Andrea Biondi, Il Sole 24 Ore 27/8/2012, 27 agosto 2012
SICCITÀ E MALTEMPO PRESENTANO IL CONTO: 2 MILIARDI DI RINCARI
Ci mancava anche il clima impazzito. Come se non bastassero la crisi e le fibrillazioni sui mercati, anche siccità, caldo (con i sette anticicloni che hanno pompato aria torrida sul nostro Paese) e – da ultimo – i temporali made in "Beatrice", sembrano cospirare contro la tenuta delle sempre più fragili tasche dei consumatori. «Il rischio di rincari nei prodotti alimentari c’è, è inutile negarlo. Occorrerà osservare il trend dei raccolti di cereali e soia negli Usa come in in Russia. Ma se la riduzione dovesse proseguire a questo ritmo – afferma Daniele Rossi, direttore di Federalimentare – a gennaio potremmo trovarci con un’inflazione alimentare dell’1,5 per cento, che vuol dire 0,3 punti in più di inflazione generale». Tradotto in cifre: «Un miliardo e mezzo di euro». Che, come precisa il direttore dell’associazione che riunisce le imprese di trasformazione, «non è automatico che pesino per intero sui consumatori. Dipenderà dalla capacità nostra e della grande distribuzione di far fronte a questi aumenti. Ma i margini con cui lavoriamo sono ridotti all’osso».
Ecco il conto che caldo, siccità e qualche alluvione piombati sui granai del mondo (Usa, Russia, Ucraina, Kazakhstan) rischiano di presentare ai consumatori. L’avvicendarsi del maltempo sposta la cifra verso i 2 miliardi. E questo solo in Italia, dove il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, sul tema siccità ha convocato per il 5 settembre una riunione con gli tutti gli assessori regionali all’Agricoltura.
L’allarme sul rincaro delle materie prime agricole va però ben oltre i confini nazionali. In ambito G20 proprio oggi i funzionari di Messico (attuale presidente del G20), Usa (che assumeranno la presidenza il 2 ottobre) e Francia (presidente di turno del forum di reazione rapida del G20) terranno una prima riunione sul tema. Sullo sfondo c’è il timore di rivivere quanto accaduto nel 2007-2008, quando un mix perverso di alti prezzi delle commodities (agganciati ai contratti future), maltempo, quotazione del petrolio, boom dei biocarburanti e restrizioni all’export crearono tensioni politiche e sociali.
Al momento lo spauracchio appare lontano. Ma guai a cullarsi. Questa estate infuocata ha picchiato sul Midwest americano dove si rischia il più basso raccolto di mais degli ultimi 17 anni. Meno materia prima significa tensioni geopolitiche vista la minore disponibilità di generi alimentari, oltre che prezzi in aumento: da inizio anno +31% per il mais e +50% per la soia. Insomma, un quadro per nulla brillante, cui non giova che ormai il 40% del mais Usa vada in biocarburanti. Non aiuta neanche la situazione in Russia, dove il ministero dell’Agricoltura ha ridotto le previsioni per il raccolto di cereali a 75 milioni di tonnellate (erano 92 lo scorso anno).
Se si tiene conto che l’Italia importa l’80% della soia di cui ha bisogno e circa il 20% di mais, si comprende come lo scenario globale generi a stretto giro timori pressanti su scala nazionale. Anche perché, tornando agli anticicloni di casa nostra, occorre fare i conti con un’estate siccitosa che – secondo stime Cia – ha tagliato i raccolti del 30% per il mais e fino al 50% per la soia. E la zootecnia, come ha anche ricordato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi in una lettera al premier Monti, rischia di rimanere schiacciata.
Dalle materie prime, alla mangimistica (per la quale mais e soia sono determinanti), alla filiera animale gli effetti si propagano senza soluzione di continuità, fino ai contraccolpi sugli scaffali. Su caffè, cacao e alcuni tipi di frutta e verdura (come lattuga e pomodori) qualche ritocco ha già fatto capolino. Su latte e carni bianche si vedrà da settembre. Per pasta e biscotti appuntamento a giugno 2013. «Attenzione però. Spesso si parla a sproposito di aumenti per frutta e verdura. Ma per alcuni prodotti, come melone e anguria, le quotazioni alla produzione e all’ingrosso si sono addirittura abbassate nei mesi estivi», afferma Duccio Caccioni, responsabile marketing e qualità del Caab di Bologna, uno dei principali mercati italiani.
Il discorso punta così dritto sulla filiera. «Il calo della produzione e l’aumento dei prezzi delle materie prime agricole congiuntamente alla crisi e al calo dei consumi, deve orientare la filiera verso uno sforzo di razionalizzazione per ridurre passaggi e inefficienze» afferma il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, precisando che «per ogni euro di spesa per prodotti alimentari solo 20 centesimi vanno nelle tasche degli agricoltori». Dal canto suo, il presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli, precisa che «è ancora presto per valutare l’impatto reale dei minori raccolti agricoli. Per ora le aziende della Gdo non hanno rilevato alcuna tensione sui listini dei prodotti alimentari, ma esiste la preoccupazione che ciò possa avvenire in futuro. La Gdo si muoverà per garantire la massima tutela del potere d’acquisto dei consumatori, esaminando ogni aumento di listino da parte dei fornitori, esplorando ogni fonte di approvvigionamento e mettendo in atto ogni azione per attenuare l’impatto sui prezzi di eventuali rincari della filiera».
Certo è che su tutto grava la spada di Damocle dei minori consumi, falcidiati dalla crisi. «Occorre una seria politica di rilancio dei consumi, per esempio con la riduzione del cuneo fiscale. Un tempo – conclude il direttore di Federalimentare Rossi – la spesa alimentare era anelastica. Ora la contrazione viaggia al ritmo del 2 per cento annuo».