Maurizio Porro, Corriere della Sera 27/8/2012, 27 agosto 2012
SORDI E I VIZI DELL’ITALIANO MEDIO
Dopo Il segno di Venere e prima del Vedovo, Alberto Sordi (foto), nel ’55, anno in cui girò ben otto film, fece ancora coppia comica con Franca Valeri, che fu con la Vitti la sua miglior partner. Un eroe dei nostri tempi (236 milioni d’incasso nell’anno in cui si staccavano in Italia 850 milioni di biglietti l’anno) è diretto da Mario Monicelli e scritto con Rodolfo Sonego, sceneggiatore di fiducia di Sordi. Ispirato da lontano all’arrampicatore di Lermontov, il film spiritoso e cattivo, schizza quel perfetto italiano medio meschino, pauroso, vigliacco e timoroso dei potenti («un classico democristiano dell’epoca» disse il regista) che si dà malato se c’è sciopero e, per paura di restare «incastrato», si annota tutti i giorni quel che accade. Obbediente ai superiori (il capo è il regista Lattuada, in vacanza come attore, la Valeri è una strepitosa, stramba vedova con cui il nostro entra in collisione sentimentale) e guardingo con la ragazza che gli piace, il nostro viene catapultato in un grosso guaio quando scopre che lo zio anarchico gli ha lasciato in eredità degli esplosivi. Per risolvere, si dimette da impiegato borghese piccolo piccolo nella ditta di cappelli ed entra nella Celere: diventa il prossimo Commissario di Comencini. Anche se con qualche scorciatoia comica e gag di sicuro effetto — l’operazione in clinica, il bagno — il film ha la sua dose di ironica perfidia verso i vizi di quella Italia povera e bella (con i cari volti della Ralli, Tina Pica, Carotenuto, Leopoldo Trieste e anche una comparsata per Carlo Pedersoli ancora senza la stazza di Bud Spencer), un’Italia che magari si rimpiange per nostalgia ma mise le radici della corruzione morale e materiale d’oggi. Sordi amava i prototipi perché la gente si riconosceva nei problemi d’allora: la famiglia, le corna, gli uffici, la reverenza verso chiunque portasse una divisa o un simbolo del comando. Il grande Monicelli, non chiamatelo Maestro, spiegò che prima «il comico era stato un personaggio vilipeso, calpestato dalla vita, che fa tenerezza, mentre Sordi creò l’opposto: il prevaricatore vile e corrotto, che approfitta dei deboli. Un’invenzione comica quasi impossibile, ma su cui tutti noi ci buttammo».