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 2012  agosto 23 Giovedì calendario

Liane, l’altezzosa cortigiana che rifiutò il Vate e Proust - Non sarò mica l’unico scrittore sfigato in amore, mi domando di fronte a ogni mio amore non ricambiato, e ormai ne ho una collezione, quasi come se mi mettessi apposta per sceglierli tra i più impossibili, donne sui quali uno scrittore non può fare presa a priori: Mietta, Dolcenera, Barbara D’Urso,fino alla mia ulti­ma delusione, Selvaggia Lucarel­li

Liane, l’altezzosa cortigiana che rifiutò il Vate e Proust - Non sarò mica l’unico scrittore sfigato in amore, mi domando di fronte a ogni mio amore non ricambiato, e ormai ne ho una collezione, quasi come se mi mettessi apposta per sceglierli tra i più impossibili, donne sui quali uno scrittore non può fare presa a priori: Mietta, Dolcenera, Barbara D’Urso,fino alla mia ulti­ma delusione, Selvaggia Lucarel­li. Barbara D’Urso, per la verità, mi ricambia, ma solo a parole, e poi mi manda foto delle sue mani smaltate di blu, per farmi dispet­to, per farmi soffrire. È per questo che per consolar­mi, appena mi capita, vado a rileg­germi gli amori falliti degli scrittori passati, per capire se c’è da capire qualcosa: Pavese e Constance Dowling, Leopardi e Fanny Targio­ni Tozzetti, e immedesimandomi sempre nel Werther o nell’Ortis o nel Don Chisciotte. Così appena ho visto la biografia di Liane De Pougy scritta da Jean Chalon e pub­blicata da Nutrimenti (pagg. 336, euro 19) mi ci sono buttato a capo­fitto, me lo sentivo che lì dentro c’era acqua per il mio mulino di­sperato. Perché Liane De Pougy, nome d’arte di Anne-Marie Chas­saigne, era la regina del demi-mon­de parigino della Belle Époque, era una attrice ma soprattutto la cortigiana più ambita, una femme fatale che ebbe decine di uomini tra i più ricchi e potenti; e fu perfi­no autrice di romanzi erotici come l’ Idylle saphique . Una che andava a cena da Maxim’s ma aveva il co­raggio di risponderti: «Tutti vendo­no qualcosa, io vendo il mio culo. Solo voi non vendete niente, per­ché siete un cretino». Ecco, perfino in quel demi­mon­de così fin de siècle tutto piume e principi e «Folies Bergère» e gos­sip da leggere sul Gil Blas , ho sco­perto che la storia è sempre la stes­sa. Insomma, una che faceva gira­re la testa a tutti gli uomini dell’epo­ca, ha bidonato non un analogo di Antonio Scurati o di Edoardo Nesi, ma Gabriele D’Annunzio, il vate, l’immaginifico. In sintesi le cose sono andate così: era il primo mag­gio del 1902, siamo a Firenze, è la fe­sta delle rose.D’Annunzio manda a prendere Liane, la porta nella sua villa, la Caponccina, e le parla per incantarla con la sua favella dannunziana, e lei lo ascolta e poi arrivederci e grazie. Lei, la «grande orizzontale», resta verticale con D’Annunzio. Il quale due giorno dopo ci riprova, e lei invia in rispo­sta un messaggio tramite l’anzia­na cameriera, Adèle, su cui è scrit­to: «Ciò che non è fatto resta dun­que da fare… un giorno, senza dub­bio, perché no? Occorre tempo per abi­tuarsi a una tale felicità » . Per la cro­naca è mol­to simile al messaggio che ho ricevu­to io dalla Luca­relli, sebbene su «Whatsapp», l’analogo moder­no­delle anziane ca­meriere. Di fatto D’Annunzio rosica co­me pochi, e le scrive: «Sapete accendere i ceri da lontano come da vici­no. Fate attenzione».Mol­to simile al messaggio che ho mandato io alla Lucarelli su Twitter, infatti anche questo di D’Annunzio se notate sta nei 140 caratteri di un tweet, e fa supporre che anche Gabriele, come me, avrebbe usato Twitter per i rappor­ti più intimi. Tuttavia,voglio dire:io non cre­do ch­e Liane avesse mai letto un li­bro di D’Annunzio, quindi non po­teva essere affascinata da D’An­nunzio, perché era una donna fa­mosa e bella, è proprio questo il punto. In compenso l’aveva guar­dato bene fisicamente, come la Lu­carelli quando parla di fighi, eurofi­ghi, fighi olimpici, e D’Annunzio non avrà avuto la gobba di Leopar­di ma per Liane era «un orribile gnomo con le palpebre senza ci­glia, bordate di rosso, senza capel­li, con i denti verdastri e l’alito catti­vo ». L’esatto opposto di Laerte Pappalardo. E dopo aver scaricato il vate mi­ca è finita lì, Liane De Pougy ha la fortuna di conoscere Marcel Proust,per intenderci non l’analo­go di Antonio Scurati o di Edoardo Nesi ma l’analogo mio, e credete che si innamori di Proust? Mac­ché, si innamora di Reynaldo Hahn,l’amante di Proust.In sinte­si le cose sono andate così: il 16 di­cembre del 1902 (ma succede tut­to nel 1902?) Liane è alla rappre­sentazione di Le Carmelité di Rey­naldo all’Opéra-Comique e scri­ve: «Ero lì,emozionatissima…Rey­naldo, con i nervi a fior di pelle e emozionato anche lui, ebbe il pen­siero gentile di mandarmi tra un at­to e l’altro Marcel Proust che, per questa circostanza, aveva deroga­to alle sue abitudini per darmi sue notizie, raccogliere le mie, cono­scere la mia opinione, le mie im­pressioni, e quelle del mio entoura­ge. Proust portava biglietti con un sorriso buono, e riportava con gio­ia le parole». Cioè, la meravigliosa Liane incontra Proust e cosa fa? Parla della vita, della morte, del tempo perduto? No, lo usa come un postino. E Proust che ci fa? Si di­ce abbia ispirato al Marcel addirit­tura Odette de Crécy, ovviamente esagerando, a me a conti fatti sem­bra più simile alla Rachel amante di Robert de Saint-Loup ma, mi rendo conto, fa meno scena. Il resto della vita di Liane è di una noia mortale, finirà con un principe rumeno e prenderà i voti diventando una suora domenica­na, Anne-Marie della Penitenza, per intenderci tipo Claudia Koll, guarda caso un altro mio vecchio amore non corrisposto, e infine morirà triste e sola, e io penso che ben le sta.