Cristiano Dell’Oste, Il Sole 24 Ore 27/8/2012, 27 agosto 2012
L’ALLARME PER IL «NERO» FA ROTTA SULLA LOMBARDIA
La crisi riscrive la geografia del rischio di evasione fiscale. Le regioni del Sud restano in cima alla classifica del "sommerso potenziale", ma la situazione sta peggiorando nel Centro-Nord, e in particolare in Lombardia. A disegnare questa particolarissima mappa sono i dati del Centro studi Sintesi, che come ogni anno ha confrontato il reddito disponibile con il tenore di vita delle famiglie italiane.
I ricercatori sono partiti da sette indicatori di benessere – dalle auto di lusso alle case di pregio – e li hanno condensati in un numero che esprime il rapporto tra ricavi e spese: fatta 100 la media nazionale, dove il punteggio è più alto vuol dire che i consumi sono in qualche modo "giustificati" dai redditi; dove il punteggio è basso, invece, si spende in media più di quanto si dichiara al fisco. E quindi cresce il rischio che ci siano somme incassate in nero.
Il peso della crisi
Uno sguardo alla cartina d’Italia – colorata per fasce di rischio in base al punteggio calcolato da Sintesi – mostra una realtà spaccata in due: redditi più alti al Nord, consumi superiori ai ricavi al Sud. Ma è spulciando le statistiche alla base delle elaborazioni che si scoprono gli aspetti più interessanti (le tabelle complete sono pubblicate su internet).
In provincia di Catania, ad esempio, circolano quasi 68 auto ogni 100 abitanti, mentre a Padova ci si ferma a 61. In provincia di Salerno i consumi alimentari superano i 2.700 euro all’anno, mentre a Modena l’importo è appena superiore ai 2.500 euro. Se si guardano i redditi disponibili, invece, il rapporto è invertito: a Catania e Salerno non si arriva a 13mila euro pro capite, a Modena e Padova si superano i 20mila euro. E le sorprese non mancano neppure sui beni di lusso: la percentuale di auto con una cilindrata superiore ai 2mila cc supera il 10% a Trento, Brescia, Bolzano, Vicenza e Treviso; ma restano casi come l’8,1% di Isernia, che batte – tra le altre – Varese, Rovigo, Como e Rimini.
Eppure, un confronto con la situazione del 2006 rivela un’evoluzione per certi versi inaspettata. Quest’anno i primi tre posti sono occupati, nell’ordine, dal l’Emilia Romagna (che pure perde 3 punti in valore assoluto), dal Friuli Venezia Giulia e dal Piemonte. Quattro anni fa, invece, accanto all’Emilia Romagna c’erano la Lombardia e il Trentino Alto Adige. Ed è proprio il dato lombardo a colpire: 13 punti in meno e cinque posizioni perse nella classifica regionale. Nel dettaglio, il grosso del calo non dipende da Milano, che ha perso solo una posizione, ma dalle altre città: Pavia, Cremona, Varese, Como, Lecco, Mantova sono le sei province italiane che hanno peggiorato di più il proprio ranking. Come interpretare questi risultati? «Mediamente la Lombardia ha perso reddito – spiegano da Sintesi – mentre i consumi sono rimasti sostanzialmente gli stessi». Questo quindi non significa necessariamente che il rischio-evasione sia aumentato, perché in molti casi il reddito risulta superiore ai consumi, e perché le famiglie potrebbero aver attinto ai risparmi (o essersi indebitate) per finanziare le spese non sostenute dai redditi. Ma certo le ricadute della crisi hanno accresciuto in modo drammatico il grado di stress cui è sottoposto il sistema economico, accendendo alcune spie d’allarme che potrebbero essere approfondite dell’agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza, in prima linea nello «stato di guerra» all’evasione dichiarato dal premier Mario Monti.
In altre regioni l’interpretazione diventa più lineare. Rilevano ancora da Sintesi: «Rispetto al 2006, il reddito è aumentato in Friuli Venezia Giulia, nelle Marche e nel Lazio: il fenomeno potrebbe spiegarsi con un certo recupero di base imponibile nascosta al fisco».
La forbice si allarga
Il dato del Sud va letto con particolare attenzione. Qui le posizioni in classifica possono essere davvero ingannevoli, perché mostrano miglioramenti che in realtà non ci sono. Di fatto, rispetto al 2006 cinque regioni si sono scambiate gli ultimi cinque posti – Puglia, Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia – e nessuna di loro ha visto migliorare il punteggio in valore assoluto. Anzi, la Sardegna è quella in cui la distanza tra redditi e consumi si è allargata di più. E in questi casi le spiegazioni possibili sono due: un calo dei redditi dichiarati (magari per colpa della crisi che ha spinto verso il nero imprese borderline) oppure un aumento dei consumi (dovuto con ogni probabilità ad aumenti delle tariffe o del prezzo di beni di prima necessità, più che a un reale miglioramento del tenore di vita).