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 2012  agosto 23 Giovedì calendario

Che scandalo la Barbie si fa calva e poi trans - «A sua immagine e somiglian­za ». Così sarà la creazione di Philip­pe e David Blonde, designer newyorchesi, che lanceranno sul mercato una bambola tutta ispirata alle sembianze di Da­vid, noto transessuale

Che scandalo la Barbie si fa calva e poi trans - «A sua immagine e somiglian­za ». Così sarà la creazione di Philip­pe e David Blonde, designer newyorchesi, che lanceranno sul mercato una bambola tutta ispirata alle sembianze di Da­vid, noto transessuale. Tan­to per cambiare, la bambo­letta prossima alle vetrine sarà lei: Barbie. Come una piccola Minerva che viene al mondo dal cranio del suo Giove. La Barbie che porta la barba, o meglio, è costretta a ra­dersi e a distribuire generoso fon­dotinta. Ma attenti a cosa c’è sot­to. Qualcosa che, per qualcuno, stavolta è davvero troppo. A polemizzare contro l’ulti­ma trovata del giocattolo ame­ricano è Avvenire , il quotidia­no cattolico, che ne parla co­me di un fenomeno più de­stinato a scandalizzare che a vendere, e chiosa una questione re­centissima, sem­pre legata al­le mille facce di Barbie: «La versione calva per non far sentire diverse le bambine mala­te di tumore, si era meritata elogi inso­spettabili. Era però inevitabile che Bar­bie cercasse di non far sentire diverso proprio nessuno». Numerosi campioni di Barbie senza capelli, in effetti, saran­no distribuiti negli ospedali pediatrici: un modo per farsi uguali alle bambine che lottano contro il cancro. Così Barbie è finita sulla prima pagina dell’ Osserva­tore Romano che ha apprezzato gli sforzi di Barbie di confon­dersi con i meno fortu­nati, ma l’ha incorag­giata a fare di più: a far­si bruttina, svestire i panni della privilegia­ta, nella vita quotidia­na e nei negozi a porta­ta di tutti. Assumen­do un impegno socia­le più costante e vero. Troppo facile fare la crocerossina politically correct per poi tornare punto e accapo, ai modelli e agli splendori irraggiungibili di sempre. Bar­bie fa finta di crescere, insomma, ma non osa davvero. E quando osa- potrem­mo aggiungere oggi - si veste di pelliccia d’ermellino, lustrini aderenti alla sua si­lhouette sempre più perfetta, e diventa «Barbie Drag Que­en », la tran­sgender in miniatura per 125 dollari. L’abbiamo vista nera, gravida, professio­nista di diecimila carriere (dall’inviata di guerra alla popstar), eppure pronta a indossare scarpe da ginnastica a buon mercato e scendere dal piedistallo, per assistere animali e fondare partiti politi­ci. Ed era il 1997 quando Mattel aveva promesso di darle forme meno «divine», di smussare quel 90-60-90 tascabile,per­ché diseducativo agli occhi di chi donna, un giorno, lo sarà davvero. E dopo «una vita da Barbie», tra gli yacht rosa e gli abiti Armani, arriva la sta­gione transgender. Perché Barbie ha dav­vero tentato i ruoli di tutti, ma che pesce si nasconda, in quelle piccole pozze di oc­chi blu, resta il miste­ro del secolo. Quel che è certo è che non fa niente per niente: che più che un’eter­na fanciulla che fiuta il vento, è una cer­biatta attempata che fiuta il marketing. Poco lungimirante è chi continua a pen­sarla un articolo per l’infanzia, perché sa­rà pure la bambola più venduta d’Ameri­ca e l’amichetta più popolare del mon­do: ma anche è uno strumento (studiato e costoso) delle tendenze, sempre più eclettiche e che col gioco, qualche volta, non hanno granché a che fare. E le ten­denze del mondo sono uno strumento tutto smaliziato anche per lei. Dall’alto di uno scaffale dove torna sempre prez­zata, si fa ricrescere i capelli, e tutt’al più abbozza i connotati di una nuova sessua­lità. Furbetta carente di vero coraggio. Ma che dire?, sempre stupenda.