaine nel 1869 e le Galeries Lafayette (su una superficie di 70 metri quadrati!) nel 1893.

Però le Lafayette «nascono» davvero l’8 ottobre 1912, quando si inaugura la cupola dell’architetto Ferdinand Chanut, simbolo del gusto floreale di fine secolo ma anche del progresso tecnico. La struttura è in metallo e la cupola in vetro è sormontata, a 43 metri di altezza, da una lanterna che nasconde la puleggia alla quale, in un secolo, è stato appeso di tutto: il solito albero di Natale ma anche, nel ‘49, un aeroplano. Gli affari, per la famiglia Moulin, continuano ad andare bene: il gruppo fattura 5 miliardi e ha 43 mila dipendenti.

Non mancano i mezzi per festeggiare degnamente il centenario della vetrata più famosa di Parigi. All’archistar Rem Koolhaas e al suo studio Oma è stato affidato il progetto di una mostra, «1912-2012. Chroniques d’un parcours créatif», che dal 17 ottobre racconterà le metamorfosi del grande magazzino e quelle della Francia. L’artista non meno star Yann Kersalé ha invece ideato la «Chrysalide», una creazione luminosa per la facciata sul boulevard Haussmann che, spiegano alle Galeries, «evolverà con il passare del tempo e delle stagioni». Del resto, il glamour intramontabile delle Lafayette, tuttora una tappa irrinunciabile per tutti i turisti di Parigi, dipende anche dalla consolidata abitudine di sposare business e arte. Quante mostre, fra la merce in mostra: celebre, per esempio, quella oragnizzata da Gio Ponti nel 1967, che rivelò ai francesi il design italiano (un virus, per inciso e per fortuna, da cui non sono mai guariti).

Invece la Samaritaine è un magazzino chiuso e, per la città, una ferita aperta. Il colpo di grazia arrivò nel 2005, con l’ordine della Prefettura che ne bloccò le porte per ragioni di sicurezza. Ma «la Samar» era già in agonia, con 300 milioni di franchi di deficit accumulati negli Anni 90. E dire che nel 1925, l’anno d’oro, il fatturato aveva superato il miliardo di franchi, ci lavoravano 7 mila commessi e arrivavano ogni giorno 30 mila lettere di ordini. Dopo molte discussioni con i pubblici poteri e moltissime polemiche sulla stampa, il proprietario, il magnate Bernard Arnault, ha presentato un progetto di riabilitazione. La parte sul Pont-Neuf, affacciata su una delle più belle viste di Parigi e forse del mondo, diventerà un albergo di lusso con 80 camere. Quella su rue de Rivoli, dopo il rifacimento della facciata da parte dei giapponesi Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, ospiterà 26 mila metri di negozi. E poi: 20 mila metri di uffici, 95 appartamenti sociali, un asilo-nido. Per il momento, il luogo è spettrale: atri muschiosi e fori cadenti sotto una sovrabbondante decorazione art nouveau. Anzi, azzarda Libération, una «necropoli», addirittura. Non stupisce che la proprietà non volessefarci girare Carax. Il permesso, scrive il quotidiano, sarebbe stato ottenuto grazie all’intercessione di Carla Bruni-Sarkozy. Senza dire che Minogue si sarebbe buttata nella Senna proprio da lì.