Mario Ajello, Il Messaggero 27/8/2012, 27 agosto 2012
LA CARTA DEI LISTONI VALE IL SUCCESSO
Una scuola di pensiero, molto diffusa e suffragata anche da calcoli numerici e simulazioni sulla composizione del prossimo Parlamento (come le tabelle commissionate da La Stampa all’Istituto Cattaneo) insiste sul fatto che, sulla base della bozza della nuova legge elettorale, la sera dello scrutinio delle schede non si saprà chi ha vinto davvero, ossia chi andrà a governare e con quale tipo di alleanza. Sia dentro il Pd sia dentro il Pdl, però, cominciano a circolare ragionamenti che partono da questo dato: il premio di maggioranza - fino al 15 per cento - al partito che arriva primo alle elezioni. E che portano a calcoli come quelli che in queste ore Ignazio La Russa ha vergato su un foglietto, da mostrare ai colleghi del Pdl, e che coincidono con le simulazioni numeriche che circolano in casa Pd. «Questa bozza di legge elettorale - spiega La Russa - è per certi aspetti difettosa, per esempio perché mancano le preferenze. Però, non è detto che nessun partito possa avere i numeri, con qualche piccola alleanza post-elettorale in aiuto, per governare da solo. Il premio al partito che vince spinge sia noi sia il Pd a fare un listone che aggreghi al proprio interno vari partitelli e gruppuscoli. Un Pdl o un Pd, così innervati da altre forze al loro interno, possono prendere alle elezioni il 30 per cento. Se a questo si aggiunge il 15 del premio di maggioranza, si arriva al 45 per cento dei seggi in Parlamento. Ed è la condizione per governare da soli con l’aiuto di qualche alleato d’area, come sarebbe per noi la Lega e per il Pd sarebbe Vendola o, per essere ancora più forti, l’Udc». «E se mancasse ancora qualche voto», fa notare La Russa, «qualche transfuga dello schieramento opposto che subito dopo le elezioni va in soccorso del vincitore in Parlamento non è mai mancato».
Sono considerazioni che, in campo politologico, fa anche il professor Stefano Passigli, docente all’università di Firenze ed ex senatore del Pd. «Con il premio di maggioranza alla lista che vince le elezioni - spiega Passigli - i maggiori partiti possono funzionare da aggregatori. Non vedo ragioni, per esempio, per cui il partito socialista non debba accomunarsi al Pd». Il che, in linea ancora teorica, potrebbe valere anche per il partito di Vendola, come fa notare il quotidiano democrat Europa, dove si comincia a credere alla possibilità egemonica di un Pd forte del premio di maggioranza e capace di farcela quasi da solo.
Un vincitore ci sarà? Berlusconi, che come al solito non si sta appassionando alla vicenda della legge elettorale, ha spiegato anche ad Alfano che con il premio di maggioranza e il listone (più qualche altro aiutino post-elettorale nelle Camere) quel 51 per cento da lui sempre rincorso potrebbe essere possibile da raggiungere. E a spingerlo alla ricandidatura, pur in presenza di altre controspinte interiori, sarebbe appunto la tentazione del listone Pdl: «Faccio entrare tutti, i partiti territoriali, la Destra di Storace e di Musumeci, i leghisti che non stanno bene nella nuova Lega, i movimenti super-liberisti, i finiani pentiti e via dicendo». Si può fare?
Il costituzionalista, e senatore democrat, Stefano Ceccanti fa i suoi conti. «Il Pd - spiega - adesso è al 26-28 per cento. Ma può ottenere almeno il 30 per cento, alle elezioni, aggregando in vista del premio di maggioranza socialisti e altri piccoli e attirando altri elettori che sanno l’importanza del voto utile. Un partito che prende il 35 per cento nelle urne, arriva a 50 con il premio di maggioranza e a quel punto in Parlamento può fare un’alleanza da una posizione di estrema forza. Una forza che non ha avuto neanche la Dc nel ’48». Scenari fantapolitici? «Questa legge che si va profilando è molto più bipolare di quanto appaia», conclude Ceccanti. Non è molto d’accordo un altro costituzionalista famoso, Augusto Barbera, il quale osserva: «Questa è una legge pensata per un sistema tripolare. Il ricorso al sostegno del Centro, per fare una maggioranza degna di questo nome, mi pare obbligato». E comunque, un altro professore, Roberto D’Alimonte, che pure considera ancora aleatorio il testo della riforma elettorale, vede una possibile governabilità all’orizzonte: «Per costruire coalizioni stabili dopo il voto, forse ci darà una mano l’Europa, così come nel passato ci aveva dato una mano la guerra fredda. La stabilità forse verrà da lì più che dalle nuove regole».
Una regola imprescindibile, anche agli occhi di coloro che credono molto nell’accoppiata listone-premio di maggioranza, è quella così riassunta da Ceccanti: «E’ necessario, perché una maggioranza resista, una modifica del regolamento parlamentare che impedisca ai gruppi di rispappolare il listone elettorale in tanti partiti e partitelli». Conoscendo la tendenza italiana alla frammentazione politica, sarà arduo impedire le fughe postume.