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 2012  agosto 24 Venerdì calendario

INNOCENTE RESTA IN GALERA PER UN CAVILLO PROCEDURALE

E’ in prigione da quasi quattordici anni, è stato dichiarato innocente dal tribunale due anni fa, eppure resta in carcere a tempo indeterminato. La storia di Daniel Larsen è una di quelle che fanno dubitare del sistema giudiziario americano, dove oltretutto c’è la pena di morte. Nel giugno 1998 Larsen si trovava in un bar di Northridge, in California, dove era scoppiata una violenta rissa. I poliziotti erano intervenuti per sedarla. Avevano detto di aver visto Daniel che prendeva dalla sua cinta un oggetto metallico luminoso, e lo lanciava sotto un’auto. Dopo aver perquisito la zona, avevano trovato un coltello a doppio taglio lungo circa quindici centimetri.

Larsen era stato incriminato e durante il processo il suo avvocato, Michael Edward Consiglio, non aveva chiamato alcun testimone. Daniel aveva già avuto due condanne per furto, e quindi in base alla legge che dopo tre reati punisce i responsabili in maniera molto più dura, poteva ricevere una sentenza pesante. Il giudice, infatti, lo aveva condannato a 28 anni di prigione.

Qualche tempo dopo il processo, l’avvocato Consiglio aveva perso la licenza, a riprova del fatto che la strategia difensiva non era stata brillante. Larsen aveva fatto ricorso, contattando nove legali diversi, ma senza ottenere nulla. Nel 2002, come ultimo tentativo disperato, si era rivolto al California Innocence Project, un’organizzazione che aiuta i detenuti condannati ingiustamente. Il Project aveva accettato il suo caso e qualche tempo dopo era riuscito a individuare tre testimoni che la sera del delitto avevano visto un’altra storia. Il coltello, secondo loro, non stava nelle mani di Daniel, ma di un’altra persona. Tra i nuovi testimoni c’era anche un ufficiale di polizia del Tennessee che aveva diretto un commissariato in North Carolina, e questo aveva dato credibilità alla sua versione.

Sommando queste testimonianze ad altre prove, gli avvocati del Project erano riusciti a costruire il caso per sostenere l’innocenza del loro cliente. Nel 2008 avevano presentato l’ultimo appello possibile, in base a una clausola che serve quando si sospettano condanne ingiuste. Un anno dopo il giudice Suzanne Segal aveva ascoltato i nuovi testimoni, valutato le prove, e cambiato il giudizio: «È uno di quei casi straordinari in cui un detenuto afferma la propria innocenza e stabilisce che la Corte non può avere fiducia nel verdetto contrario di colpevolezza». Il giudice Christina Snyder aveva concordato, stabilendo che Larsen poteva essere rilasciato, anche se non aveva presentato in tempo la richiesta.

A quel punto è intervenuto il segretario alla Giustizia della California, Kamala Harris, che ha fatto appello, sostenendo che Daniel era comunque colpevole. Si è aggrappata proprio al ritardo nella domanda di scarcerazione e così ha bloccato tutto. Due anni dopo lo scagionamento, Larsen è ancora in prigione, e nessuno sa dire fino a quando ci resterà. I suoi sostenitori hanno presentato una petizione, ma calcolano che negli Stati Uniti ci sono almeno duemila condannati riconosciuti innocenti, che sono ancora in carcere. Questo aumenta il sospetto di casi in cui persone innocenti sono state condannate anche a morte, e allontana a tempo indefinito il giorno in cui Daniel potrà uscire.