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 2012  agosto 24 Venerdì calendario

CON IL “GRECO-TEDESCO” IL PARLAMENTO SAREBBE SENZA MAGGIORANZA

Se la bozza di riforma elettorale, segreta ma non troppo, diventerà presto legge e se gli orientamenti di voto non subiranno scossoni nei prossimi mesi, già oggi si può prevedere che nessun partito otterrà la maggioranza dei seggi in Parlamento: la più solida delle forze politiche (il Partito democratico e i suoi alleati minori), grazie agli «additivi» previsti dalla nuova legge, otterrebbe alla Camera 263 seggi (il 42,6%), ben 53 in meno di quelli necessari per poter avere una maggioranza autosufficiente, sia pure di un solo voto. E’ quanto emerge da uno studio, realizzato dall’Istituto Cattaneo di Bologna su richiesta de «La Stampa», una ricerca indipendente che conferma quanto già conosciuto da diverse settimane dai partiti di maggioranza.

Prima di sedersi al tavolo della trattativa, gli sherpa del Pdl, del Pd e dell’Udc hanno commissionato ai propri tecnici diverse simulazioni, che fossero in grado di orientarli. I numeri e le soluzioni messe a punto nella simulazione realizzata dal «Cattaneo» (premio al primo partito attorno al 14%, metà dei seggi assegnati nei collegi, l’altra metà proporzionalmente, bacino elettorale calcolato sulla media dei sondaggi di luglio) sono gli stessi attorno ai quali hanno ragionato i partiti e difficilmente le pur molte correzioni ancora possibili sposteranno i pesi fondamentali.

Sono molti i dati interessanti che emergono dalla simulazione. Il primo riguarda la forte proporzionalità del meccanismo. Se si esclude il partito attualmente accreditato come primo e cioè il Pd (col 27% dei voti, conquisterebbe grazie al premio il 42,6% dei seggi) quasi tutti gli altri finirebbero per ritrovarsi una percentuale di parlamentari equivalente a quella ottenuta alle elezioni: il Pdl con il 20% porterebbe a casa 120 deputati, pari al 19,4%, la Lega col 6% si ritroverebbe un gruppo parlamentare di 33 deputati (il 5,3% del totale), il Movimento Cinque Stelle, attualmente quotato al 15% potrebbe portare a Montecitorio ben 90 deputati nuovi di zecca, pari al 14,6%; per l’Udc-Fli le percentuali sono 9,5%-7,9%, per Sel di Vendola 7%-5,5%, per l’Italia dei valori 6%-4,1%.

Numeri e percentuali molto simili a questi hanno indotto i leader di partito a diversi calcoli sulle possibili coalizioni post-elettorali. Sulla base della simulazione del «Cattaneo» e non solo di questa, al Pd di Pierluigi Bersani - per fare maggioranza - non basterebbe allearsi in Parlamento soltanto con l’Udc-Fli perché i due partiti metterebbero assieme 312 deputati, 4 in meno di una pur risicata maggioranza. Sarebbe necessario l’apporto di Sel, scenario che diventerebbe più probabile, se alle elezioni si concretizzasse l’ipotesi di una lista unica tra i due partiti. Una coalizione Pd-Sel-Udc arriverebbe ad un livello di tutta sicurezza: 346 deputati, 30 più della quota minima di sopravvivenza.

Si tratta di numeri destinati a trasformare le due ali della ipotetica maggioranza in partiti capaci di imporre significativi condizionamenti al partito di maggioranza relativa. A cominciare dal premier: Bersani, Monti o chi altro? E la Grande Coalizione? Più semplice o più complicato un bis di quella attuale? Certo, questioni premature, da misurare con i numeri veri. Ma un Monti-bis sembrerebbe destinato a contare su una maggioranza con pesi distribuiti in modo molto diverso da ora: Pd e Udc potrebbero contare su circa 310 deputati contro i 120 del Pdl, quasi il triplo. Interessanti i dati anche nella prospettiva-Quirinale. Se gli orientamenti degli elettori non muteranno nei prossimi mesi, una maggioranza Pd-Sel-Udc avrebbe margini troppo risicati per eleggersi autonomamente (in votazioni segrete) un capo dello Stato, anche se la storia delle elezioni per il Quirinale dimostra che poter contare almeno sulla carta di un plafond superiore agli avversari, consente alla «maggioranza» quantomeno di suggerire un proprio candidato all’altro fronte per una votazione bipartisan.

Per quanto riguarda il centrodestra, le proiezioni confermano le previsioni più pessimistiche circolate nei mesi scorsi nei gruppi parlamentari del Pdl e sono destinate a moltiplicare il panico tra i deputati che temono di non tornare più a Montecitorio: dopo le elezioni del 2008 i deputati risultati eletti nel gruppo del Pdl erano stati 276 e anche dopo innumerevoli addii, oggi il gruppo del Popolo della libertà conta 209 seggi: secondo le simulazioni nel prossimo Parlamento i probabili eletti nel partito di Berlusconi sarebbero circa 120.

Considerate le facce nuove (volute dal Cavaliere) e chi dovrà «comunque» tornare, con questi numeri sono pochissimi gli uscenti destinati a rientrare. E anche per la Lega le previsioni sono nere: rispetto ai 60 deputati della legislatura in corso, i rientranti sono previsti attorno a quota 30. Dimezzati.