Massimo Mucchetti, Sette, 24/8/2012, 24 agosto 2012
LO STATO VENDE LE CASE? STUDI QUINTINO SELLA
Lo Stato e, soprattutto, gli enti locali costituiscono la maggiore immobiliare italiana. Quanto sia grande, di preciso nessuno lo sa. Si parla di 400 miliardi di euro. Ma sono stime fatte a spanne. E tuttavia l’idea che, vendendo un po’ di mattoni, si dia un bel taglio al debito pubblico entusiasma tanti. Che bello raggiungere lo stesso risultato di un’imposta patrimoniale straordinaria senza alcuna nuova tassa! Talmente bello da non essere vero. Purtroppo, si venderanno immobili in misura irrilevante rispetto allo scopo. Basta considerare le spente compravendite attuali.
Sfiducia o taccagneria. Diverso sarebbe se lo Stato proponesse ai fondi immobiliari i propri uffici continuando a usarli. Lo propone un antico ministro del Bilancio, Paolo Cirino Pomicino. Ma il prezzo dipenderebbe dagli affitti che, a questo punto, lo Stato comincerebbe a pagare assicurando ai nuovi proprietari una rendita senza rischi. I fondi farebbero la manutenzione, ma si può star sicuri che rientrerebbe nel prezzo. È questa una soluzione cui ricorrono le aziende in affanno quando i soci non vogliono fare aumenti di capitale, per sfiducia o taccagneria. Quasi mai risolutiva, una tale mossa porta spesso ad accollarsi affitti superiori agli interessi risparmiati sul debito cancellato. D’altra parte, l’esperienza del primo decennio dello Stato unitario è d’ammonimento. L’ha ricordata di recente l’economista Mario Sarcinelli, che sarebbe diventato governatore della Banca d’Italia negli Anni 80 se una scandalosa iniziativa della magistratura non l’avesse messo fuori gioco. Nel 1864, per tagliare il debito pubblico, il ministro delle Finanze, Quintino Sella, esempio di rigore liberale, promosse la costituzione di una Società anonima per la vendita dei beni demaniali. Questa società anticipò allo Stato 150 milioni di lire contro obbligazioni nominative, garantite da ipoteca sugli immobili da cedere. Lo Stato avrebbe rimborsato le obbligazioni a mano a mano che, tramite la Società, vendeva i suoi mattoni. Ci furono ritardi e lo Stato fece debiti per onorare la rata del rimborso. La Società venne liquidata nel 1883 avendo effettuato vendite per 240 milioni. Lo Stato proseguì a vendere immobili fino al 1900, incassando altri 118 milioni. L’intermediario ha guadagnato. Lo Stato, mentre aspettava la lenta affluenza del poco oro degli immobili, ha dovuto emettere altre obbligazioni per molte centinaia di milioni.
Ora se ne riparla. Non sappiamo se in virtù dei corsi e ricorsi storici, di cui parla Vico, o per la tendenza della storia a ripetersi in forma di farsa, di cui parla Marx.