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 2012  agosto 27 Lunedì calendario

LE DUE BIONDE


Una era grande, elegantemente goffa, bella di una bellezza imperfetta e naturale che aveva saputo imporre a quella fabbrica degli stereotipi nota sotto il nome di Hollywood: una donna umana troppo umana, una persona vera, con passioni, limiti, difetti, e la capacità di reinventarsi la vita, anche a prezzo di qualche crudeltà. Una grande attrice, probabilmente. Ma difficile dirlo. Potevi solo lasciarti incantare dal suo bel viso intenso, visto che per tutta la vita, salvo nei primi tempi, nella sua Svezia, ha recitato in una lingua non sua - l’inglese di Hollywood, il francese dell’emigrata, l’italiano dell’italiana d’adozione.
L’altra era il prodotto di una impeccabile educazione americana corroborata dai soldi e dalla classe: perfetta, bionda, elegantissima, altera, brava sì, come attrice, nei suoi ruoli freddi e distaccati che con un perfetto type casting le affidavano a Hollywood. Gelida ma, a quanto si sussurra, bollente. Un’attrice dalla ferrea volontà, che aveva saputo disegnarsi una carriera modello e lasciarla nel momento del massimo fulgore, diventando quello che tutti pensavano fosse anche ai tempi di Hollywood e dei suoi (si dice) disordinati e torridi amori: una principessa.
L’una e l’altra legate da uno strano destino temporale. Perché se ne sono andate insieme, a distanza di due settimane, nell’estate di trenta anni fa. Ingrid Bergman il 29 agosto, mentre si svolgeva la trentanovesima edizione della Mostra del cinema di Venezia, nel cordoglio del popolo del cinema
che salutava l’ultima attrice/diva (e la Mostra del cinema avrebbe dovuto ricordarsi dell’anniversario e celebrarla). L’altra, Grace Kelly, il 14 settembre, dopo il terribile incidente automobilistico che scatenò una ridda di demenziali ipotesi e di pettegolezzi morbosi e che chiuse tragicamente quella che sino allora era stata una favola: quella della diva hollywoodiana che approda bellissima su una spiaggia della Costa Azzurra per girare un film con un maestro del cinema e un amico forse più che amico, che si innamora del locale principe, che lo sposa in un tripudio di ospiti regali e di rotocalchi.
Due stili diversi, due immagini femminili diverse, due scuole di recitazione diverse. Ma , sicuramente due dive, nonostante la parola sia così sdrucita. Due star di cui si può parlare con il nome di battesimo sapendo di venir capiti (Grace e Ingrid, come Marilyn, come Marlon, come Sophia, come Marcello...), due simboli, due modelli, due storie
esemplari di quando il cinema era grande.
Più avventurosa, piena di svolte, di cambiamenti, la storia di Ingrid Bergman, la svedese troppo alta invitata a Hollywood da David O. Selznick, il grande produttore il quale le chiese di togliersi i tacchi (che lei non portava), di raddrizzarsi i denti (ma lei non lo fece), persino di cambiarsi il cognome (che suonava, alla vigilia della guerra, troppo tedesco). Ingrid invece restò se stessa, fece film bellissimi come
Casablancae Notorious,
o tristemente brutti come
Giovanna d’arco,
e creò un sodalizio durato tre film (oltre a
Notorious, Io ti salverò
e
Il peccato di Lady Considine)
con Alfred Hitchcock. La star che buttò (brevemente) la stardom alle ortiche per raggiungere, e poi amare, in un tripudio di scandalizzati commenti, l’uomo che faceva un cinema diverso, che era colpevolmente italiano, che si chiamava Roberto Rossellini e che le diede, oltre a una nidiata di bellissimi
bambini, un nuovo volto, una nuova identità artistica, una nuova carriera.
È Alfred Hitchcock il punto di saldatura tra Ingrid Bergman e Grace Kelly. Che, dopo l’Oscar conquistato con
La ragazza di campagna,
a riprova del fatto che i buoni studi c’erano stati e c’era anche il talento, con Hitchcock
girò tre film molto fortunati,
Il delitto perfetto, La finestra sul cortile
e
Caccia al ladro
quello che, girato in Costa Azzurro, fu galeotto e fede scattare l’amore tra la diva e il principe.
Sia Ingrid Bergman sia Grace Kelly rappresentavano, seppur con sfumature diverse, il tipo di femminilità – elegante, controllata, fredda fuori e bollente dentro- che affascinava Alfred Hitchcock, che lo attirava verso le bionde e che, dopo la fuga da Hollywood di Ingrid Bergman e il matrimonio di Grace Kelly, ormai perdutamente calata nel suo ruolo principesco e arroccata sul no al cinema, lo portò a sperimentare senza successo e con nostalgia altre bionde, come Vera Miles, Kim Novak, Eve Marie Saint, Tippi Hedren, che non riuscirono ad occupare nel suo cuore e nel cinema
il posto di Ingrid e Grace. In lui rimase la nostalgia (così parlò) delle “donne di mondo, delle vere dame destinate a scatenarsi solo in camera da letto”. Sogni di un signore corpulento che aveva dichiarato di essere arrivato vergine al matrimonio?
Certo, ci sono infinite differenze tra la vita della Bergman, segnata da molti
traslochi, tre Oscar, tre mariti, quattro figli, una malattia portata con coraggio e
fierezza, e quella di Grace Kelly, che sembra sceneggiata da un destino inventore di romanzi rosa, con un finale nero, ma vestito da Dior. In comune alle due signore, oltre alla scomparsa in quel lontano primo autunno, a Sir Alfred Hitchcock (e le sue fantasie sulle bionde), c’è quella qualità speciale che si chiama fascino. Che si è tradotta, nel loro caso, in una identificazione tra la donna e il suo stile. Trasformando Ingrid Bergman, l’imperfetta grande dame svedese, e Grace Kelly, la perfetta ereditiera di Filadelfia diventata principessa, in quella cosa (rara) che adesso chiamiamo più o meno appropriatamente, icona.