Luigi Grassia, la Stampa, 24/8/2012, 24 agosto 2012
IN ITALIA BENZINA CARA SOLO PER COLPA DELLE TASSE
I petrolieri non ci stanno a fare la parte dei cattivi nella vicenda del caro-benzina e partono al contrattacco: cifre alla mano, dimostrano che in Italia il prezzo industriale della benzina (quello al netto delle tasse) risulta più basso della media dell’Unione europea. Se poi l’Italia ha i carburanti più cari del continente non è colpa loro, dicono le compagnie, ma delle tasse, che in Italia sulla benzina sono da medaglia d’oro in Europa e sul gasolio da medaglia di bronzo (vedi la tabella qui accanto).
L’Unione petrolifera (che associa le compagnie) fa notare che questa settimana il differenziale tra il prezzo italiano della benzina al netto delle tasse (0,798 euro) e quello medio Ue (0,799 euro) è risultato addirittura a nostro favore (-0,1 centesimi il costo italiano), mentre quello del gasolio è sostanzialmente allineato (0,821 euro contro 0,815 corrispondente a +0,6 centesimi). Invece i benzinai di Figisc ed Anisa Confcommercio portano l’attenzione del pubblico sul fatto che l’Italia ha la fiscalità più alta sulla benzina (1,064 euro al litro) ed è al terzo posto in Europa per imposte e accise sul gasolio (0,919 euro al litro).
Il ministero dello Sviluppo aggiunge che i rincari italiani di recente sono stati inferiori alla media europea: «Da giugno a oggi si rileva un aumento delle quotazioni internazionali del prodotto raffinato di oltre il 22% per la benzina e di quasi il 18% per il gasolio, a fronte di un aumento del prezzo medio alla pompa in Italia di circa il 4% sia per la benzina che per il gasolio». I consumatori di Adiconsum ribattono che «la benzina a 2 euro al litro è insostenibile».
Ma se il prezzo finale dei carburanti in Italia aumenta anche quando quello industriale frena, che cosa ci possiamo aspettare dai rimedi di cui si parla (da molti anni) per ridurre almeno un po’ il prezzo dei carburanti in Italia? Tagliare il numero dei distributori, permettere ai benzinai di vendere altri prodotti... che cosa sono, pannicelli caldi? Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, risponde al telefono che c’è poco da farsi illusioni: «Mettendo assieme tutte le varie idee in campo, forse si potrebbe far calare il prezzo della benzina di 3 o 4 centesimi al litro. Ma dal momento che c’è un governo tecnico che già ha aumentato le accise di 11 o 12 centesimi, e speriamo che non aumenti l’Iva in autunno, è chiaro che non c’è niente da fare...».
Eppure Tabarelli dice che questo è un momento che potremmo rimpiangere: è vero, i listini dei carburanti battono un record dopo l’altro, però lo «scontone» del fine settimana introdotto dall’Eni a 20 centesimi, rilanciato dalla Esso a 21, e imitato da altre compagnie, «può permettere, almeno in teoria, di compensare la spesa più alta durante la settimana con i risparmi del weekend». Certo è una cosa un po’ scomoda, perché bisogna beccare l’orario giusto e il distributore giusto: «In effetti dice Tabarelli -, lo “scontone” è praticato da circa 5 mila gestori su 24 mila. E dal 3 settembre sarà tutto finito. Però è un fatto positivo che l’Eni abbia scatenato questa concorrenza nel mercato. E dopo il 3 settembre ci saranno meno rincari infrasettimanali, perché fra i motivi di questi aumenti c’è il desiderio delle compagnie di recuperare nella settimana gli incassi persi nel weekend. Non avranno più bisogno di farlo». Ma Nomisma Energia è consapevole che si tratta di una ben magra consolazione.
I rincari della benzina continueranno a esserci finché il prezzo del petrolio sottostante continuerà a salire. Ma perché poi il barile sta rincarando? Ieri un’analisi sulla Stampa citava vari motivi, soprattutto geopolitici. Senza negare questo sfondo, oggi Alessandra Lanza, capo-economista di Prometeia e presidente del Gruppo economisti d’impresa, dice alla Stampa che «in questo momento la ragione principale del rincaro del petrolio è la speculazione. Sia chiaro, non c’è speculazione che possa spostare così tanto il mercato se i “fondamentali” lo orientassero diversamente. Ma quello che succede è che gli investitori non sanno dove va l’economia mondiale e investono sul petrolio come fanno con l’oro, cioè come bene-rifugio», sperando di fare la scommessa giusta almeno con una parte del capitale. E l’aspettative di iniezioni straordinarie di liquidità da parte delle banche centrali, in funzione anti-crisi, alimenta ulteriori aspettative, in un circolo vizioso
Invece Alessandra Lanza non vede proprio speculazione a livello dei benzinai o della compagnie petrolifere: «Non hanno quasi margini e il mercato dei carburanti è in una fase drammatica. Non solo perché i consumi sono calati del 10%, ma anche perché i prezzi troppo alti hanno portato a dei cambiamenti che sembrano strutturali. Si tagliano le lunghe percorrenze in auto. E al lavoro si va sempre meno in macchina e sempre più con i mezzi pubblici. Quando il lavoro c’è. Ci vorranno anni per rivedere il mercato di prima».