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 2012  agosto 24 Venerdì calendario

A WALL STREET FINISCE IL MITO DEI TRADER MILIONARI

Fare il trader a Wall Street ha sempre significato portarsi a casa un bonus da sogno. Negli anni d’oro, i più bravi non avevano problemi a superare i 5 milioni di dollari. Nel 2008 Andrew Hall, una star degli scambi di commodities, è addirittura riuscito a sfiorare il tetto dei 100 milioni. E in quel mondo rarefatto e quasi surreale i suoi 98 milioni di fine anno non erano stati percepiti come un eccesso. Bensì un successo da emulare.
Anche dopo lo scoppio della bolla finanziaria, quello del trader di obbligazioni, derivati, valute, tassi di interesse, minerali o prodotti agricoli è rimasto un mestiere ambitissimo. Che garantiva status sociale e sicurezza economica. Ma quella garanzia sta cominciando pericolosamente a vacillare. Anzi, c’è chi sostiene che la categoria si deve preparare a uno shock senza precedenti. Perché le banche sopravvissute alla crisi stanno facendo di tutto per spremere sempre più reddito da sempre meno dipendenti, e le nuove piattaforme di scambio elettronico che stanno emergendo presentano un grosso vantaggio competitivo: non si aspettano alcun bonus di fine anno.
Come spiega in un suo recente studio Kian Abouhossein, analista di J.P. Morgan Cazenove, nei mercati di corporate bond, swap e commodities sta cominciando a verificarsi quello che è successo un decennio fa in quello degli scambi azionari, dove l’introduzione di piattaforme elettroniche ha dimezzato I costi di ognitransazione riducendo i livelli occupazionali del 35 per cento e i compensi dei sopravvissuti del 45. «Secondo le mie stime, le grandi banche hanno finora fatto un terzo dei tagli che mi aspetto. Gli altri verranno presto».
«Fino a poco tempo fa quella del fixed-income trader era una professione solidissima», conferma Lou Ricci, head hunter del Hagan-Ricci Group. «Ma adesso avrei difficoltà a trovare un posto anche un trader di grande qualità».
Che le storiche sale di trading, da sempre caratterizzate da urla e dimenamenti di trader accalcati l’uno sull’altro, rischino di diventare il ricordo di un’epoca andata, non sono solo Abouhossein e Ricci a prevederlo. È la logica conseguenza di quel crescendo di tagli che le grandi banche stanno silenziosamente facendo (nessuno vuole pubblicizzare decisioni che potrebbero essere interpretate come sintomatiche di difficoltà). Secondo il Wall Street Journal, negli ultimi mesi Morgan Stanley ha ridotto il numero di trader in molti settori del 10 o addirittura del 20 per cento. Nella stessa direzione si stanno muovendo anche Citibank e Goldman Sachs, che già nel marzo 2011 aveva ridotto i ranghi dei suoi trader del 5 per cento. Mentre JP Morgan, Bank of America Merrill Lynch stanno investendo in modo molto aggressivo in piattaforme sempre più sofisticate con l’obiettivo di avvicinarsi al leader in materia di automazione degli scambi, l’elvetica Credit Suisse.
«Negli ultimi 20 o 30 anni, gli scambi obbligazionari, valutari e di commodities si sono retti sulle figure dei trader. Ma siamo all’inizio della fine di quel modello», ha spiegato al New York Times Tim Grant, direttore di Benchmark Solutions. «E guardando indietro a quello che sta succedendo la gente capirà che questo è il momento in cui l’elettronica è arrivata anche in quei settori».
Nel caso degli scambi dei derivati, a spingere verso l’automazione sono le nuove regole imposte dalla riforma della regolamentazione finanziaria, la legge Dodd-Frank, che sta imponendo l’utilizzo di piattaforme aperte più trasparenti. Ma nel settore dei corporate bonds, le obbligazioni emesse da aziende private, a fare da stimolo sono programmi e piattaforme elettroniche che prima non esistevano. Per via della scarsa standardizzazione di quei prodotti visto che una stessa società può emettere obbligazioni di vario genere, il settore era ritenuto troppo complesso per poter essere automatizzato ed era rimasto quindi riserva esclusiva dei trader. Ma adesso sono stati introdotti programmi, quali Onyx (di Credit Suisse) o Aladdin Trading Network (di BlackRock) che permettono di evitare l’intermediazione umana. E altri sempre più sofisticati seguiranno.
Secondo gli esperti questo trend non sarà fermato neppure dai recenti casi di malfunzionamento, come quello che qualche settimana fa ha fatto perdere a Knight Capital 440 milioni di dollari in 45 minuti.